martedì 13 novembre 2012

AGLI ALUNNI DELLA II E

Ribadisco l'assegno di LATINO per giovedì 15 novembre. Esercizio pag.286, n. 24, frasi 7,8,10; esercizio n. 25, frasi 1,2,3. Coniugare sul quaderno nella FORMA PASSIVA i verbi "LAUDARE" e "MONERE". RACCOMANDO ALLA CLASSE LO SCRUPOLOSO SVOLGIMENTO DI TUTTI I COMPITI ASSEGNATI!

AGLI ALUNNI DI III E - III F

Raccomando per giovedì 15 novembre lo studio attento della BIOGRAFIA DANTESCA tratta dagli appunti sul blog all'apposita etichetta (III E - III F). Le verifiche orali riguarderanno sia DANTE (ripetizione + biografia), sia LETTERATURA (ripetizione tutto + G.Guinizzelli, "Al cor gentile", stanze 1-3).

mercoledì 24 ottobre 2012

COMUNICAZIONE AGLI ALUNNI DI II E

Raccomando a tt, per domani 25 ottobre, di portare il testo di grammatica di M. Sensini, Le forme della lingua.b> Auguro a tt una buona serata, Prof. Cardaropoli

mercoledì 3 ottobre 2012

Agli alunni delle classi II E, III E e III F.

Raccomando per domani, 04.10.2012, di provvedere ad un ACCURATO SVOLGIMENTO DEI COMPITI ASSEGNATI. PRODEREMO, INFATTI, AL CONSUETO CONTROLLO QUADERNONI. Cordialmente, Prof Cardaropoli

giovedì 27 settembre 2012

REPETITA IUVANT

Raccomando ancora una volta agli alunni delle classi II E, IIIE, IIIF di VENIRE A SCUOLA SEMPRE ADEGUATAMENTE FORNITI DEL MATERIALE DIDATTICO NECESSARIO. In riferimento a domani, 28 Settembre, si raccomanda alla III E il testo di Grammatica latina, nonché quello di Letteratura latina; alla II E, il testo dei Promessi Sposi, La grammatica latina, il quaderno di grammatica latina. Buona serata a tt :) Prof Cardaropoli

domenica 23 settembre 2012

AGLI ALUNNI II E - III E

Si raccomanda agli alunni suddetti di venire a scuola, domani 24 settembre, adeguatamente muniti di tutto il materiale didattico. In particolare,raccomando alla II E il testo di Grammatica Latina. Cordialmente, Prof cardaropoli

lunedì 17 settembre 2012

ALLE MATRICOLE DEL BLOG...

UN CALOROSO BENVENUTO AI PRIMI NUOVI SCRITTI AL BLOG! VI ASPETTO TUTTI, NUMEROSI...LA PROF.

venerdì 14 settembre 2012

AGLI ALUNNI DELLA II E - III E - III F

Benvenuti a tutti nel nostro Blog.
Come promesso, ho inserito il materiale didattico necessario per il ripasso ( o forse lo studio... ) degli argomenti che sono stati oggetto di studio nei precedenti anni scolastici e che costituiranno la base necessaria ed indispensabile per il nuovo percorso di studio insieme!!! Spero di essere stata chiara..., sicuramente esaustiva.
Invito tutti, nimerosi, a registrarvi sul Blog, ma soprattutto ad interagire con commenti e considerazioni varie... VI ASPETTO,
Prof.ssa Cardaropoli

domenica 9 settembre 2012

Pronti per la partenza.....VIA!

Augurandovi un buon anno scolastico, vi invito numerosi a seguirmi, oltre che a scuola, su questa piattaforma dove troverete appunti delle lezioni, aggiornamenti e materiale vario. Ogni classe può far riferimento all'etichetta dedicata e ciascun alunno potrà interagire inserendo i propri commenti, opinioni e richieste varie.
Vi invito a registrarvi seguendo le semplici istruzioni fornite nel blog stesso. Auguri a tutti.
La Prof. Cardaropoli

venerdì 22 giugno 2012

AI CARISSIMI DELLA V F

Ebbene, siete quasi a metà strada. Da quanto ho potuto apprendere, finora è andato tutto bene. Sono molto felice ed emozionata.. Adesso manca l'ultimo ostacolo degli scritti, la terza prova. Sono certa che anche l' esame di lunedì andrà a buon fine . So che la Commissione è molto tranquilla ed equilibrata, e ciò è un dato assai favorevole per voi. Abbracciandovi calorosamente formulo, fin da ora, il solito, immancabile "in bocca al lupo". Prosit!

Ringrazio tutti : chi mi ha seguita con paziente costanza, chi con molta pazienza e poca costanza. Ringrazio particolarmente Amato e Palumbo per per il contegno impeccabile manifestato, sempre, rispetto agli effetti delle numerose concitate lezioni.... Ringrazio Catenaccio & Co, ovvero i compagni delle uscite a tutti i costi, per aver compreso, spero, le ragioni dei miei frequenti dinieghi : sempre volti al vostro interesse, a far sì che voi alunni apprendeste il più possibile a scuola, attraverso la spiegazione del docente.
Ringrazio affettuosamente l'unico e insuperabile Buonincontri, per il duro esercizio di pazienza e autocontrollo (...probabilmente reciproco) al quale mi ha spesso sottoposto, specie in occasione dei compiti in classe! E che dire del caro Pennuzzi? E delle diligenti signorine della fila laterale?? E ancora, ringrazio e saluto lo spigliatissimo Di Rocco, il quasi ammiraglio Gioiella, il perspicace Brongo, Aldus Picone, l'irriducibile Paone, gli amici di Santi Co....ehmmm Castelforte, i nuovi acquisti: De Rosa e Tagliamonte.
Vi ringrazio, infine, per l'emozione che mi fate vivere adesso, come fossi anch'io con voi tra i banchi della maturità. Roberta Cardaropoli

martedì 19 giugno 2012

mercoledì 13 giugno 2012

PROGRAMMA SVOLTO DI LATINO 2011-2012 Classe V F

PROTAGONISTI E MODELLI CULTURALI IN ETÀ AUGUSTEA E IN ETÀ IMPERIALE

QUADRO STORICO E CULTURALE
L’ età augustea. L’ età giulio-claudia. L età dei Flavi. Il Principato illuminato di Nerva e di Traiano.

TITO LIVIO
La storiografia a Roma in età augustea. Tito Livio: lo storico della celebrazione di Roma. La struttura, il contenuto, i temi delle Storie. Concezione della storia e caratteri della storiografia di Tito Livio.


FEDRO
La vita. Fedro e la tradizione favolistica antica. Caratteristiche strutturali e stilistiche della favole, funzione dei prologhi e degli epiloghi, del simbolismo e dell’allegoria. Fedro e il suo tempo: concezione dell’uomo e della vita. La favola come protesta.


PERSIO
La vita. Persio e il suo tempo: concezione della società, della politica, della cultura contemporanea. Il problema della ricerca del ‘bene’ e della ‘virtù’. I temi delle ‘Satire’. Concezione dell’arte e funzione dell’intellettuale. Stoicismo e pessimismo in Persio. Persio e la tradizione satirica. La lingua e lo stile.


LUCANO
La vita. Il contenuto e i temi del ‘Bellum civile’. la scelta dell’ epica e del tema civile. Lo Stoicismo nel Bellum civile. La poesia di Lucano e lo stile: novità e caratteri del poema, il rapporto con i modelli omerici.


LUCIO ANNEO SENECA
La vita. Dall’ impegno al dissenso. La ‘filosofia’ di Seneca: il percorso verso la virtus e la saggezza. Seneca precursore dell’ esistenzialismo : la noia, il tempo, la morte. Il pensiero politico di Seneca: la figura del principe ideale. Seneca filosofo della scienza. I temi della poetica di Seneca. La lingua e lo stile .

- Brani antologici in Italiano
Consolatio ad Polybium 13, ‘Appello alla clemenza di Claudio’
Consolatio ad Marciam 12, 3-5 ‘La ricompensa di Marcia: aver amato il figlio’
De constantia sapientis 8, 2-3 ‘La forza del saggio’
De vita beata 23, 1-5 ‘Le ricchezze del saggio’
De tranquillitate animi 11, 1-6 ‘Il saggio sa di non essere suo’
De providentia 1-5, ‘La provvidenza divina e il male nel mondo’
De clementia I 2-4, ‘Tengo pronta la clemenza’


PETRONIO
La vita. Struttura, intreccio, temi del ‘Satyricon’. Il ‘Satyricon’ come ‘romanzo’ dell’ età neroniana. La cena Trimalchione. Petronio e il ‘realismo del distacco’. Petronio e la cultura del tempo. Il ‘ Satyricon’ come metafora politica ed esistenziale. La varietà linguistico-stilistica del Satyricon.

- Brani antologici in Italiano
Satyricon, 1-2 ‘Condanna dell’eloquenza del tempo’



MARZIALE
Marziale: una vita da cliens alla ricerca del successo. Temi e personaggi degli epigrammi di Marziale. Marziale e la cultura del tempo: l’epigramma e il significato di una scelta. Autobiografismo in versi. L’epigramma come affresco del mondo in chiave comico-realistica.La vena rustica e intimistica. La poetica e lo stile.



QUINTILIANO
La vita. L’ Institutio oratoria, summa dell’ars dicendi. Quintiliano e il suo tempo: il conformismo politico e letterario. Quintiliano e la crisi dell’ eloquenza. Tradizione e modernità nella pedagogia di Quintiliano: magister e discipulus, l’apprendimento come gioco. L’ideale del perfetto oratore, vir bonus dicendi peritus. Quintiliano e il canone dell’imitazione. La scrittura di Quintiliano.

- Brani antologici in Italiano
Institutio oratoria III, 1-3 ‘Come individuare nei bambini il talento naturale’
Institutio oratoria II, 2 ‘Doveri del maestro’
Institutio oratoria II, 9, 1-3 ‘Doveri degli allievi’
Instituto oratoria I 9-10 ‘L’ideale del perfetto oratore’

PLINIO IL VECCHIO
La vita. L’ attività letteraria. Selezione e organizzazione dei temi. L’ uomo e la natura nella visione pliniana. Plinio il Vecchio e la scienza, limiti della Naturalis Historia nello studio della natura. Stile e linguaggio.
- Brani antologici in Italiano
Naturalis historia, VII 1-5 ‘La natura matrigna’

PAPINIO STAZIO
La vita. Rapporto con i modelli epici tra tradizione e innovazione, l’epica ‘descrittiva’. Temi e personaggi dei poemi epici. Il mondo degli dei e degli eroi. Forma e stili delle opere.


CORNELIO TACITO
La vita. Tra l’ utopia della repubblica e la realtà del principato. L’ uomo e il funzionario ideali nel ritratto di Agricola. L’ ideale della restaurazione morale nel ritratto dei Germani. Il principato ideale. La lingua e lo stile.



DECIMO GIUNIO GIOVENALE
Giovenale: una vita da emarginato. Protagonisti e temi delle Satire. Giovenale e la tradizione satirica. L’ idealizzazione del passato : il moralismo e l ‘indignatio’ . La poetica e il linguaggio.

sabato 9 giugno 2012

PROGRAMMA SVOLTO ITALIANO VF

Ministero dell’’Istruzione,dell’’Università e della Ricerca
Liceo Scientifico “L. B. Alberti” Minturno

PROGRAMMA SVOLTO DI ITALIANO classe VF Prof.ssa Roberta Cardaropoli

CONTENUTI
Modulo storico culturale/autore
• Modulo A

L’ ETÀ NAPOLEONICA CARATTERI GENERALI E CONTESTO STORICO CULTURALE.
LA CULTURA ITALIANA DELL’ETA’ NAPOLEONICA: NEOCLASSICISMO E PREROMANTICISMO

UGO FOSCOLO
La vita e le opere. Il pensiero, la funzione della poesia, la storia della critica.
La genesi, la struttura, il contenuto delle opere ( ‘Ortis’, ‘Sonetti’, ‘Odi’, ‘Le Grazie’ )

Dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis : Tutto è perduto
I Sonetti
Alla sera, A Zacinto, In morte del fratello Giovanni,
Dei Sepolcri: genesi, struttura, nuclei concettuali
Dei Sepolcri: Vv 1-90;

DALLA RESTAURAZIONE AL ROMANTICISMO.
Caratteri generali e contesto storico-culturale di riferimento. Nascita del Romanticismo in Germania e Inghilterra, diffusione del Romanticismo in Francia e in Italia. Genesi storico-filosofica, temi centrali della poetica romantica. L’ intellettuale e le contraddizioni dell’ età, la figura dell’eroe romantico. La concezione dell’ arte e della letteratura.
Il Romanticismo in Italia. La polemica classico-romantica
L’articolo di M.me De Stael: Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni

GIACOMO LEOPARDI
La vita e le opere .
La genesi , la struttura , i temi delle opere (‘Idilli’, ‘Operette morali’, Canzoni civili, ‘La Ginestra’ )
Lo svolgimento della lirica leopardiana : i Canti
I nuclei tematici nella lirica del Leopardi. La funzione della poesia.

Dai Canti
L’infinito
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
Il sabato del villaggio
La ginestra (vv. 1-86; 297-317)

ALESSANDRO MANZONI
La vita e le opere. Fasi della produzione letteraria. La concezione dell’arte e della letteratura, la poetica del ‘vero’, la figura dell’intellettuale. La genesi, la struttura, il contenuto delle opere ( ‘Inni sacri, ‘Tragedie’, ‘Odi politiche’).

La Pentecoste
Dall’ Adelchi : Coro dell’atto III “Un volgo senza nome”
Dagli scritti di poetica
Lettera a Monsieur Chauvet: rapporto tra il vero storico e l'invenzione poetica; Lettera al marchese Cesare D’Azeglio sul Romanticismo ( temi e contenuti): l 'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo.

Genesi, temi e personaggi dei Promessi Sposi.


REALISMO E NATURALISMO NELLA CULTURA EUROPEA
Contesto storico-politico, ambito filosofico,tecnico-scientifico, letterario.
Lo sviluppo del romanzo in Europa. Il romanzo come documento scientifico.
La tradizione del Romanzo realista francese (G. Flaubert, i fratelli Goncourt, E. Zola, G. de Maupassant).

Fratelli Goncourt, Prefazione di Germinie Lacerteux
E.Zola, Il romanzo sperimentale, L’investigazione scientifica è un dovere

Il Naturalismo francese, il Verismo italiano. Il romanzo realista in Italia come interpretazione e fotografia della vita: Verga e Capuana. Principi fondamentali della poetica verista; i personaggi dell’opera verista.

LA LETTERATURA DELL’ITALIA UNITA’ (1861-1890).
Le coordinate storiche: l’unità imperfetta. La dinamica politica e sociale; intellettuali e istituzioni culturali. Le coordinate geografiche : i centri di diffusione letteraria.

GIOVANNI VERGA
Vita e opere. La genesi, la struttura, temi e contenuti delle Opere ( ‘Novelle’, ‘Malavoglia’ , ‘ Mastro Don Gesualdo’). G. Verga e il suo tempo; L’approdo al Verismo e lo svolgimento dell’ opera verghiana. L’ideologia verghiana. Il Verismo di Verga e il naturalismo zoliano. La tecnica narrativa di G.Verga, lo sperimentalismo linguistico.

G. Verga, Lettera a S.P. Verdura
Prefazione a L'amante di Gramigna
Prefazione ai Malavoglia
Rosso Malpelo, La lupa, La roba


GIOSUE’ CARDUCCI
Fasi e temi della poetica carducciana. La concezione dell’ arte e della letteratura.
Da Rime nuove: Pianto antico; San martino
Da Odi barbare: Nevicata

LA SCAPIGLIATURA MILANESE
Caratteri generali, rapporto artista- società.
Il Manifesto letterario della Scapigliatura : E.Praga, Preludio


LA CRISI DEL POSITIVISMO. IL DECADENTISMO.
D’ANNUNZIO E PASCOLI: DUE MODI DIFFERENTI DI INTERPRETARE LA CRISI DELL’UOMO DOPO L’OTTIMISMO POSITIVISTICO.

L’età del Decadentismo. Caratteri generali e contesto storico-culturale. L’origine del termine “Decadentismo”. Temi della poesia decadente. Stile della poesia decadente. La concezione dell’ arte e della letteratura: l’arte per l’arte (Theophile Gautier). Estetismo e Simbolismo. Concezione del poeta “veggente”. Il rapporto artista- società. Decadentismo e Romanticismo. Decadentismo e Positivismo.

A.Rimbaud, Lettera del veggente
P.Verlaine, Languore
Ch.Baudelaire, L’albatro, Corrispondenze
.


GIOVANNI PASCOLI
La vita e le opere. Percorso artistico ed ideologico. Temi della poesia pascoliana: il tema agreste,il tema del nido, la poetica del fanciullino. Lingua e stile in Pascoli, lo sperimentalismo linguistico: fonosimbolismo, plurilinguismo, espressionismo.

Da ‘Myricae’
X Agosto
L’assiuolo
Dai ‘Canti di Castelvecchio’
Nebbia
Dai ‘Poemetti’
Italy
Dalle Prose: Il fanciullino


GABRIELE D’ANNUNZIO
La vita e le opere. G. D' Annunzio e il suo tempo. La produzione letteraria e le fasi della poetica dannunziana. L' estetismo dannunziano. I romanzi del superuomo, Le Laudi.


Laudi, ‘Alcyone’: La pioggia nel pineto
Da ‘Il Piacere’: Andrea Sperelli

L’ETA DELLE AVANGUARDIE E IL FUTURISMO
Crepuscolarismo e Futurismo : caratteri generali e contesto storico di riferimento.

F.T. Marinetti, Il Manifesto letterario del Futurismo,1909; Il Manifesto tecnico della letteratura futurista, 1912 (individuazione di temi e motivi).


I MAESTRI DELLA MODERNITA’ NOVECENTESCA.
SVEVO E PIRANDELLO. LA CRISI DELL’UOMO MODERNO, LA NOVITA’ DEL NARRARE.

Il Romanzo della crisi: contesto storico-culturale di riferimento, temi e contenuti, i protagonisti, le strutture formali. La figura dell’inetto.

IL ROMANZO E LA PSICANALISI: ITALO SVEVO
La vita e le opere. Temi fondamentali della poetica di Svevo: l’inettitudine, l’inconscio, la dissoluzione dell’io.

Da La coscienza di Zeno: Salute e malattia

LUIGI PIRANDELLO
La vita e le opere.
Fasi della produzione letteraria. La visione del mondo e la poetica: temi fondamentali. Il relativismo conoscitivo. Il teatro di Pirandello

Da ‘Uno, nessuno e centomila’: Mia moglie e il mio naso
Da ‘Novelle per un anno’: Il treno ha fischiato

LA POESIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE. UNGARETTI, QUASIMODO, MONTALE: MODI DIVERSI DI SENTIRE IL MALE DI VIVERE.
Contesto storico culturale di riferimento. L’ Ermetismo. Sperimentalismo metrico e sintattico.

GIUSEPPE UNGARETTI
Fasi della poetica di Ungaretti, temi delle opere.
Da L’allegria
Veglia
Sono una creatura
San Martino del Carso

Da Il dolore, Non gridate più

SALVATORE QUASIMODO
I temi della poetica di S. Quasimodo
Ed è subito sera


EUGENIO MONTALE
Fasi della poetica di E. Montale, temi delle opere.

Da ‘Ossi di seppia’
Non chiederci la parola
Meriggiare pallido e assorto



Modulo dedicato allo studio della Divina Commedia Modulo B

Dante – Divina Commedia , Purgatorio: Canti I, VI, XI, XII, XVII, XXXIII (Preghiera alla Vergine).





Minturno, li 09.06.2012
Saluto tutti con affetto. A tutti voi buon lavoro! La Prof

mercoledì 30 maggio 2012

Esito verifica Italiano del 18.05

Elenco alunni con voto definitivo.
De Rosa :7
Filosa:6,5
Catenaccio:6,75
Pennuzzi:6,5
Brocco:7
Papa:7
Orlandi:7
Gioiella:6,5
Picone: 7,5
Amato:8
Paone:insufficiente
Di Rocco:6,5
Mancini:6,5
Tagliamonte:8
Conte :7
Risultano certamente sufficienti, con voto da definire, i compiti di: Buonincontri, Di Mambro, Palumbo, Fiore.
P.S. La correzione della verifica di Brongo sarà affidata ad un perito opportunamente nominato, che ne decifrerà il contenuto criptato.

LA LIRICA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE

L’avvento al potere del FASCISMO (28 Ottobre 1922) e la progressiva trasformazione dello Stato liberale in regime totalitario segnarono a fondo la società italiana a tutti i livelli e, quindi, anche sul piano culturale-letterario.
Il Regime assoggettò la cultura nazionale sorvegliandone tutte le manifestazioni attraverso la CENSURA, controllando direttamente le istituzioni culturali, scuole, accademie, Università, strumenti di informazione, e abolendo ogni forma di dissenso.
Alcuni intellettuali aderirono alla politica del regime per personale convinzione o per necessità, divenendo a loro volta strumenti propaganda del potere politico.
Altri, invece, pagarono con la vita la loro militanza antifascista (Antonio Gramsci, Piero Gobetti, i fratelli Rosselli).
Altri ancora (tra cui molti poeti ermetici) opposero al Fascismo il DISIMPEGNO sul PIANO POLITICO e sul PIANO LETTERARIO una POESIA stringata, aristocratica, priva di contatti politico-sociali, centrata esclusivamente sulla tematica dell' ANGOSCIA ESISTENZIALE e sul recupero memoriale.
In generale, l’atmosfera politica dominante e la standardizzazione della società intensificarono il disagio di vivere dell’intellettuale e lo indussero a staccarsi dal mondo per avviare in solitudine la propria ricerca del senso della vita. I poeti che compresero l'assurda gravità della situazione storica si rinchiusero progressivamente nella propra sfera individuale, indagando le angosce e le ansie dell’esistenza attraverso una POESIA DECANTATA, ELITARIA,TRASFIGURATA E SIMBOLICA.
Per quanto riguarda le SCELTE STILISTICHE, la letteratura italiana tra le due guerre, oltre ad accogliere gli slanci avanguardistici e le sperimentazioni formali del primo ‘900, è caratterizzata dal recupero della compostezza classicistica e da una forte propensione per la stilizzazione espressiva.

ERMETISMO
Le esperienze POLITICO-SOCIALI dei primi decenni del ‘900 (Prima guerra mondiale, Fascismo) segnarono a fondo la società italiana a tutti i livelli e, quindi, anche sul piano CULTURALE-LETTERARIO. Gli intellettuali opposero il DISIMPEGNO sul PIANO POLITICO, sul piano LETTERARIO una POESIA SCARNA, ESSENZIALE scevra di implicazioni ideologiche e lontana dai complessi problemi della realtà politico sociale: una poesia ARISTOCRATICA, centrata esclusivamente sulla tematica della ANGOSCIA ESISTENZIALE, sulla SOLITUDINE DELL’UOMO MODERNO stretto tra la DISPERAZIONE e la RICERCA di un "varco", o volto alla ricerca dell’ "illusione per farsi coraggio" e superare il male di vivere (Al poeta basta una illusione per farsi coraggio. E’ questa la celebre definizione che G.Ungaretti ha dato di sé:<Pellegrinaggio,
dalla raccolta "L’Allegria")
Gli anni che seguirono la prima guerra mondiale sono densi di fermenti culturali: nascono e si affermano le RIVISTE (= centri di aggregazione e punti di riferimento intellettuale; le riviste anmarono il dibattito culturale e letterario nel limiti concessi dalla censura fascista). Sul piano politico si assiste alla nascita di una poesia nuova che rappresenta l’approdo di una lunga e intricata ricerca di nuovi valori formali e stilistici.
La lirica tra le due guerre è stata definita “ermetica”, secondo una definizione attribuita per la prima volta dal saggista e critico Francesco Flora nell' opera “La poesia ermetica” (1936). Tuttavia, di una vera e propria scuola ermetica si potrà parlare solo a metà degli anni 30: la codificazione di tecniche e di moduli espressivi si ebbe con Salvatore Quasimodo.
GENESI STORICA-FILOSOFICA.
-L'Imperialismo( dal 1870 in poi. Italia 1890-1905 Eritrea e Somalia, Libia 1911, Etiopia 1936)
- LA Prima Guerra Mondiale, I Totalitarismi, Il Fascismo in Italia , I conflitti sociali.

In ambito filosofico : CRISI del POSITIVSMO e del RAZIONALISMO POSITIVSTA secondo cui:
1) Tutta la Realtà fenomenica è ANALIZZABILE, QUANTIFICABILE, CONOSCIBILE
2) La realtà fenomenica poggia su CATEGORIE LOGICHE ASSOLUTE: SPAZIO, TEMPO, CAUSA-EFFETTO
3) Anche la REALTà INTERIORE (IO) può essere analizzata alla stregua di un FENOMENO FISICO.
TEORIA RELATIVITà (1905-1916)
PSICANALISI FREUDIANA: si assiste al ‘’sovvertimento radicale dei modi di pensare dell’uomo moderno’’. La vita psichica è il frutto di una dinamica opposizione tra le FORZE dell’IO COSCIENTE e le INCONSCE PULSIONI ISTINTUALI dell’ES.

Venuta meno la FIDUCIA nella SCIENZA-RAGIONE che si rifletteva nella presunzione positivistica di interpretare tutta la realtà oggettiva, crollano anche le CERTEZZE fondate sull’ Assolutezza dei CONCETTI di SPAZIO-TEMPO-CAUSALITà: l’attenzione della cultura ‘900 si sposta fatalmente dall’ OGGETTO AL SOGGETTO: INDIVIDUALISMO ESASPERATO, SOLIPSISMO.
L’IO che è posto al centro cultura novecentesca, è un IO dimitizzato, sofferente preda di una profonda ANGOSCIA ESISTENZIALE-CRISI IDENTITà. Le CAUSE sono da ricercarsi nella:
1) PERDITA del RAPPORTO STABILE tra l’Io e le COSE. Solitudine uomo moderno, l’uomo si aggira sperduto tra oggetti incomprensibili (senso ANGOSCIA-INCUBO)
2) PERDITA del RAPPORTO stabile tra l’IO e la SOCIETà, conduce all’INDIVIDUALISMO SOLIPSISTICO. La figura dell’Eroe romantico, del titano ribelle diviene l’Angelo decaduto di Baudelaire, il poeta maledetto.

Altre componenti alla base della lirica tra le due guerre:
-LE FILOSOFIE INTUIZIONISTICHE: Henry Bergson e Benedetto Croce.
Intuizionismo di Bergson: Premio NOBEL letteratura 1928.
Bergson pone l’accento sulla Importanza della INTUIZIONE individuale, come strumento di sicura conoscenza del reale. La conoscenza che si ottiene mediante L’INTUIZIONE è SUPERIORE a quella raggiungibile mediante gli strumenti della SCIENZA. Altri temi della speculazione di Bergson:
• IL TEMPO (Tempo esteriore, interiore (Tempo vissuto))
• LA MEMORIA nel rapporto coscienza/conoscenza.
Per B. CROCE la Poesia è INTUIZIONE PURA; esaltazione della conoscenza e cui si giunge mediante l’ARTE, POESIA.

RETROTERRA CULTURALE – GENESI CULTURALE
L’ERMETISMO si inserisce in una complessa trama culturale-letteraria, non solo italiana, ma EUROPEA; si muove nell’ambito del DECADENTISMO EUROPEO da cui riprende :
1) POETICA CORRISPONDENZE di Baudelaire ( I fiori del male, 1861)
2) Poesia = ILLUMINAZIONE, capace di cogliere l’essenza noumenica delle cose, di rivelare gli ARCANI misteri della NATURA e del nostro INCONSCIO. Vedi MALLARME',RiMBAUD – il POTERE EVOCATIVO PAROLA
POETICA FRAMMENTO: idoleggiamento del componimento breve e raffinato che si invera alla luce della estetica crociana:
Poesia =INTUIZIONE PURA.
Clima intellettuale di rigorosa Restaurazione Classicistica avviata dalle riviste La RONDA (Vincenzo Cardarelli 1919-1923) – SOLARIA 1926, per l’interesse rivolto esclusivamente alla LETTERATURA scevra da implicazione ideologiche e lontana dai complessi problemi della realtà politico-sociale.

CARATTERI - ERMETISMO
La poesia non è più CELEBRATIVA- ORATORIA- ETICO DIDASCALICA- MORALISTICA- PATRIOTTICA.
1. Sul PIANO STLISTICO c’è il rifiuto di quel linguaggio artificiosamente letterario.
Gli ermetici portano a termine una battaglia già iniziata dai CREPUSCOLARI: la DISEROICIZZAZIONE DELLA POESIA.
Conducono una AFFANNOSA- OSSESSIVA (ARTE: frutto di sapiente affinità stilistica) RICERCA FORMALE di nuovi MODULI STLISTICO- ESPRESSIVI all’insegna dello SPERIMENTALISMO- AVANGUARDISMO.

STILE
RIPUDIO delle FORME STILISTIChe TRADIZIONALI, delle FORME METRICHE- RETORICHE della tradizione.
Versi SCARNI- DISADORNI- CONCISI: i ‘Versicoli’ di Ungaretti, i VERSI- PAROLA; FRANTUMAZIONE VERSO (l’unità sintattica e concettuale non coincide con l’unità metrica), assenza di punteggiatura, sintassi semplice, lineare, totale abolizione delle categorie assolute di SPAZIO- TEMPO.
Abolizione NESSI LOGICO SINTATTICI. Fitta trama di CORRISPONDENZE ANALOGICHE.
CENTrALITà DELLA PAROLA: disadorna, scarna, epurata da qualsiasi intenzione ORATORIA o ETICO- POLITICA. La parola, sciolta da legami logico- sintattici, deve riconquistare il significato ORIGINARIO- l’essenza PREMIGENIA che possedeva all’origine dei tempi, potere evocativo della PAROLA non semanticamente contaminata.
I MODULI STILISTICO- ESPRESSIVI adottati dalla poesia ermetica corrispondono ad una precisa scelta etica.
Gli ermetici perseguirono l’ideale della POESIA PURA che sia priva di intenti DIDASCALICI- finalità pratiche, e di LEGAMI LOGICO- SINTATTICI che esprima in modo INTEGRALE le pulsazioni interiori dell’ES.
POESIA = è un altissimo strumento di CONOSCENZA e ILLUMINAZIONE (mediante FOLGORAZIONI) non della realtà oggettuale, ma dell’INTERIORITà POETA . La poesia mette a nudo, attraverso FOLGORAZIONI LIRICHE dei BARLUMI di VERITà che si dibattono nel nostro inconscio.
POESIA= VALORE EURISTICO- CONOSCITIVO- ELITARIA- INDIVIDUALE- ARISTOCratica.- INTIMISTICA
Poesia come FOLGORAZIONE LIRICA- SIMBOLISTI FRANCESI.
*ARTE ERMETICA, SOGGETTIVA, INTIMISTICA fondata sulla CENTRALITà PAROLA e sull’IDEALE DI POESIA PURA si avvale di una fitta rete di CORRISPONDENZE ANALOGICHE.
ANALOGIA= tecnica espressiva, figura retorica tipica della poesia moderna che consiste nello stabilire RAPPORTI INEDITI tra termini o immagini ETEROGENEE e prive di ogni legame logico- sintattico. = PROCEDIMENTO STILISTICO ESEMPLARE/ ASSURGE a raffinato e prezioso VIRTUOSISMO STILISTICO.

TEMI E CONTENUTI
La poesia ermetica è ILLUMINAZIONE, nasce dallo SCANDAGLIO INTERIORE e passa alla luce attraverso FOLGORAZIONI. Immagini coincise e FULMINEE, parole che emergono dal silenzio- dal FONDO NOUMENICO propria coscienza e che ambiscono a DIRE, a RIVELARE il DISSIDIO INTERIORE, L’ANGOSCIA ESISTENZIALE.
1) ANGOSCIA ESISTENZIALE
2) SOLITUDINE UOMO MODERNO
3) INCOMUNICABILITà - ALIENAZIONE – FRUSTRAZIONE
4) SFIDUCIA NEI MITI ROMANTICI- POSITIVISTICI

lunedì 14 maggio 2012

IL ROMANZO DELLA CRISI . ITALO SVEVO (scrittore e drammaturgo 1861 - 1928 ) - LUIGI PIRANDELLO ( scrittore e drammaturgo, 1867 Agrigento – Roma 1936)

Luigi Pirandello e Italo Svevo costituiscono due autorevoli maestri del romanzo moderno; i due autori più rappresentativi per comprendere lo sviluppo del genere narrativo in Italia tra Ottocento e Novecento; la loro esperienza artistica si colloca nel panorama del grande romanzo europeo novecentesco ed esprime pienamente la cultura della crisi, la crisi che attraversa l’Italia e l’Europa tra il 1900 e il 1945, un periodo segnato da totalitarismi e guerre mondiali.
Le opere di Svevo – Pirandello illustrano le trame essenziali della narrativa italiana del primo Novecento. Esse si collocano nella traiettoria che procede dall’esperienza artistica di G. D’Annunzio - IL ROMANZO DECADENTE - e giunge alla NARRATIVA DEL FLUSSO DI COSCIENZA.

Il contesto storico-culturale di riferimento é:
L’Italia e l’Europa, dalla belle époque alla I Guerra mondiale;
Il primo dopoguerra e l’affermazione dei regimi totalitari;
L’Europa verso la catastrofe della II guerra mondiale;
la crisi della cultura positivista; l’irrazionalismo (Schopenhauer – Nietzsche); la dimitizzazione dei valori borghesi (libertà, patria, progresso);
l’emergere delle culture decadenti;
la concezione pessimistica della vita: la problematica dell’angoscia esistenziale e dell’incomunicabilità;
la nascita ed affermazione della psicanalisi di S. Freud ( neurologo e psicoanalista austriaco, 1856- 1939)
la teoria della relatività dei fenomeni ( A. Einstein, fisico e filosofo tedesco1879 – 1955)

IL ROMANZO DEL NOVECENTO si caratterizza per il mutamento radicale dei moduli narrativi in corrispondenza delle trasformazioni strutturali che si registrano nel tessuto sociale ed economico del tempo; trasformazioni che hanno dato luogo all’affermarsi, nella realtà di un profondo senso di precarietà generale, di sfiducia nella ragione e nel progresso; si impongono gradualmente modelli di comportamento spersonalizzanti dettati dall’espandersi della grande industria e dall’uso delle macchine, dall’instaurarsi del regime monopolistico, dalla creazione di sterminati apparati burocratici .
Svevo conduce un’analisi attenta sulle ragioni di questo malessere, della profonda inquietudine dell’uomo moderno, e ne individua le cause fondamentali nel contesto politico-sociale: in particolare negli squilibri della società borghese e nella frenesia produttivistica di un capitalismo selvaggio, spinta fino alla costruzione di mezzi di distruzione.
Pirandello constata il malessere, ma finisce per considerarlo una componente consustanziale della condizione umana, dovuta principalmente, come già aveva rilevato il Verga, al destino dei dolore che incombe perennemente sull’uomo. Se l’infelicità è legata al destino beffardo e crudele dell’uomo, al Caos e all’imprevedibilità che governa gli eventi umani, non hanno alcuna responsabilità in ciò né le strutture sociali, né i sistemi politici.
All’inizio del Novecento, dunque, la cultura del Positivismo e i valori tradizionali della borghesia ottocentesca entrano definitivamente in crisi a causa degli sconvolgimenti economici e dei conflitti sociali prodotti dall’ industrializzazione e dall’urbanizzazione. Negli stessi anni si affermano teorie che sanciscono la perdita di riferimenti oggettivi nel rapporto fra l’individuo e la realtà: su tutte, per le ripercussioni in ambito artistico e letterario, la scoperta freudiana dell’inconscio che rivoluziona la concezione della psiche e dell’agire umano. Il disorientamento e le contraddizioni di inizio secolo trovano immediata espressione nel genere letterario che meglio di ogni altro riflette la coscienza collettiva europea: il romanzo.
Se i protagonisti del romanzo dell’Ottocento si misurano con un sistema di valori univoco e con modelli sociali sicuri, i protagonisti dei capolavori del nuovo secolo avvertono, di fronte ad una realtà percepita come molteplice ed estranea, un profondo disagio, che assume le forme dell’angoscia, dell’alienazione, dell’inettitudine.I motivi di ispirazione riguardano il dramma e la solitudine dell’uomo contemporaneo,la sua inettitudine a vivere e a dominare la realtà; il senso di frustrazione che ne deriva. Il romanzo del 900 diviene “psicologico”, volto all’analisi dei moti interiori dei personaggi, alla vivisezione della psiche per far emergere gli impulsi dell’inconscio.

I romanzi di Pirandello e Svevo mettono in scena con accenti paradossali e umoristici (umorismo-ironia) il dramma dell’individuo relegato in una condizione di inettitudine dalla propria incapacità di riconoscersi nei valori e nei modelli imposti dalla società borghese.
In PIRANDELLO il senso di alienazione dei personaggi, che scaturisce dalla insofferenza verso i ruoli familiari e sociali, conduce a una grottesca perdita di identità. Mattia Pascal il protagonista del primo importante romanzo di Pirandello ( Il fu Mattia Pascal, 1904) , con il quale inizia la rivelazione della sua poetica, si illude di poter cambiare vita e rinascere sotto una nuova identità fittizia, ma finisce per essere emarginato e privato anche del proprio nome.
In Uno, Nessuno e Centomila (1926), l’ultimo capolavoro di P, che costituisce l’espressione densa e matura della sua poetica, quasi un romanzo-saggio, il protagonista, Vitangelo Moscarda, inscrivibile nella categoria dell’inetto, mette progressivamente in discussione la propria identità a partire da una banale osservazione della moglie sul suo naso “Credevo ti guardassi da che parte ti pende”. Riconosce successivamente nella convenzionalità e nella ipocrisia della società l’origine della propria alienazione. Rifiuta tutte le sue relazioni affettive e familiari, economiche e sociali, giudicandole false e trova consolazione nell’ospizio da lui stesso donato alla Chiesa. Vitangelo Moscarda appare vittima di un processo di straniamento da sé e dai propri affetti che lo conduce gradualmente alla follia, condizione che nel finale si rivela addirittura salvifica rispetto all’insensatezza delle convenzioni sociali: l’inetto, infatti, ha pienamente acquisito consapevolezza di sé e respinge ogni elemento che gli ricordi la propria identità precedente. Il romanzo è strutturato come un monologo, articolato in brevi capitoletti, spezzettati e negati come il soggetto parlante.
In ITALO SVEVO l’inettitudine dei personaggi scaturisce soprattutto dal loro disagio di fronte ai valori della ricca borghesia commerciale (denaro, successo). Tuttavia se primi romanzi (Una vita, Senilità, definiti dalla critica ancora legati ad una perdurante lezione naturalistica) tale conflitto conduce all’emarginazione e alla sconfitta esistenziale, nel capolavoro, totalmente innovativo, La coscienza di Zeno, il protagonista, seppur con molte ambiguità riesce a trionfare sugli antagonisti borghesi, demistificandone i valori e capovolgendo il tradizionale rapporto tra sanità e malattia, condizione analizzata nel romanzo in chiave ironica, mediante le teorie della psicanalisi.

Anche le STRUTTURE FORMALI del nuovo romanzo cambiano approdando a risultati decisamente innovativi. Come nei capolavori di MARCEL PROUST, THOMAS MANN, ROBERT MUSIL, FRANZ KAFKA, JAMES JOYCE, VIRGINIA WOLF, JOSEPH CONRAD, HENRY JAMES l’impianto del romanzo tradizionale viene stravolto dalle istanze di una narrazione che non è né più progressiva, né più lineare, né oggettiva (vedi romanzo naturalistico). Nei due capolavori italiani del 900 “La coscienza di Zeno” “Uno, nessuno e centomila” sono gli stessi protagonisti a raccontare il 1^ persona la loro storia(narratore omodiegetico), senza però rispettare la sequenza logico-temporale degli accadimenti, che si intrecciano tra passato- presente e futuro nella dimensione della coscienza o della memoria del protagonista. Sono presenti continue analessi e prolessi, il discorso narrativo appare frammentato e sottoposto a continue riflessioni, c’è il continuo alternarsi dei piani narrativi e del punto di vista ( che in Pirandello e Svevo risulta variabile e multiplo).
Dunque, l’attenzione dello scrittore del 900 non è più rivolta a fatti esterni (costituiscono solo lo spunto), al “documento storico”, ambientale o sociale, caro agli scrittori del naturalismo o del Verismo, ma ai fatti interni, all’esplorazione dei labirinti del subconscio, mettendo a nudo ciò che si cela sotto la “maschera” imposta all’uomo dalle convenzioni sociali. Prevale, dunque, la dimensione interiore e psicologica, il tono autoreferenziale; la dimensione interiore moltiplica i piani della narrazione, altera la focalizzazione, che non è più fissa, ma variabile o addirittura multipla; altera la successione logico-temporale degli eventi, mescola i registri linguistici. Nei romanzi di Svevo e Pirandello prevale una prosa essenziale, antiletteraria, costruita spesso sul linguaggio parlato, ma anche su termini tecnici che rimandano al gergo impiegatizio (componente triestina, la terminologia medico psicologia, il gergo commerciale e bancario in Svevo; gergo impiegatizio, componente dialetto siciliano in Pirandello).
Il nuovo romanzo del primo Novecento apre la narrazione verso esiti surreali e visionari sostenuti da una lingua che si serve di costruzioni paratattiche, dove l’accumulo di dati reali risulta un espediente efficace per orientare l’andamento del racconto verso un diverso percorso conoscitivo, verso un più profondo contatto con il mondo e con la psiche umana. Evidenzieremo, a tal proposito, le novità strutturali della narrativa della crisi che riguardano innanzitutto la scarsa credibilità del narratore, dibattuto tra verità e bugie, tra passato e presente, la riduzione della verosimiglianza, la casualità dell’azione, la mancanza di un messaggio, l’indebolimento della fabula a favore di motivi liberi che sono epifanici, rivelatori dell’interiorità dei singoli personaggi, delle più profonde angosce esistenziali, lo scardinamento, infine, delle tradizionali categorie temporali: il passato e presente si intrecciano nella dimensione della coscienza. Lo stile risulterà antiretorico e antiletterario, realistico ed essenziale.

ITALO SVEVO (scrittore e drammaturgo, 1861 - 1928 )
UNA VITA (1892)
SENILITA’(1898)
LA COSCIENZA DI ZENO (1823)
Il capolavoro di Svevo, che consacra l’autore come uno dei padri del romanzo moderno, scritto per incoraggiamento di James Joyce, dopo una pausa letteraria di 25 anni. Nel 1925 in Francia, scoppia il “caso Svevo”, allorché Joyce riesce a richiamare l’attenzione della critica francese ( soprattutto dei Valery Larbaud e Benjamin Cremieux) sulla carica innovativa della prosa sveviana. Lo scrittore triestino sarà celebrato a Parigi nel 1928 come un autorevole esponente della narrativa moderna. In Italia fu Eugenio Montale nel 1925 a richiamare l’attenzione della critica sulla narrativa sveviana, in verità senza successo(Svevo veniva accusato di scrivere male). Soltanto a partire dagli anni Sessanta, parallelamente all’imporsi della critica strutturalista grazie anche all’affermarsi delle teorie psicanalitiche, lo scrittore triestino sarà riscoperto e riconosciuto come un classico del Novecento.
A partire dalla metà degli anni Venti, la rinomanza di Svevo è cresciuta progressivamente, come è evidente dall’interesse suscitato anche dalla pubblicazione postuma di alcuni racconti inediti:
La Novella del Buon Vecchio e della Bella Fanciulla; Vino generoso; Una burla riuscita; Il Vecchione; Il Corto viaggi o sentimentale.
POETICA DI SVEVO -TEMI FONDAMENTALI
 Inettitudine
 Interesse per al sfera dell’inconscio
. Analisi introspettiva della psiche umana - I conflitti della coscienza- dissoluzione dell’io
Irrazionalismo-visione pessimistica della vita (vita come dura e continua lotta)


LUIGI PIRANDELLO ( scrittore e drammaturgo, Girgenti 1867-Roma 1936)
Si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma, si laurea a Bonn; dopo il matrimonio con Antonietta Portulano (1894), L. Pirandello si trasferisce definitivamente a Roma, città che rappresentò il centro privilegiato della sua attività letteraria. Roma la sua attività letteraria può essere divisa in due grandi periodi creativi;
 nel primo periodo, che giunge fino alla Prima guerra mondiale, predomina l’interesse per la narrativa;
 nel secondo periodo, dalla Prima guerra mondiale in poi (anni 1916-1936), predomina l’interesse di Pirandello per il Teatro.
Il Teatro conferirà al P. una rinomanza mondiale, sanzionata nel 1934 dal Premio Nobel.
Produzione narrativa(1901-1914): nasce sulla base dell’esperienza verista, ma ben presto se ne distacca per la nota polemica più violenta, per una visione pessimistica e paradossale della vita, per la forte componente ironica e umoristica.
L’ESCLUSA, IL TURNO, IL FU MATTIA PASCAL, I VECCHI E I GIOVANI, SI GIRA ( ripubblicato col titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore); SUO MARITO (ripubblicato Giustino Roncella nato Bocciolo); UNO NESSUNO E CENTOMILA(1926);
24 VOLUMI DI NOVELLE PER UN ANNO
(raccolte a partire dal 1922, ma composte dagli anni romani 1894, fino alla morte 1936). Il Pirandello rimarrà sempre fedele al genere novellistico, al punto da elaborare i contenuti delle novelle, veristi o paradossali, trasferendoli in altri generi letterari, dal teatro al cinema. La “novella esemplare” di Pirandello ha come modulo fondamentale quello “umoristico”: la quotidianità di una situazione apparentemente normale viene improvvisamente infranta da una evento accidentale, che cambia la percezione o la consapevolezza della realtà da parte del protagonista.

Produzione teatrale (anni 1916-1936)
Ricordiamo i capolavori pirandelliani: SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE (ROMA, LONDRA, NEW YORK, PARIGI), ENRICO IV, LIOLÀ, L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA, COSÌ È (SE VI PARE), stasera SI RECITA A SOGGETTO. Al ciclo del cosiddetto “metateatro”(teatro nel teatro) appartengono: Sei personaggi in cerca d’autore, Ciascuno a suo modo, Enrico IV, Stasera si recita a soggetto.

POETICA DI PIRANDELLO – TEMI FONDAMENTALI
 FUGA DALLE TRAPPOLE – disagio esistenziale che sfocia nella ribellione e nel rifiuto delle convenzioni sociali.
CONTRASTO VITA-FORMA. L’IO, che è assolutamente privo di certezze assolute, cerca di fissarsi in “maschere” condivise dalla società, CHE TUTTAVIA FINISCONO PER IMPRIGIONARLO IN RUOLI NEI QUALI L’INDIVIDUO, gradualmente, NON SI RICONOSCE Più. Il disagio dell’uomo moderno non deriva soltanto dall’urto con la società, ma anche dal continuo ribollimento e trasmutarsi del suo spirito, che non gli consente di conoscere bene se stesso, né di cristallizzarsi in una personalità nettamente definita. L’esasperazione di questo processo conduce l’uomo alla disgregazione della propria coscienza, alla
FRANTUMAZIONE E DISSOLUZIONE DELL’IO. Proprio per il suo continuo divenire l’uomo è allo stesso tempo “uno, nessuno e centomila”: è uno, perché è quello che crede di essere di volta in volta; è nessuno, in quanto incapace di fissarsi definitivamente in una “forma”; è centomila perché ciascuno lo vede e giudica a suo modo.
 Dal rapporto dialettico Vita-forma deriva il concetto di RELATIVISMO PSICOLOGICO – che si sviluppa in senso orizzontale e riguarda il rapporto dell’uomo con gli altri; in senso verticale e riguarda il rapporto dell’individuo con se stesso, col suo subcosciente
INCONOSCIBILITA’ DEL REALE. La realtà è dominata dal caos: è mutevole e soggettiva.
POETICA DELL’UMORISMO (vedi il saggio "L'umorismo" - 1908)

mercoledì 25 aprile 2012

GABRIELE D’ANNUNZIO II (Pescara 1863- Gardone 1938) – PRODUZIONE LETTERARIA

La produzione letteraria di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), sebbene vastissima e multiforme, presenta un profilo abbastanza unitario, nelle tematiche e nello stile: fin dal Canto Novo (1882) la sua fisionomia di scrittore risulta sufficientemente precisata e se anche gli sviluppi successivi la modificheranno in parte, non arriveranno mai a cancellarne i tratti originari. La matrice della poetica dannunziana è POSITIVISTA E MATERIALISTICA , con in più un afflato mistico che conduce spesso l’autore ad una identificazione estatica con la materia stessa, nelle forme che essa assume nei corpi della natura, nei ritmi delle stagioni. Tutto quanto abbia a che fare con il corpo, dalla sensibilità alla sensualità fino alla malattia e al disfacimento della morte, diviene per il poeta un vero e proprio oggetto di culto e di esaltazione, che si riflette nel più ampio culto delle acque e dei boschi, delle spiagge e del sole, come manifestazioni meravigliose di una irrefrenabile energia vitale. Il poeta diviene il SACERDOTE LAICO che officia i riti di una religiosità pagana e amorale, depositario di un mistero che non ha nulla di metafisico: è il mistero della bellezza che si incarna nelle forze naturali positive, e che non sopporta vincoli di ordine etico o sociale.. la bellezza per D’Annunzio non va solo contemplata: al contrario essa va usata fino in fondo in una brama di possesso e di godimento estetico che non conosce limiti. Agli albori della modernità italiana, tra Ottocento e Novecento, D’Annunzio scopre la cultura di massa e sa farsene interprete. Sempre aggiornato sui fenomeni più in voga, fonda sull’ imitazione la sua produzione letteraria, cogliendo abilmente di volta in volta gli umori del momento e rielaborando in modo originale. I modelli più disparati. 1. ESORDIO DI INFLUENZA CARDUCCIANA E NATURALISTA. L’esordio poetico di D’annunzio con Primo vere (1879) e Canto novo (1882) è all’insegna di Carducci, rivisitato nella direzione di un’intima comunione con la natura che ispira sentimenti sensuali e vitalistici. I racconti giovanili sono ambientati in Abruzzo, terra d’origine del poeta rappresentata come luogo dalla natura ferina e istintiva, aspra e selvaggia; questi, confluiti nel volume unico Novelle della Pescara (1902), risentono l’influenza del Naturalismo francese (Flaubert e Maupassant) e del Verismo italiano (Capuana e Verga); si tratta essenzialmente di un’imitazione prevalentemente formale, poiché il D’Annunzio col suo temperamento sensuale è lontanissimo sia dalla concezione sana, operosa e virile di Carducci, sia dalla profonda moralità e pietà del Verga.

2. DECADENTISMO ESTETIZZANTE. Dagli esordi giovanili carducciani e naturalistici, i percorsi dannunziani andranno sempre più intrecciandosi. Sono questi gli anni, dal 1883 in poi, in cui il D’Annunzio diventa una celebrità nei salotti romani più importanti; diventa il celebre cronista mondano di riviste importanti “Cronaca bizantina”, “Capitan Fracassa”, la “Tribuna”, fa una fuga d’amore con la duchessina Maria Hardouin di gallese, sedotta per scopi pubblicitari, e poi sposata per obbligo di riparazione. Gli anni romani (1881-1891) sono fondamentali per al sua formazione letteraria e per la sua crescita ed evoluzione artistica: divora i libri di Flaubert, Zola, Maupassant, i versi parnassiani di Baudelaire ( in particolare I fiori del male) e Mallarmé, i romantici Keats e Shelley, il decadente Swinburne. La ricchezza di esperienze erotiche e la molteplicità delle letture alimentano non solo la narrativa di questi anni, ma anche le prove poetiche del D’annunzio romano. Il poeta infatti si orienta verso un calcolato kitsch (letteralmente: fare opera antica con materiale moderno), un indirizzo estetico di fine Ottocentoche consiste nell’accumulo di materiali eterogenei nello stesso componimento. Ciò che conta per il poeta è l’effetto strabiliante dell’insieme, e soprattutto la perfezione della forma, la cui assoluta priorità è affermata nella chiusa del primo romanzo di D’Annunzio, Il Piacere (1889) “O poeta, divina è la Parola….e il verso è tutto” Sull’esempio dei romanzi ciclici dell’Ottocento di Honoré de Balzac ( la commedia umana) DI EMILE Zola ( i Rougon Macquart), Verga (i vinti), il D’Annunzio si propose di scrivere un ciclo di romanzi distinti in tre trilogie: I romanzi della rosa, I romanzi del giglio, I romanzi del melograno a simboleggiare le tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria su di esse. La contemplazione e il godimento della bellezza, insieme intellettuale e istintuale – L’ESTETISMO - cioè l’esaltazione della Bellezza “pura e inutile” contraddistingue i primi tre romanzi di D’Annunzio: Il Piacere (1889), L’innocente (1892), Il trionfo della morte (1894) - poi riuniti nel ciclo I Romanzi della rosa – hanno per protagonisti raffinatissimi intellettuali, mossi dal comune desiderio di una sfrenata ricerca del piacere, che si trovano a scontrarsi in vari modi con la forza travolgente e incontrastabile della sensualità e delle passioni, e ne escono sconfitti, pagando la loro inadeguatezza con la nevrosi (Andrei Sperelli, Il Piacere), con il delitto (Tullio Hermil, L’Innocente), con la morte (Giorgio Aurispa, Il Trionfo della morte). Il vero modello de Il Piacere va cercato nel romanzo fondamentale del Decadentismo europeo, A ritroso del francese K. Huysmans. I protagonisti dei ROMANZI DELLA ROSA, il fiore simbolo della voluttà, d, pubblicato nel 1884 e subito letto e ammirato da D’Annunzio. ella passione invincibile, rappresentano simbolicamente l’autore stesso, sono delle controfigure dell’autore che si muovono nello stesso frivolo mondo nella nobiltà romana nel quale si muoveva in quegli anni D’Annunzio e ne condivideva i gusti e le inclinazioni. Non a caso il D’Annunzio forgia proprio in questi anni il proprio gusto decadente tutto nutrito di edonismo e di prezioso estetismo. Ma i personaggi suddetti non possiedono ancora la sufficiente energia vitale e sovrumana, necessaria per sopravvivere ai devastanti effetti di una vita vissuta all’insegna del puro edonismo, della sensualità scatenata: una energia che D’Annunzio riteneva esclusivo appannaggio del cosiddetto Superuomo, il mitico prodotto finale di una darwiniana selezione naturale intenta a falcidiare i più deboli e inadeguati. LIRICA: La ricchezza delle esperienze erotiche e la vastità delle letture, in particolare di opere francesi, alimentano non solo la prosa di questi anni romani, ma anche la POESIA. Al gusto estetizzante si ispirano le due raccolte Elegie romane (1883); Intermezzo di rime (1887-1892). In elegie romane il poeta esprime informe poetiche tradizionali (sonetti, madrigali, ecc.) ritratti femminili in un ambiente aristocratico e raffinato disfatto dall’eccesso di sensualità E’ evidente il queste opere la lezione dei Parnassiani francesi, in particolare di Th.Gautier,e di Charles Baudelaire (I fiori del male). I motivi fondamentali sono, ancora, la corrispondenza tra ARTE e VITA; il narcisismo edonistico, una forte componente sensuale che si esprime mediante un irrefrenabile godimento dei sensi; il nesso parnassiano tra la perfezione formale e la dissoluzione morale; la poetica del KITSCH.

3. FASE BONTA’: PERIODO NAPOLETANO (1891-93) Nel 1891 D’Annunzio abbandona la vita gaudente romana e perseguitato dai creditori si trasferisce a napoli. Anche nel periodo napoletano lo studio delle letterature straniere orienta e condiziona la sua poetica. La lettura in traduzione francese dei narratori russi Tolstoj e Dostoevskij (I fratelli Karamazov) Nascono opere di impianto fortemente morale e psicologico che mirano alla condanna dell’uomo che si abbandona senza coscienza e senza ideali alla ricerca del piacere. I motivi sono, dunque, la poetica del pentimento e dei buoni sentimenti; il Simbolismo come trasfigurazione di oggetti ed emozioni nella musicalità del verso. Opere del periodo napoletano: I romanzi Giovanni Episcopo (1891) e L’innocente (1893); Il poema paradisiaco (1893).

4. IL SUPEROMISMO (1892). La seconda trilogia, I ROMANZI DEL GIGLIO fiore simbolo del superuomo, della passione che si purifica, si ispira al SUPEROMISMO DI NIETZSCHE. La conoscenza della filosofia di N. è databile intorno al 1892, anno in cui D’annunzio lesse Così parlo Zarathustra e ne rimase certamente colpito, tanto da segnare una svolta intellettuale destinata a dividere in due il percorso artistico dannunziano. Sarebbe tuttavia un errore ritenere che nel poeta l’idea del superuomo sia totalmente tributaria delle teorie nietzscheane: essa è infatti già presente nel forte Vitalismo che caratterizza la poetica dannunziana fin dal Canto novo. Dal superuomo di N., il superuomo dannunziano deriva il concetto della volontà di potenza creativa e della ricerca di una gioia nuova, derivata dalla capacità di non dubitare più di sé dinanzi al mondo. Al potere del superuomo si contrappone la banalità e la cieca passività della folla, cioè della massa della civiltà moderna che minaccia la singolare eccellenza dell’eroe, e che dunque deve essere sottomessa alla sua forza creatrice. Il superuomo dannunziano coincide con l’artista, un essere superiore che in virtù della propria vitalità intellettuale e del culto della Parola, ha il diritto di dominio assoluto sulla folla, semplice strumento della sua capacità di imprimere accelerazioni alla storia umana. L’autore si convince che è esattamente la parola, nei suoi valori tanto semantici quanto musicali, la garanzia del conquistato possesso del mondo da parte del poeta-superuomo (il poeta, accanto a Nietzsche, aveva scoperto anche la musica di Richard Wagner 1818-1888 teorico del cosiddetto dramma di parole e musica che realizza la perfetta compenetrazione tra canto e orchestra, parole e musica). Il suo estetismo di matrice materialista, reperisce i mezzi verbali più congeniali- volutamente straordinari- attraverso una assoluta ricerca inesausta di vocabolari, dizionari specializzati, lessici, attingendo a opere letterarie antiche e moderne, al punto da far incorrere D’Annunzio in numerose accuse di plagio. Si accentua in questa fase l’idea di una superiorità assoluta dell’artista e della sua sintonia con la natura. Una volta raggiunta la sicurezza della parola, una volta identificato in essa l’universo privilegiato del Superuomo, la vita stessa può farsi a sua volta parola, può manifestarsi attraverso una serie di gesti clamorosi ed eccentrici che recano in sé la finzione dell’arte: la vita come opera d’arte, vecchio sogno dei Scapigliati e dei bohemiens, ma anche dei Parnassiani e in generale dei decadenti francesi, può finalmente realizzarsi sotto l’egida del Superuomo, facendo di D’Annunzio un “caso” culturale assolutamente unico nella storia della letteratura europea moderna. Il superuomo di D’Annunzio è fondamentalmente assai lontano dal suo modello nietzscheano: privo di spessore filosofico e conoscitivo, tanto gaudente, vitale e ottimista quanto l’altro appare pessimista e funebre, il Superuomo dannunziano affida la propria onnipotenza alle armi della parola: al parossismo dei sensi e della materia si può sopravvivere solo grazie al culto della parola, solo a patto di poter forgiare un linguaggio sublime e divino che sia all’altezza dell’eccezionalità dei contenuti da significare e comunicare. I tratti distintivi del Superuomo possiamo riassumerli nelle parole del critico Carlo Salinari >“culto dell’energia dominatrice, sia che si manifesti come forza o come capacità di godimento della bellezza; ricerca della propria tradizione storica nella civiltà pagana greco-romana e in quella rinascimentale; concezione aristocratica del mondo e disprezzo della massa; idea di una missione di potenza e di grandezza della nazione italiana da realizzarsi soprattutto attraverso la gloria militare; giudizio totalmente negativo sull’Italia postunitaria e necessità di energie nuove che la risollevino dal fango”. Il tema del superuomo produce i suoi interessanti effetti sia in ambito poetico che, soprattutto, nel campo della narrativa. Se Il trionfo della morte (1894) è il romanzo che fotografa la graduale metamorfosi ideologica, il romanzo-manifesto della poetica del Superuomo è Le vergini delle rocce (1895) il primo e unico romanzo della trilogia “del giglio”. Tuttavia, il primo personaggio davvero vincente che si incontra nella narrativa dannunziana è il grande poeta Stelio Effrena, incarnazione di un ideale artistico eroico, protagonista de Il fuoco (1900). Questo romanzo, unico della TRILOGIA DEL MELOGRANO, rappresenta il culmine del romanzo superomistico dannunziano, il livello più alto del suo ottimismo creativo. Giunge qui a compimento anche il processo di dissoluzione delle strutture del romanzo realista, a avntaggio di effetti musicali ispirati dalla wagneriana.

LIRICA : Accanto al romanzo, il mito superomistico alimenta anche la poesia di D’Annunzio. In questo ambito lo scrittore è debitore non soltanto del Così parlò Zaratustra, ma anche della nascita della tragedia di Nietzsche, in cui il filosofo tedesco aveva posto le forme della spiritualità greca all’origine della civiltà occidentale. In ambito lirico il mito del superuomo si sposa con la riscoperta e l’esaltazione da parte del poeta della Grecia antica, patria del “sentimento dell’energia e della potenza elevato al sommo grado”: il mito del mondo antico capace di illuminare e riscattare la decadenza del presente, si concretizza in un viaggio condotto da D’Anninzio nei siti archeologici ellenici nel 1895. Così dopo anni di dedizione alla prosa e al teatro, in una lettera del giugno 1899 D’Annunzio annuncia: “In questi giorni mi sono riaccostato alla poesia: ho scritto alcune delle Laudi del cielo, del mare, della terra degli eroi” Nasce così sul finire del 1890 il progetto delle Laudi, dedicate alla suprema ambizione del poeta-superuomo intenzionato a cantare la bellezza del mondo visibile e la gloria dell’eroe attraverso il tempo. Non si tratta solo di poesia: il richiamo del titolo alle Laudes creaturarum di S.Francesco, allude alla volonta del D’annunzio di fondare una moderna religione anticristiana, basata sul ricongiungimento dell’individuo alla potenza creatrice della natura. Il progetto delle Laudi prevede sette libri, ognuno dedicato ad una stella delle Pleiadi. Nei fatti, D’Annunzio pubblica i primi tre libri, composti tra il 1896 – 1903 : Maia (1903); Elettra (1904); Alcyone (1904). I motivi che sostanziano la poesia delle Laudi sono temi cari al Superuomo: l’esaltazione del mito attraverso un itinerario mentale e reale sulle tracce della Grecia antica; esaltazione degli eroi ed episodi del passato alla ricerca dei segni della grandezza dell’Italia (poesia di intonazione civile di stampo patriottico e nazionalistico); concezione aristocratica del mondo; fusione panica con la Natura e metamorfosi dell’uomo; intenso rapporto a carattere dionisiaco del poeta-superuomo con la Natura, fonte di inesauribile energia creativa (Vitalismo); il culto della parola. Questa poetica si riflette anche sul piano stilistico La parola sublime e “divina” è orchestrata in vista della maggiore musicalità possibile, in grado di assecondare le invenzioni della sua fantasia nella forma originale della “strofa lunga”: i testi poetici sono infatti concepiti come partiture orchestrate su una metrica ora tradizionale, ora libera, ma sempre caoace di assecondare il flusso delle immagini. Il culto della parola conosce la sua più piena realizzazione proprio nei primi tre libri delle Laudi e in particolare nell’Alcyone (1903) concordemente ritenuto il capolavoro della poesia dannunziana. In Alcyone il poeta si abbandona alla libera celebrazione dell’estate e della sua forza vitale, rifondendo il materiale poetico del Canto Novo in direzione di una ricerca stilistica che diviene l’obiettivo supremo della creazione artistica. Particolarmente efficace risulta l’utilizzo della “strofa lunga” composta da una prolungata sequenza di versi liberi, cioè di misura variabile,, ma preferibilmente breve, così da conferire agilità allo schema metrico. . Alla suggestione musicale collaborano le scelte lessicali, auliche e talvolta semplici, ma sempre ricche di particolari effetti fonici, l’uso di assonanze, allitterazioni, similitudini, metafore sinestesie volte ad ottenere una lingua poetica fortemente analogica.

5. NAZIONALISMO. Al rientro dalla Francia (1910-1915) D’annunzio manifesta di aver tradotto gli ideali superomistici di volontà di potenza in attivismo politico a base nazionalistica. Il superuomo dannunziano non veste più soltanto i panni dell’artista raffinato, ma diventa il banditore di una politica aggressiva, elitaria, antidemocratica, imperialistica. Diviene un poeta soldato, il vate d’Italia, si arruola nell’esercito italiano, combatte sul Carso, partecipa ad imprese militari marittime ed aeree ( in seguito ad un incidente aereo perde l’occhio destro, volo su Vienna; occupazione di Fiume). Alle impresa del poeta soldato fa eco sul piano letterario una poesia nazionalistica: le Canzoni delle gesta d’oltremare (1911-1912) scritte per esaltare la guerra di Libia e → confluite nel 4° libro delle Laudi dal titolo Merope; i Canti della guerra latina (1914-18) scritti per esaltare le gesta italiane durante la 1^ guerra mondiale e → confluiti nel 5° libro delle Laudi dal titolo Asterope (1932).

6. FASE NOTTURNA. PROSA LIRICA E MEMORIALE. Dopo gli anni di attivismo bellico, lo scrittore, cieco da un occhio, si dedica ad una prosa non più veemente e narrativa, virile, bensì descrittiva, a carattere memoriale, diaristico incentrata sulla trascrizione della sua “vita segreta” .La nuova prosa dannunziana diviene sfumata, frammentaria, fatta di appunti, ricordi e folgorazioni; è una prosa fortemente lirica che mira a ricreare il mito di un D’annunzio superumano la cui vista creativa, piuttosto che indebolirsi si affina con la cecità. Il capolavoro della fase notturna è il Notturno, un libro nato proprio nel periodo della cecità e poi ampliato in vista della sua pubblicazione avvenuta nel 1921. BIBL: De Caprio Giovanardi, I testi della letteratura italiana; Antonelli-Sapegno, Il senso e le forme; appunti docente.

domenica 22 aprile 2012

GABRIELE D’ANNUNZIO (1863-1938) – PRODUZIONE LETTERARIA

La produzione letteraria di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), sebbene vastissima e multiforme, presenta un profilo abbastanza unitario, nelle tematiche e nello stile: fin dal Canto Novo (1882) la sua fisionomia di scrittore risulta sufficientemente precisata e se anche gli sviluppi successivi la modificheranno in parte, non arriveranno mai a cancellarne i tratti originari. La matrice della poetica dannunziana è POSITIVISTA E MATERIALISTICA , con in più un afflato mistico che conduce spesso l’autore ad una identificazione estatica con la materia stessa, nelle forme che essa assume nei corpi della natura, nei ritmi delle stagioni. Tutto quanto abbia a che fare con il corpo, dalla sensibilità alla sensualità fino alla malattia e al disfacimento della morte, diviene per il poeta un vero e proprio oggetto di culto e di esaltazione, che si riflette nel più ampio culto delle acque e dei boschi, delle spiagge e del sole, come manifestazioni meravigliose di una irrefrenabile energia vitale. Il poeta diviene il SACERDOTE LAICO che officia i riti di una religiosità pagana e amorale, depositario di un mistero che non ha nulla di metafisico: è il mistero della bellezza che si incarna nelle forze naturali positive, e che non sopporta vincoli di ordine etico o sociale.. la bellezza per D’Annunzio non va solo contemplata: al contrario essa va usata fino in fondo in una brama di possesso e di godimento estetico che non conosce limiti. Agli albori della modernità italiana, tra Ottocento e Novecento, D’Annunzio scopre la cultura di massa e sa farsene interprete. Sempre aggiornato sui fenomeni più in voga, fonda sull imitazione la sua produzione letteraria, cogliendo abilmente di volta in volta gli umori del momento e rielaborando in modo originale. I modelli più disparati.  L’esordio poetico di D’annunzio con Primo vere (1879) e Canto novo (1882) è all’insegna di Giosué Carducci, rivisitato nella direzione di un’intima comunione con la natura che ispira sentimenti sensuali e vitalistici. I racconti giovanili sono ambientati in Abruzzo, terra d’origine del poeta rappresentata come luogo dalla natura ferina e istintiva, aspra e selvaggia; questi, confluiti nel volume unico Novelle della Pescara (1902), risentono l’influenza del Naturalismo francese (Flaubert e Maupassant) e del Verismo italiano (Capuana e Verga); si tratta essenzialmente di un’imitazione prevalentemente formale, poiché il D’Annunzio col suo temperamento sensuale è lontanissimo sia dalla concezione sana, operosa e virile di Carducci, sia dalla profonda moralità e pietà del Verga.  Dagli esordi giovanili carducciani e naturalistici, i percorsi dannunziani andranno sempre più intrecciandosi. Sono questi gli anni, dal 1883 in poi, in cui il D’Annunzio diventa una celebrità nei salotti romani più importanti; diventa il celebre cronista mondano di riviste importanti “Cronaca bizantina”, >“Capitan Fracassa”, la “Tribuna”, fa una fuga d’amore con la duchessina Maria Hardouin di gallese, sedotta per scopi pubblicitari, e poi sposata per obbligo di riparazione. Gli anni romani (1881-1891) sono fondamentali per al sua formazione letteraria e per la sua crescita ed evoluzione artistica: divora i libri di Flaubert, Zola, Maupassant, i versi parnassiani di Baudelaire ( in particolare I fiori del male) e Mallarmé, i romantici Keats e Shelley, il decadente Swinburne. La ricchezza di esperienze erotiche e la molteplicità delle letture alimentano non solo la narrativa di questi anni, ma anche le prove poetiche del D’annunzio romano. Il poeta infatti si orienta verso un calcolato kitsch (letteralmente: fare opera antica con materiale moderno), un indirizzo estetico di fine Ottocentoche consiste nell’accumulo di materiali eterogenei nello stesso componimento. Ciò che conta per il poeta è l’effetto strabiliante dell’insieme, e soprattutto la perfezione della forma, la cui assoluta priorità è affermata nella chiusa del primo romanzo di D’Annunzio, Il Piacere (1889) “O poeta, divina è la Parola….e il verso è tutto” Sull’esempio dei romanzi ciclici dell’Ottocento di Honoré de Balzac ( la commedia umana) DI EMILE Zola ( i Rougon Macquart), Verga (i vinti), il D’Annunzio si propose di scrivere un ciclo di romanzi distinti in tre trilogie: I ROMANZI DELLA ROSA, I ROMANZI DEL GIGLIO, I ROMANZI DEL MELOGRANO a simboleggiare le tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria su di esse. La contemplazione e il godimento della bellezza, insieme intellettuale e istintuale – L’ESTETISMO - cioè l’esaltazione della Bellezza “pura e inutile” contraddistingue i primi tre romanzi di D’Annunzio: Il Piacere (1889), L’innocente (1892), Il trionfo della morte (1894) - poi riuniti nel ciclo I ROMANZI DELLA ROSA- hanno per protagonisti raffinatissimi intellettuali, mossi dal comune desiderio di una sfrenata ricerca del piacere, che si trovano a scontrarsi in vari modi con la forza travolgente e incontrastabile della sensualità e delle passioni, e ne escono sconfitti, pagando la loro inadeguatezza con la nevrosi (Andrei Sperelli, Il Piacere), con il delitto (Tullio Hermil, L’Innocente), con la morte (Giorgio Aurispa, Il Trionfo della morte). Il vero modello de Il Piacere va cercato nel romanzo fondamentale del Decadentismo europeo, A ritroso del francese K. Huysmans. I protagonisti dei ROMANZI DELLA ROSA, il fiore simbolo della voluttà, d, pubblicato nel 1884 e subito letto e ammirato da D’Annunzio. ella passione invincibile, rappresentano simbolicamente l’autore stesso, sono delle controfigure dell’autore che si muovono nello stesso frivolo mondo nella nobiltà romana nel quale si muoveva in quegli anni D’Annunzio e ne condivideva i gusti e le inclinazioni. Non a caso il D’Annunzio forgia proprio in questi anni il proprio gusto decadente tutto nutrito di edonismo e di prezioso estetismo. Ma i personaggi suddetti non possiedono ancora la sufficiente energia vitale e sovrumana, necessaria per sopravvivere ai devastanti effetti di una vita vissuta all’insegna del puro edonismo, della sensualità scatenata: una energia che D’Annunzio riteneva esclusivo appannaggio del cosiddetto Superuomo, il mitico prodotto finale di una darwiniana selezione naturale intenta a falcidiare i più deboli e inadeguati.  La seconda trilogia, I ROMANZI DEL GIGLIO fiore simbolo del superuomo, della passione che si purifica, si ispira al SUPEROMISMO DI NIETZSCHE. La conoscenza della filosofia di N. è databile intorno al 1892, anno in cui D’annunzio lesse Così parlo Zarathustra e ne rimase certamente colpito, tanto da segnare una svolta intellettuale destinata a dividere in due il percorso artistico dannunziano. Sarebbe tuttavia un errore ritenere che nel poeta l’idea del superuomo sia totalmente tributaria delle teorie nietzscheane: essa è infatti è già presente nel forte Vitalismo che caratterizza la poetica dannunziana fin dal Canto novo. Dal superuomo di N., il superuomo dannunziano deriva il concetto della volontà di potenza creativa e della ricerca di una gioia nuova, derivata dalla capacità di non dubitare più di sé dinanzi al mondo. Al potere del superuomo si contrappone la banalità e la cieca passività della folla, cioè della massa della civiltà moderna che minaccia la singolare eccellenza dell’eroe, e che dunque deve essere sottomessa alla sua forza creatrice. Il superuomo dannunziano coincide con l’artista, un essere superiore che in virtù della propria vitalità intellettuale e del culto della Parola, ha il diritto di dominio assoluto sulla folla, semplice strumento della sua capacità di imprimere accelerazioni alla storia umana. L’autore si convince che è esattamente la parola, nei suoi valori tanto semantici quanto musicali, la garanzia del conquistato possesso del mondo da parte del poeta-superuomo (il poeta, accanto a Nietzsche, aveva scoperto anche la musica di Richard Wagner 1818-1888 teorico del cosiddetto dramma di parole e musica che realizza la perfetta compenetrazione tra canto e orchestra, parole e musica). Il suo estetismo di matrice materialista, reperisce i mezzi verbali più congeniali- volutamente straordinari- attraverso una assoluta ricerca inesausta di vocabolari, dizionari specializzati, lessici, attingendo a opere letterarie antiche e moderne, al punto da far incorrere D’Annunzio in numerose accuse di plagio. Si accentua in questa fase l’idea di una superiorità assoluta dell’artista e della sua sintonia con la natura. Una volta raggiunta la sicurezza della parola, una volta identificato in essa l’universo privilegiato del Superuomo, la vita stessa può farsi a sua volta parola, può manifestarsi attraverso una serie di gesti clamorosi ed eccentrici che recano in sé la finzione dell’arte: la vita come opera d’arte, vecchio sogno dei Scapigliati e dei bohemiens, ma anche dei Parnassiani e in generale dei decadenti francesi, può finalmente realizzarsi sotto l’egida del Superuomo, facendo di D’Annunzio un “caso” culturale assolutamente unico nella storia della letteratura europea moderna. Il superuomo di D’Annunzio è fondamentalmente assai lontano dal suo modello nietzscheano: privo di spessore filosofico e conoscitivo, tanto gaudente, vitale e ottimista quanto l’altro appare pessimista e funebre, il Superuomo dannunziano affida la propria onnipotenza alle armi della parola: al parossismo dei sensi e della materia si può sopravvivere solo grazie al culto della parola, solo a patto di poter forgiare un linguaggio sublime e divino che sia all’altezza dell’eccezionalità dei contenuti da significare e comunicare. Il tema del superuomo produce i suoi interessanti effetti sia in ambito poetico che , soprattutto, nel campo della narrativa. Se Il trionfo della morte (1894) è il romanzo che fotografa la graduale metamorfosi ideologica, il romanzo-manifesto della poetica del Superuomo è Le vergini delle rocce (1895) il primo e unico romanzo della trilogia “del giglio”. Tuttavia, il primo personaggio davvero vincente che si incontra nella narrativa dannunziana è il grande poeta Stelio Effrena, incarnazione di un ideale artistico eroico, protagonista de Il fuoco (1900). Questo romanzo , il solo composto della trilogia IL MELOGRANO, rappresenta il culmine del romanzo superomistico dannunziano, il livello più alto del suo ottimismo creativo. Giunge qui a compimento anche il processo di dissoluzione delle strutture del romanzo realista, a avntaggio di effetti musicali ispirati dalla wagneriana.

G. PASCOLI (1855-1912) - IL FANCIULLINO

Il fancilullino è uno scritto teorico articolato in 20 capitoli , la cui composizione si svolge nell’arco di un decennio. Pubblicato inizialmente a puntate sulla rivista “Il Marzocco”, compare in edizione definitiva nel 1907 all’interno del volume “Pensieri e discorsi”. Il saggio costituisce la massima espressione della sua riflessione teorica sulla poesia; Il fanciullino si presenta come una lunga e dettagliata esposizione del programma poetico dell’autore, in cui sviluppa il concetto prerazionale e intuitivo della poesia. LA POETICA DEL IL FANCIULLINO L’idea centrale della riflessione teorica è che il poeta è il solo privilegiato che riesce a dar voce al “fanciullo” – simbolo dell’irrazionale - che rimane nascosto in ognuno di noi; la poetica del fanciullino si collega al concetto di poesia intesa come “meraviglia”: come agli occhi puri e innocenti di un fanciullo il mondo appare meraviglioso e stupefacente anche nei suoi aspetti più comuni e banali, così il poeta deve saper cogliere LO STRAORDINARIO NELL’ORDINARIO, scavare nelle sensazioni fino ad isolarne tratti che sfuggono al senso comune ed esprimere quei tratti a parole, quasi come un novello Adamo che “mette il nome a tutto ciò che vede e sente”. Ma il fanciullo che è in noi è normalmente soffocato dalle esigenze della vita; esso è invece rimasto in vita nel poeta e parla e si esprime nei suoi versi. Il compito del poeta consiste nel comunicare il senso di stupore che nasce dalla conoscenza nuova e sempre diversa che hanno della realtà circostante coloro i quali possiedono la particolare facoltà di vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma non è percepito dalla maggior parte degli individui. il Pascoli teorizza la sua poetica, intimamente connessa al Decadentismo, - la poetica del Fanciullino- all’incirca negli stessi anni in cui D’Annunzio elabora il mito del "Superuomo". Questi i punti principali della poetica pascoliana:  NATURA IRRAZIONALE E INTUITIVA DELLA POESIA. Il poeta è quel fanciullino presente in un cantuccio dell’anima di ognuno di noi, un fanciullino che rimane piccolo anche quando noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, anche quando nell’età più matura siamo distratti e impegnati in attività pratiche. Il fanciullino che è in ciascuno di noi arriva alla verità non attraverso il ragionamento, ma in modo intuitivo ed irrazionale, guardando tutte le cose con stupore, con aurorale meraviglia, come fosse la prima volta: Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perché d’un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporti nell’abisso della verità. Anche la poesia, per Pascoli, deve essere spontanea e intuitiva, come intuitivo è il modo di conoscere e di giudicare dei fanciulli. C’è in Pascoli, dunque, l’idea della poesia “pura”, genuina espressione del sentimento, immune da interferenze intellettualistiche e da ogni finalità pratica. La poesia tradizionale secondo Pascoli non sa di guazza e d’erba fresca: essa non ha la spontaneità e lo stupore della percezione fanciullesca, sovraccarica com’è di raffinatezza letteraria, di schemi retorici. La poesia, inoltre, deve essere pura e istintiva perché il fanciullo non s’intende di problemi politici o morali, né di lotte sindacali e di ideologie; una poesia che s’interessa programmaticamente di questi problemi è poesia applicata e si risolve in propaganda o retorica.  POTERE ANALOGICO E SUGGESTIVO DELLA POESIA. Se il poeta-fanciullo arriva alla verità in maniera alogica e irrazionale, per folgorazioni intuitive, la poesia allora deve affidarsi all’intatto potere analogico e suggestivo dei suoi occhi, non ancora inquinati da alcuno schema mentale, culturale, storico. Gli occhi del fanciullo scoprono nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose; adattano il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario; impiccioliscono per poter vedere, ingrandiscono per poter ammirare, giungendo, immediatamente e intuitivamente, quasi per suggestione, al cuore delle cose, al mistero che palpita segreto in ogni aspetto della vita.  POESIA COME SCOPERTA e CONOSCENZA : VALORE GNOSEOLOGICO DELLA POESIA. La poesia non è invenzione, ma conoscenza e scoperta : scoperta di una realtà ultrasensibile che solo che solo il poeta , grazie alla sua particolare sensibilità di “fanciullo”, sa cogliere e decifrare (A.Rimbaud, Lettera del veggente). Poesia è trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima; e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente, e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra anima. La poesia ci mette in comunicazione immediata con il mistero che è la realtà vera dell’essere, essa è un mistico contatto con l’anima delle cose, è la forma suprema di conoscenza.  IL SIMBOLISMO. Il fanciullo-poeta non riesce a cogliere i rapporti logici di causa ed effetto tra le cose, a fissarle in un insieme o sistema coerente. Gli oggetti vengono piuttosto percepiti in modo isolato e svincolato dal contesto, scatenando così l’immaginazione del poeta che li carica di significati nuovi, antichi ricordi o esperienze del proprio universo immaginario, e ne fa un simbolo. Ecco allora che l’”aratro dimenticato” in mezzo al campo diventa il corrispettivo di una vita solitaria, di uno stato d’animo pervaso di malinconia e di tristezza. L’«albero spoglio e contorto» diventa simbolo dell’angoscia dell’uomo; il «nido vuoto» simbolo della casa vuota delle presenze familiari; i «fiori» simbolo dell’inquietudine e del peccato, della incomunicabilità dell’esistenza umana, gli annunciatori della morte. Tutta la poesia pascoliana è intrisa di simboli, perché la realtà che essa rappresenta è il mistero insondabile che circonda la vita degli esseri viventi e del cosmo. Il poeta è teso ad esprimere i palpiti arcani, le rivelazioni delle cose, le illuminazioni dell’ignoto. Il simbolismo pascoliano – e in generale tutta la sua sensibilità decadente- come rileverà anche successivamente Eugenio Montale, pur avvicinandosi a quello europeo, resta ancora un atteggiamento ristretto provinciale, più istintivo che consapevole e programmatico, perché modesti furono in verità i contatti del poeta con la cultura europea, ridotte le sollecitazioni esterne. (Il simbolismo pascoliano non raggiunge la profonda coscienza, la medesima tensione visionaria, l’agonismo conoscitivo del Simbolismo francese).  POESIA DELLE UMILI COSE. Se la poesia è nelle cose stesse, nel particolare poetico, allora anche i motivi della poesia non necessariamente devono essere grandiosi ed illustri, o avere il fascino dell’antico e dell’esotico, quel fascino che tanto ammalia i poeti del secondo Ottocento francese. Per il poeta, come per il fanciullo, sono degne di canto anche le piccole cose, umili, quotidiane, familiari, le piante più modeste, i piccoli animali, gli eventi del mondo naturale e campestre. La poesia del Pascoli canta l’umile fatica delle lavandare ,la famiglia raccolta attorno alla tavola, i frulli d’uccelli, lo stormire dei cipressi, il lontano cantare di campane, il tuono, il lampo. La tematica, delle piccole cose è legata all’universo contadino, un mondo semplice e schietto intriso di sacralità e di arcana saggezza, da cui il Pascoli proviene e al quale sempre rimane fedele.  FUNZIONE CONSOLATRICE DELLA POESIA. La poesia, oltre a rappresentare uno strumento di conoscenza della realtà ultrasensibile, svolge una suprema funzione civile e morale: Il poeta, se e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce ispiratore di buoni e civili costumi, d’amor patrio e familiare e umano. E’ la poesia che persuade l’uomo ad accontentarsi del poco e del suo stato, perché pone un soave e leggero freno all’instancabile desiderio, quello di crescere socialmente. La poesia, dunque, invita alla fratellanza contro la comune infelicità, e non alla lotta di classe che divide; invita alla conciliazione delle contraddizioni, ad una comunione degli uomini nella rassegnazione per una impossibile felicità. Ma tale rassegnazione, è evidente, lascia regressivamente il mondo com’è, con le sue disuguaglianze, le sue miserie, le sue sopraffazioni.

domenica 15 aprile 2012

G. PASCOLI (1855-1912) - Parte II

TEMI DELLA POESIA PASCOLIANA

IL TEMA AGRESTE: la realtà contadina è accuratamente descritta dal poeta in veri e propri dipinti poetici, quadretti di vita contadina ( l’aratura, la sfogliatura, il crocchio delle comari, la veglia serale) che procedono dalla descrizione esterna dei campi fino all’interno familiare. La realtà contadina è tanto più accuratamente descritta, quanto più Pascoli vi individua il luogo innocente e paradisiaco della propria infanzia, un mondo schietto, custode di saggezza atavica, di sentimenti autentici, di innocenti virtù. Da qui l’attenzione minuziosa del Pascoli per i dettagli paesaggistici che si ampliano di una suggestiva notazione fotografica, l’attenzione per i particolari anche minimi del mondo della campagna, con un raffinato gusto per il dettaglio che ha fatto parlare di “impressionismo” pascoliano.
Sotto l’apparenza dell’idillio, del quadretto lirico di intonazione agreste, si muovono contenuti misteriosi e nascosti. Ecco che il mondo fenomenico, realisticamente e puntigliosamente descritto, si arricchisce in Pascoli di una potente carica simbolico – evocativa.
Il motivo agreste ha dato vita a una poesia prettamente lirica e di ispirazione “umile”, dedicata alla realtà contadina, alla quotidianità agreste evocata già nel titolo della sua prima opera, Myricae(cioè tamerici, piccoli arbusti sempreverdi, sgraziati e assai diffusi) e poi ripresa e continuata idealmente nella raccolta I canti di Castelvecchio.

• Il motivo georgico si esprime attraverso il TEMA DELLA NATURA: in Pascoli rivivono, in chiave simbolica, le incontaminate virtù del paesaggio della Garfagnana (dove il poeta visse dal 1895, in compagnia dell’ adorata sorella Maria) che si arricchisce di suggestioni simboliche e irrazionali (San Mauro di Romagna, custode di antichi e felici ricordi d’infanzia, Castelvecchio di Barga)
PREVALENZA della MEMORIA, del SOGNO, DEL SIMBOLO sulla realtà: ciò si realizza in Pascoli mediante la regressione inconscia del suo mondo psichico; si esprime attraverso la dimensione onirica e simbolica del RICORDO come della evocazione nostalgica del passato; il mito dell’infanzia come sogno di innocenti illusioni e di speranze di felicità.

VISIONE TRAGICA DEL MONDO - TEMA DELLA MORTE E DEL DOLORE: la fuga dalla realtà, la regressione emotiva e psicologica dell’autore, il contrasto tra ideale/reale, il Simbolismo. Il sentimento della morte, che alimenta incessantemente la produzione artistica del Pascoli, in gran parte legato al trauma originario della morte del padre, si esprime mediante la descrizione di orfani, morti precoci di neonati, madri in lacrime. Il motivo funebre si fonde intimamente col TEMA AGRESTE e col tema della NATURA . La Natura si carica di un intrinseco e spiccato potere evocativo, di una accentuata valenza simbolica e diviene partecipe, attraverso dettagliati quadretti di vita rurale e domestica, del dolore immenso del poeta, del suo profondo disagio esistenziale. Paesaggio naturale e motivo funebre generano un Simbolismo fatto di descrizioni quotidiane, di segni appena percepibili, ma fortemente inquietanti che producono angoscia. Profondo legame tra vita psichica e vita cosmica: la natura magnanima e benevola, custode di un antico sogno di felicità, osserva con profonda commozione le sciagure umane, partecipa impotente alla disperazione del mondo “atomo opaco del male”.


IL TEMA DEL NIDO: è il vero e proprio sottofondo psicologico non soltanto di Myricae e di Canti di Castelvecchio, ma di tutta la produzione letteraria del Pascoli. Il mito del nido, nel quale si organizzano il focolare domestico e il vincolo parentale , rappresenta un universo chiuso e protetto, un guscio protettivo riscaldato dall’affetto sincero e incondizionato dei cari. L’esaltazione costante che il pascoli fa del legame di sangue, conduce il poeta ad esaltare e a mitizzare un modello di società agraria e di tipo patriarcale, non contaminata dal progresso, né da ideologie utilitaristiche. Il Pascoli si fa nostalgico sostenitore di un modello di società antica, preindustriale, destinata, ad una lenta ed inesorabile dissoluzione, minacciata ormai dall’ombra della morte a causa della pressione della modernità urbana, che il poeta osserva con orrore e sgomento. Il nido, dunque, rappresenta un luogo psicologico protettivo, un rifugio ideale nel quale convivono il rimpianto di un eden antico (e ormai perduto) e la feroce ossessione dei legami con i familiari.
IL TEMA DEL NIDO SI COLLEGA AD UN DESIDERIO DI REGRESSIONE INCONSCIA E DI FUGA DALLA REALTA’.
• UMANITARISMO e NAZIONALISMO: in Pascoli convivono una accentuata sensibilità decadente e una componente ideologica che portano il poeta ad esprimere la propria idea sociale improntata a un umanitarismo e ad una generica simpatica per le classi diseredate, i cui mali cesserebbero solo in una società contraddistinta dalla equa diffusione della piccola proprietà terriera.
L’umanitarismo del Pascoli interpretava la visione sociale della piccola borghesia di provincia, saldamente legata ai valori della TERRA E DELLA FAMIGLIA.
Accanto all’ideale umanitario, si sviluppa successivamente nel poeta anche un sentimento di entusiastica esaltazione patriottica. L’ambiente culturale italiano tra l’Ottocento e il Novecento è fortemente nutrito di spinte nazionalistiche e il Pascoli, ideologicamente fragile, non resta immune dal clima di generale ed entusiastica esaltazione patriottica. Ciò accade, in particolare, dagli inizi del 900, allorché nel 1905, dopo aver insegnato a Messina e a Pisa, il poeta succede nel 1905 a G. Carducci come docente di Letteratura italiana presso l’università di Bologna. Il nuovo ruolo accademico opprime il poeta di grandi responsabilità ufficiali: egli raccoglie dal grande predecessore l’eredità di poeta vate dell’Italia monarchica.
Dunque, alla viglia della 1^ guerra mondiale in pascoli si registra un ulteriore, inevitabile, sviluppo del sua pensiero politico, una significativa involuzione ideologica: impressionato dalla minaccia dei conflitti generati dai contrapposti interessi delle nuove classi operaie e del capitalismo, egli passa da un atteggiamento umanitaristico di matrice socialista, vicino alle sofferenze degli umili e a un modello di società arcaica, ad un atteggiamento di adesione alla politica nazionalistica del tempo, in aperto sostegno della politica e della cultura imperialistica, sostenendo ad esempio, l’impresa coloniale dell’Italia ai tempi della guerra in Libia(1911-12). Basti pensare all’ultimo celebre Discorso ufficiale pronunciato dal poeta nel 1911 in onore dei morti e feriti italiani nella guerra contro i turchi per la conquista della Libia, “La grande proletaria si è mossa” (discorso ricco di enfasi oratoria, celebrazione della politica colonialista esaltazione della tradizione imperiale di Roma )
L’involuzione ideologica del Pascoli, dal Socialismo populista al Nazionalismo non sarebbe rimasto un caso isolato.

Seguendo il complesso percorso artistico ed ideologico del Pascoli rileviamo una produzione poetica varia per stile e contenuti.

>• PASCOLI DECADENTE
(Decadentismo, Simbolismo, Naturalismo) → Myricae, Canti di Castelvecchio
PASCOLI IDEOLOGICO: POESIA ATTENTA ALLE TEMATICHE SOCIALI, DI ISPIRAZIONE UMANITARIA → i Poemetti (1897); Primi poemetti (1904); Nuovi Poemetti (1909)
POESIA CIVILE E PATRIOTTICA → Odi e inni (1906); Canzoni di Re Enzo; i Poemi italici (1911) i Poemi del Risorgimento (1910-1912); Pensieri e Discorsi (1907)
PASCOLI CLASSICISTA → Poemi conviviali (1904)


LINGUA E STILE IN PASCOLI

Con Pascoli assistiamo al profondo sovvertimento della lingua poetica tradizionale; ciò si manifesta nella sua mirabile capacità di dar voce all’irrazionale e di gestire musicalmente le parole: sono queste le caratteristiche della poesia pascoliana che hanno agito durevolmente sulla tradizione lirica del Novecento. I più illustri critici di G.Pascoli - Renato Serra, G. Contini, Giacomo Debenedetti, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini ) hanno evidenziato la carica innovativa della sua lingua poetica, collocando la produzione artistica del pascoli tra le più significative avanguardie artistico- letterarie del 900. Gianfranco Contini, in particolare, ha sottolineato
IL POTERE EVOCATIVO DEL LINGUAGGIO ONOMATOPEICO “AGRAMMATOCALE” O PREGRAMMATICALE, spesso usato accanto a termini tecnici e gergali con potenti effetti espressivi.

Lo Sperimentalismo stilistico si manifesta in Pascoli attraverso
IL FONOSIMBOLISMO: organizzazione del suono in parole che richiamano alla mente immagini e sensazioni. Il Fonosimbolismo si realizza mediante lo strumento dell’ ONOMATOPEA: figura retorica per cui il suono della parola imita il suono dell’oggetto designato; i suoni delle parole possono dunque assumere significati evocativi autonomi, cioè possono significare di per sé, non solo in quanto si combinano a significare la parola. Es: “dlin…dlin” della bicicletta, “tri… tri” dei grilli; “cu… cu” del cuculo, il “chiù” dell’assiuolo.
ANALOGIA: procedimento retorico forgiato dai più grandi poeti romantici che diventa la risorsa espressiva primaria dei Decadenti e dei Simbolisti. Consiste nella connessione fulminea tra due concetti o immagini, più rapida della similitudine e tutta fondata su uno scatto metaforico che conduce alla rapida sintesi di due elementi.
ALLITTERAZIONE: figura retorica che consiste nella ripetizione degli stessi fonemi in due o più parole vicine.
ASSONANZA: si ha quando due o più parole al termine del verso presentano le medesime vocali a partire da quella tonica.
SINESTESIA: associazione espressiva di parole pertinenti a sfere sensoriali differenti.
LA PRECISIONE E NITIDEZZA LESSICALE : uso di una lingua poetica nuova che abolisce i termini aulici della tradizione letteraria, perché ritenuti generici e vaghi, a favore di una sterminata nomenclatura specifica - uso di termini tecnici - per indicare con esattezza tecnica fiori, piante, animali, attrezzi da lavoro). Riscontriamo in ciò tracce della lezione del Positivismo e del Naturalismo.
L’IMPRESSIONISMO PASCOLIANO: la precisione e la nitidezza lessicale SI TRADUCE in uno stile pittorico impressionistico, fatto di tocchi rapidi di denso cromatismo. Alcune delle più celebri liriche appaiono dei veri e propri quadretti descrittivi, vividi e accurati. La lirica “Patria” rappresenta uno dei culmini dell’impressionismo pascoliano. Così il poeta definisce le nuvole “bianche spennellate/in tutto il ciel turchino”. L’Impressionismo pascoliano è affidato a una rapida sequenza di immagini, a una successione di note visive accostate tra loro da un’interpunzione fitta, costituita prevalentemente da due punti e virgole, con un tocco rapido derivante dalla prevalenza di uno stile nominale “Siepi di melograno/ fratte di tamerice/ il palpito lontano/ d’una trebbiatrice / l’angelus argentino”.
PLURILINGUISMO→ USO DI TERMINI TECNICI E GERGALI, LATINISMI, VOCABOLI STRANIERI (vedi ad es. il poemetto Italy)
ESPRESSIONISMO LINGUISTICO: il gusto del vocabolo preciso diventa in Pascoli una puntigliosa registrazione del parlato popolare che si introduce con forza espressiva nelle strutture della lingua poetica; contaminazione linguistica tra la lingua poetica -i modi linguistici tipici della Garfagnana (vedi ItaY, tutto fondato sulla contaminazione linguistica tra il dialetto garfagnino, l'inglese e l'italiano anglicizzato degli emigranti in visita italiana).

mercoledì 11 aprile 2012

AGLI ALUNNI DELLA V F

Domani, giovedì 12 aprile 2012, in luogo della lezione di Latino, faremo italiano (Dante). Raccomando a tutti di portare il libro di testo. Saluti. La Prof

venerdì 6 aprile 2012

domenica 1 aprile 2012

G. PASCOLI (1855-1912) - Parte I

G. Pascoli nasce nel 1885 a San Mauro di Romagna in provincia di Forlì, quarto di dieci figli di Ruggero e di Caterina Vincenzi Alloccatelli. Il padre, amministratore della tenuta “La Torre” dei principi Torlonia, poteva garantire alla numerosa famiglia un’ agiata condizione economica. Dai sette ai quattordici anni Giovanni studia nel collegio dei Padri Scolopi di Urbino, particolarmente versati nell’insegnamento delle Lettere classiche. La vita del poeta fu segnata per sempre da una tragica catena di lutti che inizia fatalmente il 10 agosto 1867. Il quel giorno il padre Ruggero fu ucciso da una fucilata sulla via del ritorno a casa; l’anno successivo muore di tifo la sorella maggiore Margherita, seguita a pochi giorni di distanza dalla madre, colpita da un’improvvisa cardiopatia; più tardi , nel 1871, una meningite stronca il fratello Luigi. Infine muore di tifo anche il fratello Giacomo. Il Pascoli si ritrovò così a fronteggiare una situazione economica fattasi improvvisamente assai difficile.
Nel 1873 Pascoli vince una borsa di studio che gli consente l’iscrizione alla facoltà di Lettre dell’Università di Bologna. Qui Il poeta aderì alle idee socialiste ed anarchiche e prese parte anche a manifestazioni studentesche di protesta; per questa ragione perde la borsa di studio e viene anche arrestato, rimanendo in carcere per tre mesi. Finalmente a 27 anni si laurea, discutendo una tesi sul poeta greco Alceo, e intraprende la carriera di insegnante liceale di latino e greco, carriera che lo porterà a stabilirsi dapprima a Matera, successivamente a Massa, poi a Livorno.
A Massa, nel 1885, il poeta chiama a vivere con sé le due sorelle minori Maria (Mariù) e Ida, ricostruendo a finalmente quel “nido” che il destino aveva distrutto e inaugurando uno stile di vita non privo di aspetti morbosi, basato sul culto dei morti e sul tacito patto di non farsi una famiglia propria, rispettando una sorta di voto di castità ( “Il mio cuore è tutto pieno di Ida e maria. Se a Livorno non guardo le donne, quando sono a Roma o a Firenze le guardo con orrore! Oh le mie due piccine! O Ida! O Maria! E mi addormmento col vostro nome, stringendo quella crocettina!” ). La riunione della famiglia, dopo tanti lutti, la faticosa ricostituzione del nido, è un momento di grande importanza per l’equilibrio pscicologico del Pascoli.
Il 1895 è un anno cruciale nella vita del Pascoli: la sorella Ida si sposa, e quel matrimonio è sentito da Giovanni e Maria come un vero e proprio tradimento che sconvolge ulteriormente i loro già fragili equilibri psichici ed esistenziali. Ancora, nel 1895 si stabilisce con la sorella Maria a Castelvecchio di Barga, in provincia di Lucca, che diverrà la sede definitiva del loro nido, pur mutilato dalla defezione di Ida.
Nel 1898 Pascoli è nominato professore ordinario di letteratura latina all’università di Messina; successivamente viene chiamato dall’università di Pisa; infine nel 1905 è chiamato dall’università di Bologna a succedere a Giosué Carducci nella cattedra di letteratura italiana: il poeta accetta, ma l’insegnamento bolognese sarà sempre fonte di angosce per il difficile confronto con il predecessore, che pure era stato uno dei massimi estimatori della sua opera. Morì nella sua casa di Castelvecchio nel 1912.

LA PRODUZIONE LETTERARIA

A partire dagli anni Novanta, il Pascoli arriva a definire le principali linee della sua poesia in raccolte poetiche differenti e spesso parallele. Le maggiori raccolte poetiche di G. Pascoli sono: Myricae (1891), i Poemetti (1897)– divisi poi in Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909)- I Canti di Castelvecchio (1903), I poemi conviviali (1904), Odi e Inni (1906).
Occorre tener presente che Pascoli , come Carducci, porta avanti in parallelo diversi generi poetici in cui articola l’insieme del suo lavoro poetico:
 una poesia prettamente lirica e di ispirazione “umile”, dedicata alla realtà contadina, alla quotidianità agreste evocata già nel titolo della sua prima opera, Miricae( cioè tamerici, piccoli arbusti sgraziati e assai diffusi) e poi ripresa e continuata idealmente nella raccolta I canti di Castelvecchio;
una poesia a carattere narrativo, affidata a lunghi componimenti raccolti nei Poemetti;in essi il poeta affronta anche tematiche a carattere sociale e umanitario;
 una poesia di argomento classicistico e impegnativo, riversata nei Poemi conviviali;
una poesia a carattere civile e patriottico: Odi e Inni, Le canzoni di re Enzio, I poemi italici, I poemi del Risorgimento.

In Pascoli abbiamo la compresenza di più “maniere” poetiche che egli frequentava contemporaneamente, mutando di volta in volta l’impostazione stilistica e le scelte tematiche di fondo. Le sue raccolte poetiche non si concludono in brevi spazi temporali, ma rappresentano un percorso stilistico prolungato nel tempo: ciò è testimoniato dalle numerose e successive edizioni che le caratterizzano. Le raccolte costituiscono cioè dei contenitori sempre aperti, che accolgono nel corso del tempo i vari prodotti poetici, a seconda delle loro caratteristiche. Lo stesso Pascoli era bel consapevole di ciò, tanto che pensò di contraddistinguere i diversi volumi delle sue opere con un motto tratto dai versi iniziali della IV Egloga di Virgilio(Sicelides Musae, paulo maiora canamus./ Non omnes arbusta iuvant humilesque myricae).
Pertanto le raccolte Miricae e Canti di Castelvecchio - ispirate al motivo georgico - recano il motto “Arbusta iuvant humilesque myricae”; i Primi e i Nuovi poemetti recano il motto “Paulo maiora”; Odi e Inni >“Canamus”; i Poemi conviviali “Non omnes arbusta iuvat”.