venerdì 23 marzo 2012

Quintiliano – Institutio oratoria I, 9-10 “L’ideale del perfetto oratore”

Intendiamo educare (instituimus), ora, quel perfetto oratore, il quale non può che essere un uomo onesto, e perciò ricerchiamo (exigimus) in lui non solo una straordinaria capacità oratoria (eximiam facultatem dicendi), ma tutte le virtù d’animo. Né infatti potrei ammettere ciò (neque enim concesserim hoc: cong. potenziale) - come alcuni hanno pensato - che una condotta di vita retta e onesta sia da attribuire eslusivamente (relegandam esse: perifr.passiva) ai filosofi, dal momento che, giustamente, quell’uomo di Stato assegnato (accomodatus) all’amministrazione delle cose pubbliche e private, che possa governare le città con le sue deliberazioni (qui possit regere urbes consiliis)i, renderle stabili con le leggi , migliorarle con i giudizi, altro non è, in verità, che l’oratore.

Testo originale

Oratorem autem instituimus illum perfectum, qui esse nisi vir bonus non potest, ideoque non dicendi modo eximiam in eo facultatem sed omnis animi virtutes exigimus. Neque enim hoc concesserim, rationem rectae honestaeque vitae, ut quidam putaverunt, ad philosophos relegandam, cum vir ille vere civilis et publicarum privatarumque rerum administrationi accommodatus, qui regere consiliis urbes, fundare legibus, emendare iudiciis possit, non alius sit profecto quam orator.


Instituo, is, stitui, stitutum, ere 3
Possum, potes, potui, posse
Exigo, is, egi, actum, ere 3
Concede, is, cessi, cessum,ere 3
Rego, is , rexi, rectum, ere 3
Fundo, as, avi, atum ,are

giovedì 22 marzo 2012

GENESI DEL DECADENTISMO; POETICHE DEL DECADENTISMO

Il Decadentismo nasce sulla base dell’Irrazionalismo che scaturì nella seconda metà dell’Ottocento come reazione al Positivismo e alla diffusa fiducia riposta nei valori positivi del Progresso. La sfiducia nella ragione determinò i campo morale la crisi dei valori tradizionali (libertà, patria, progresso) generando insicurezza ed angoscia esistenziale che, presente in tutte le civiltà, da quella precristiana a quella cristiana, era stata lenita e consolata ora dalla fede in Dio e nella divina Provvidenza, ora dalla fiducia nel Progresso. Venute meno queste due certezze, l’intellettuale decadente appare privo di riferimenti ideali, avverte un senso di solitudine e di alienazione, avverte una profonda frattura tra sé e la società civile.
Alla fine dell’Ottocento filosofi, matematici e scienziati avevano rilevato i limiti del Positivismo e del Metodo scientifico tradizionale al quale si riconosceva il carattere pratico di classificare e spiegare i fenomeni naturali, negando tuttavia il carattere assoluto e definitivo alle conoscenza scaturite dall’applicazione del metodo stesso. Successivamente i limiti alla scienza tradizionale saranno resi più evidenti dalla TEORIA DELLA RELATIVITA’di A. Einstein (1879 –1955) e dal successo della nuova Fisica di Bohr, di Plank, di Heisenberg che, in contrasto con la Fisica classica di Galilei e Newton, fondata sull’ordine meccanicistico della natura e sulla prevedibilità dei fenomeni naturali – diventa una scienza probabilistica che ammette anche un certo margine di indeterminatezza, di imprevedibilità, di relatività dei fenomeni, in quanto dipendenti dal luogo, dalla velocità, dalla direzione del movimento.
Dalla crisi del Positivismo derivarono nuove correnti filosofiche spiritualistiche ed irrazionalistiche, come l’esistenzialismo, l’intuizionismo di Bergson, l’immanentismo di Blondel, il Pragmatismo di James,il Neoidealismo Di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile.
Tuttavia, il filosofo della decadenza è senza alcun dubbio il tedesco F.Nietzsche (1844 – 1900), l’ultimo frutto - esasperato- del soggettivismo romantico. Questi, muovendo dai medesimi presupposti di A. Schopenauer (1788 –1860), critica, in un prospettivismo storico, la lunga e costante sopravvalutazione della Ragione rispetto alla Natura, come espressione di volontà. Nietzsche evidenzia come la cultura occidentale, a partire da Socrate e Platone (VI se. A. C.) avesse tentato sempre di mistificare la verità, affidando il primato assoluto alla Razionalità come molla propulsiva delle azioni umane, come principio assoluto della Volontà:
- nel Medioevo la Ragione si identificava con il misticismo e la trascendenza ( per cui la via della razionalità era quella che conduceva a Dio);
- dal Rinascimento in poi (vedi Galilei, Newton, il Positivismo) la Ragione viene ad identificarsi con la Natura, la ragione è immanente alla Natura , l’uomo può cogliere la razionalità immanente nella Natura e dominarla; egli ha il potere di decifrare i fenomeni naturali mediante l’applicazione di leggi matematiche universali.
- In età contemporanea la menzogna della cultura occidentale si è perpetrata: l’uomo dell’Ottocento è portato per istinto e per lunga tradizione culturale a non ammettere la costitutiva caoticità del reale, a non ammettere il primato della Natura ( e della sfera della corporeità, non certo della Ragione) come manifestazione di “volontà di”. L’uomo contemporaneo è, per Nietzsche, l’espressione di una società ammalata, che ha voltato le spalle al vero. Anche l’affermazione, nell’Ottocento, del principio socio-politico di uguaglianza, da cui le ideologie socialiste - il marxismo e il comunismo - si fonda sul tentativo, illusorio, di riconoscere un principio di razionalità nell’affermazione dell’egualitarismo sociale.
Nietzsche è l’emblema dell’intellettuale moderno che , ritenendosi superiore, dunque “sano” per aver finalmente intuito e riconosciuto i limiti della razionalità, si trae fuori dalla società malata: il Superuomo di Nietzsche è un uomo che è “oltre” in quanto ha avuto il coraggio di ripudiare l’antica menzogna della cultura occidentale e ribaltare i parametri tradizionali della conoscenza, ponendo al primo posto la Natura, intesa come la più sublime manifestazione della “volontà di potere”.

Altro contributo importante alla definizione della cultura decadente è la nascita della Psicanalisi ad opera S. Freud (1856-1939) che rappresenta, insieme a Ch. Darwin, il frutto più maturo del Positivismo ottocentesco. Freud rileva che l’uomo non è il padrone assoluto della propria natura (IO): l’uomo è allo stesso tempo schiavo dell’ES, schiavo di pulsioni interiori incoercibili e incontrollabili, che sfuggono alla nostra coscienza razionale. Queste pulsioni, necessarie al nostro organismo, riguardano la sfera dell’Autoconservazione (mangiare, dormire, ecc) e della Riproduzione (impulsi sessuali), sono tenute sotto controllo dal SUPERIO che agisce da filtro sull’ES, e fa sì che solo alcune di esse possano manifestarsi nell’IO razionale. Solo in situazioni particolari l’azione condizionante esercitata dal Superio viene meno, sicché l’inconscio può emergere e manifestarsi liberamente: ciò accade, ad esempio, nel sogno, nel sogno ad occhi aperti (i viaggi della fantasia), nell’ipnosi, nella creazione artistica.
Oltre alla GENESI FILOSOFICA incentrata sulla sfiducia nella ragione, va individuata, nella nascita e nello sviluppo del Decadentismo, una GENESI STORICA.
Fin dalla meta dell’Ottocento, soprattutto in Paesi economicamente evoluti come la Francia e l’ Inghilterra, si assiste ad un forte impulso di industrializzazione e urbanizzazione. I mutamenti economici e morali che ne derivano sono per più versi traumatici. Non manca una perdurante sensazione di instabilità, dovuta sia alle periodiche recessioni economiche, sia alle insoddisfazioni delle classi più deboli, continuo alimento di contrasti sociali.Inoltre, gli ideali romantici e positivistici vennero progressivamente smentiti dai conflitti nazionali e internazionali che segnarono l’Europa tra la fine del sec. XIX e l’inizio del secolo successivo.
Il dato storico-sociale più rilevante resta, tuttavia, l’affermazione della classe borghese, con la definitiva affermazione della mentalità affaristica, per cui il criterio morale più alto diventa quello dell’operosità fruttuosa, dell’efficienza, della concretezza. Dal progressivo affermarsi dello spirito borghese, scaturiscono ben presto in Europa dottrine capitalistiche ed imperialistiche.

LE POETICHE DEL DECADENTISMO

Il Decadentismo rappresenta, in generale, non un movimento unitario ed organico, bensì un fenomeno estetico e letterario di ampia portata, una somma di esperienze artistiche che segnano una svolta radicale rispetto ai paradigmi culturali tradizionali, costituendo il fondamento della nuova cultura novecentesca. Per questa ragione dal Decadentismo, incentrato sul primato dell’inconscio individuale e sull’evasione dalla realtà borghese diviene un fenomeno europeo che assunse sfumature peculiari e che riguardò non soltanto la letteratura ( e la poesia , in particolare) , ma anche l’arte, la pittura, la musica, il costume sociale. Dal Decadentismo scaturirono poetiche particolari, come il Simbolismo, l’Estetismo, il Surrealismo, il Dadaismo, il Crepuscolarismo, il Futurismo, l’Ermetismo.

IL SIMBOLISMO sorge in Francia per iniziativa di JEAN MOREAS(1856-1910) che ne pubblicò il manifesto sul “Figaro” del 18 settembre 1886, l’anno stesso della pubblicazione della rivista “Le Decadent”. Il Simbolismo prende spunto da una celebre lirica di Ch. Baudelaire, Correspondances (da “I Fiori del male”): “ E’ un tempio la natura, dove a volte parole/ escono confuse da viventi pilastri/ e che l’uomo attraversa tra foreste di simboli/ che gli lanciano occhiate familiari./ Come echi che a lungo e da lontano/tendono a un’unità profonda e oscura,/vasta come le tenebre o la luce, / i profumi, i colori e i suoni si rispondono./Profumi freschi come la carne d’un bambino, /dolci come l’oboe, verdi come i prati/e altri d’una corrotta, trionfante ricchezza,/con tutta l’espansione delle cose infinite:/l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino,/ che cantano i trasporti della mente e dei sensi”.
Per i simbolisti la realtà vera non è quella fenomenica, bensì è qualcosa di profondo e misterioso che vive sotto le parvenze sensibili: solo il poeta è il “veggente” ossia l’esploratore del mistero, dell’inconscio e dell’assoluto a cui perviene per improvvise folgorazioni e intuizioni, scoprendo l’universale corrispondenza e analogia delle cose. Solo il poeta è in grado di decifrare e comprendere le voci arcane provenienti dal subcosciente, cogliere le corrispondenze misteriose che legano l’uomo e le cose all’universo, oppure contemplare le cose come simboli o segni del mistero che è al di là della realtà percepita dai sensi. il poeta veggente è il traduttore, il decifratore di una realtà oltre il visibile che si disvela solo allo sguardo attento e illuminato dell’artista.
Ascoltando le voci provenienti dagli abissi interiori dell’inconscio, o dagli abissi dello spazio, il poeta decadente acquista coscienza della propria universalità e si ricongiunge al Tutto, cioè al principio originario della vita dell’universo. Da qui scaturisce il Panismo (dal greco “pan”, “tutto”)dei Simbolisti e dei Decadenti in genere. Panismo è la tendenza a confondersi e ad immedesimarsi col Tutto, con l’Assoluto. Il Simbolismo fu un movimento letterario che investì anche il campo delle arti figurative, basti pensare alle raffinate composizioni cromatiche di Gustave Moreas (1826-1898), o alle opere dal carattere “visionario” del più giovane artista Odilon Redon (1840-1916).

L’ESTETISMO è una poetica che si fonda sul culto esasperato della forma e della bellezza che l’esteta spinge fino a concepire la propria esistenza come una manifestazione artistica. I decadenti riprendono il concetto romantico del legame arte-vita ribaltandone i termini: non la vita deve ispirare l’arte, ma l’arte deve modellare e ispirare l’esistenza dell’artista, mosso nella perenne ricerca del vivere inimitabile(D’Annunzio). Vita e arte, dunque, devono coincidere, e la ricerca della Bellezza non deve riguardare solo le opere, ma anche la quotidianità, la cui ricercatezza vuole ribadire la superiorità aristocratica dell’artista nei confronti di una vita ordinaria e squallida, rivolta semplicemente al guadagno. Campioni dell’estetismo europeo sono gli scrittori Joris Karl Huysmans (1848 –1907) autore del romanzo “A rebours”, Oscar Wilde (1854-1900) con “Il ritratto di Dorian Gray”, Gabriele D’Annunzio (1863 –1938) autore de “Il Piacere”.

mercoledì 21 marzo 2012

Seneca – De brevitate vitae I - III “ La brevità della vita e il suo cattivo uso”

Maior pars mortalium,Pauline,de naturae malignitate conqueritur,quod in exiguum aevi gignimur,quod haec tam velociter,tam rapide dati nobis temporis spatia decurrant,adeo ut exceptis admodum paucis ceteros in ipso vitae apparatu vita destituat.Nec huic publico,ut opinantur, malo turba tantum et imprudens volgus ingemuit; clarorum quoque virorum hic affectus querellas evocavit. Inde illa maximi medicorum exlamatio est: “vitam brevem esse, longam artem”; (2) inde Aristotelis cum rerum natura exigentis minime conveniens sapienti viro lis:”aetatis illam animalibus tantum indulsisse, ut quina aut dena saecula educerent, homini in tam multa ac magna genito tanto citeriorem terminum stare”. (3) Non exiguum temporis habemus,sed multum perdidimus. Satis longa vita in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene collocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit,ubi nulli bonae rei inpenditur,ultima demum necessitate cogente, quam ire non intelleximus transisse sentimus. (4) Ita est: non accipimus brevem vitam, sed fecimus, nec inopes eius sed prodigi sumus. Sicut amplae et regiae opes,ubi ad malum dominum pervenerunt,momento dissipantur,at quamvis modicae,si bono custodi traditae sunt, usu crescunt, ita aetas nostra bene disponenti multum patet.


Traduzione Italiana

La maggior parte degli uomini, Paolino, si lamenta (conqueritur) dell' avarizia della natura, perché siamo generati (gignimur) per un brave spazio di tempo (exiguum aevi), perché questo periodo di tempo che ci è stato dato (haec spatia dati nobis) scorre via tanto velocemente, tanto rapidamente, cosicché (adeo ut: prop. consecutiva) la vita, fatta eccezione per pochissimi, abbandoni gli altri (vita destituat ceteros) proprio nel momento in cui si apprestano a vivere (lett.: proprio durante il preparativo della vita). Non soltanto la folla e lo sciocco volgo si lamentò (ingemuit, col dativo) di questo malanno comune (huic publico malo), come credono; questo stato d'animo suscitò le lamentele anche di uomini illustri. Da ciò deriva quella famosa affermazione (inde illa exclamatio est) del più grande dei medici(Ippocrate V-IV sec.a. C.): "la vita è breve, l’arte è lunga” (2) Da qui l’accusa, per niente conveniente ad un uomo saggio, di Aristotele, che discute (exigentis) con la natura: “essa (illam) ha concesso (indulsisse) agli animali di vivere per cinque o dieci generazioni (lett. : tanto di vita); all’uomo, nato per cose tanto numerose e grandi, ha concesso di stare un termine più breve” (3) Non abbiamo poco (di) tempo, ma molto ne abbiamo perso (perdidimus). Ci è stata data con generosità una vita abbastanza lunga, per la realizzazione imprese grandiose, sempre che fosse tutta ben investita ( si tota bene collocaretur); ma quando essa si perde (diffluit) nella mollezza e nella inerzia, quando non viene spesa (inpenditur) per nessuna buona occupazione, solo quando ci costringe l'estrema necessità (ultima necessitate cogente), ci accorgiamo che è trascorsa quella (vita) che non ci siamo accorti che passava (sentimus transisse quam intelleximus ire).
(4) E' così: non riceviamo una vita breve ma l'abbiamo resa tale (sed fecimus), né siamo sprovvisti del suo prodigio (nec sumus inopes eius prodigi). Come le ricchezze abbondanti e regali, quando giungono (pervenerunt: perfetto iterativo) nelle mani di un cattivo padrone, vengono dilapidate in un attimo (momento dissipantur) mentre quelle (opes: le ricchezze) per quanto modeste, se sono affidate ad un buon amministratore crescono con l'uso, allo stesso modo la nostra esistenza si estende molto per chi sa bene disporla (disponenti bene: dativo di relazione). |

martedì 20 marzo 2012

Marziale – Epigrammata IX, 68 “Che maestro insopportabile”

“Cosa hai a che fare con noi, scellerato maestro,
uomo inviso ai fanciullli e alle fanciulle?
I galli dalle ritte creste non hanno ancora rotto il silenzio (ruperunt silentia):
già tu tuoni con un molesto strepito e con sferzate.
Tanto cupamente risuonano i bronzi percossi sulle incudini,
quando il fabbro sistema a metà di un cavallo (la statua di) un avvocato;
più mite il clamore furoreggia (furit) nel grande anfiteatro,
quando la sua folla acclama il gladiatore vincente (favet vincenti pamae)
Noi vicini chiediamo - non per tutta la notte - di dormire (il sonno, somnum):
infatti stare svegli è cosa tollerabile, ma starlo a lungo è cosa insopportabile.
Lascia andare i tuoi allievi. Vuoi, o chiacchierone, ricevere
per tacere quanto ricevi per gridare?”

Testo originale

Quid tibi nobiscum est, ludi scelerate magister,
invisum pueris virginibusque caput?
Nondum cristati rupere silentia galli:
murmure iam saevo verberibusque tonas.
Tam grave percussis incudibus aera resultant,
causidicum medio cum faber aptat equo;
mitior in magno clamor furit anphitheatro,
vincenti parmae cum sua turba favet.
Vicini somnum non tota nocte rogamus:
nam vigilare leve est, pervigilare grave est.
Discipulos dimitte tuos. Vis, garrule, quantum
accipis ut clames, accipere ut taceas?

Rumpo, is, rupi, ruptum, ere 3
percutio, is, cussi, cussum, ere 3
faveo, es, favi, fautum, ere 2; col dativo
furo, is, ui, ere 3
accipio, is, cepi, ceptum, ere 3
taceo, es , tacui, tacitum, ere 2

lunedì 19 marzo 2012

Quintiliano – Institutio oratoria II, 9, 1-3 “Doveri degli allievi”

“Dopo aver detto più cose sul dovere dei maestri, questo solo intanto raccomando agli allievi, che amino i maestri non meno degli stessi studi e che li ritengano (credant) genitori non certamente (non quidem) dei corpi, ma delle menti. (2) Questo rispetto (haec pietas) gioverà molto allo studio; perché così ascolteranno volentieri e crederanno alle parole e desidereranno essere simili (a loro); infine lieti e contenti si recheranno (convenient) nei gruppi (in coetus) dei compagni di scuola; ripresi non si arrabbieranno, lodati proveranno piacere e al fine di risultare molto cari, si renderanno meritevoli grazie allo studio. (3) Infatti, come è dovere dei maestri (illorum: di quelli) insegnare, così è dovere dei discepoli (horum: di questi) mostrarsi docili; del resto nessuno dei due doveri (neutrum officium) è sufficiente senza l’altro. E così invano avrai sparso i semi (sparseris semina) se il solco preparato in precedenza (praemollius) non li alimenterà: così l’eloquenza non può svilupparsi (nequit coalescere) se non con lo sforzo condiviso di chi trasmette e di chi acquisisce (il sapere)”.

Testo originale

Plura de offlciis docentium locutus discipulos id unum interim moneo, ut praeceptores suos non minus quam ipsa studia ament, et parentes esse non quidem corporum sed mentium credant. Multum haec pietas conferet studio; nam ita et libenter audient et dictis credent et esse similes concupiscent, in ipsos denique coetus scholarum laeti alacresque convenient, emendati non irascentur, laudati gaudebunt, ut sint carissimi studio merebuntur. Nam ut illorum officium est docere, sic horum praebere se dociles; alioqui neutrum sine altero suflicit. Et sicut hominis ortus ex utroque gignentium confertur, et frustra sparseris semina, nisi illa praemollitus foverit sulcus: ita eloquentia coalescere nequit nisi sociata tradentis accipientisque concordia.


Audeo, es, ausus sum, audere 2 semidep.
Loquor, eris, locutus sum, loqui, 3 dep
Credo, is, credidi, creditum ere, 3
Concupisco, is, concupivi (ii), concupitum, ere 3
Convenio, is, conveni, conventum, ire
Irascor, irasceris, iratus sum irasci, 3 dep
Gaudeo, es, gavisus sum, ere 2
Mereor, mereris, meritus sum, eri 2 dep
Praebeo, es praebui, praebitum, ere 2
Sufficio, is, suffeci, suffectum, ere 3
Gigno, is, genui, genitum, ere 3
Confero, confers, contuli, collatum, conferre
Foveo, es, fovi, fotum, ere 2
Coalesco, is, coalui, alitum, ere 3
Accipio, is, accepi, acceptum ere 3
Trado, is, tradidi, traditum, ere 3
Nequeo, nequis, nequivi, nequitum, nequire, 4 atem.
Spargo, is, sparsi, sparsum, ere 3



Quintiliano – Institutio oratoria II, 2, 1-4 “Doveri del maestro”

“ (Il maestro) assuma anzitutto verso i suoi discepoli i sentimenti di un genitore e pensi (exsistimet) di subentrare al posto di coloro che gli hanno affidato i figli . Egli stesso non abbia e non ammetta vizi. La sua severità non sia rigorosa (cupa), la sua cordialità non sia eccessiva, in modo che non nasca di là (inde) l’odio, di qua (hinc) il disprezzo. Parli moltissimo (sermo sit ei plurimus) di ciò che è onesto e di ciò che è buono; infatti quanto più spesso avrà ammonito (monuerit), tanto più raramente castigherà (castigabit). Non sia affatto iracondo, nè trascuri (dissimulator sit) quei difetti che sono da correggere; sia chiaro nell’insegnare, sia amante del lavoro, assiduo piuttosto che eccessivo. (2) Risponda di buon grado a coloro che lo interrogano, di sua iniziativa interroghi coloro che non pongono domande. Nel lodare i modi di dire degli allievi non sia né più scarso del giusto, né eccessivo, poiché il primo atteggiamento (l’avarizia di parole di lode) genera noia per il lavoro; la prodigalità, assenza di preoccupazioni. (3) Nel correggere gli errori ( le cose che saranno da correggere: quae corrigenda erunt), non sia aspro e per nulla offensivo; infatti proprio ciò allontana (fugat) molti dal proposito di studiare e cioè il fatto che (quod dichiarativo) alcuni maestri rimproverino quasi come se odiassero; (4)Egli stesso dica qualcosa di nuovo, anzi ogni giorno molte cose, che poi quelli che ascoltano possano ripetere fra loro (referant secum). Infatti sebbene (licet) il maestro fornisca attraverso la lettura esempi sufficienti da imitare, tuttavia la voce viva, come si suol dire (ut dicitur) nutre più pienamente (plenius) e specialmente la voce di quel maestro che i discepoli, se sono stati istruiti rettamente, amano e rispettano. A stento potrebbe dirsi, quanto più volentieri imitiamo coloro che ammiriamo”.

Testo originale

Sumat igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum, ac succedere se in eorum locum a quibus sibi liberi tradantur existimet. Ipse nec habeat uitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium, hinc contemptus oriatur. Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit: nam quo saepius monuerit, hoc rarius castigabit; minime iracundus, nec tamen eorum quae emendanda erunt dissimulator, simplex in docendo, patiens laboris, adsiduus potius quam inmodicus. Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. In emendando quae corrigenda erunt non acerbus minimeque contumeliosus; nam id quidem multos a proposito studendi fugat, quod quidam sic obiurgant quasi oderint. Ipse aliquid, immo multa cotidie dicat,quae secum auditores referant. Licet enim satis exemplorum ad imitandum ex lectione suppeditet, tamen viva illa, ut dicitur, vox alit plenius praecipueque eius praeceptoris, quem discipuli, si modo recte sunt instituti, et amant et verentur. Vix autem dici potest, quanto libentius imitemur eos, quibus favemus


succedo, is, successi, successum, ere, 3
trado, is, tradidi, traditum, ere, 3
existimo, as, avi, atum , are, 1
orior, oreris e oriris, ortus sum, oriri, 3 e 4 dep
patior, pateris, passus sum, pati 3 dep
respondeo, es, responsi, responsum, ere 3
percontor, aris, atus sum, ari 1 dep
pario, is, peperi, partum , parere 3
emendo, as, vi, atum, are, 1
corrigo, is rexi, rectum, ere, 3
obiurgo, as, avi, atum , are, 1
vereor, ereris, veritus sum, eri , 2 dep
faveo, es, favi, autum, ere, 2; col dativo
imitor, aris, atus sum, ari, 1 dep






lunedì 5 marzo 2012

IL DECADENTISMO (I PARTE)

Il Decadentismo indica un importante fenomeno estetico letterario che, nato in Francia a partire dai primi anni Ottanta del secolo XIX ( in virtù del primato della cultura francese in questo periodo ) si diffuse in tutta l’Europa fin de siecle. Il Decadentismo indica, sul piano storico-culturale, la civiltà sorta dalla crisi del Positivismo.

 L’origine del nome è denigratoria: la parola Decadentismo deriva da “decadent” termine usato in Francia con significato dispregiativo da alcuni critici polemici e ostili nei confronti di molti scrittori e artisti di nuova generazione che apparivano alla gente comune dissoluti e corrotti, sembravano cioè esprimere la decadenza morale dell’arte e della società. I giovani artisti decadenti, tra cui spiccano Paul Verlaine, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, Tristan Corbiere, Jean Moreas, Joris Karl Huysmans utilizzarono l’espressione con ostentazione, come vessillo di protesta contro la società borghese e la cultura benpensante del tempo , richiamandola altresì nel titolo di una rivista “Le Décadent” pubblicata a partire dal 1886 per iniziativa di Anatole Baju.
 E’ probabile che sulla nascita del termine "decadente" abbia influito anche un sonetto di P.Verlaine, “Languore”, che comincia con il celebre verso “ Io sono l’impero alla fine della decadenza/ che guarda passare i grandi barbari bianchi/componendo acrostici indolenti dove danza/ il languore del sole, in uno stile d’oro””. Paul Verlaine identifica il proprio stato d’animo con una fase storica e culturale che ben lo identifica: la tarda età imperiale romana, espressione di una civiltà opulenta e raffinata, ma corrosa all’interno dal sopravanzante Cristianesimo e all’esterno dalle invasioni barbariche. La Roma del tempo non ha più né la forza militare, né la forza morale per opporsi al suo inesorabile declino, declino favorito dalla lenta ma inesorabile crisi dei valori etici che in età classica avevano reso Roma caput mundi.
IL SONETTO DI VERLAINE COSTITUISCE IL MANIFESTO LIRICO DEL MOVIMENTO DECADENTE.
 Altra tappa fondamentale per seguire, in Francia, lo sviluppo della cultura decadente è la pubblicazione a partire dal 1883 di una antologia “Les poetes maudits” ( I poeti maledetti) curata da P. Verlaine. L’antologia conteneva scritti di Paul Verlaine, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, Tristan Corbiere.
 Infine, nel 1884 Joris Karl Huysmans pubblica il celebre romanzo “A rebours” (A ritroso) il cui protagonista Des Esseints costituisce l’incarnazione dell’Estetismo decadente, inteso come culto di una bellezza raffinata ed elitaria, che pochi spiriti eletti riescono a cogliere e ad apprezzare. Des Esseints sintetizza in maniera maniacale l’odio per una cultura di massa, ubbidiente al principio di “utilità”, l’odio verso l’arrogante ascesa della borghesia capitalistica che ha sancito di fatto la vittoria del denaro, della produttività e della mentalità affaristica contro ogni principio di civiltà umana. La borghesia degli affari ha ormai scalzato irreversibilmente la vecchia aristocrazia e il clero attingendo “ tutti i loro difetti” e convertendoli in ipocriti vizi”. Des Esseints resta il simbolo dell’intellettuale otto-novecentesco perennemente deluso ed emarginato in una società che più non rispecchia i propri ideali, ideali ai quali aveva attinto il movimento romantico risorgimentale, ideali che avevano approdato alla forza dilagante delle rivoluzioni europee del ‘48; una società che ha decretato nuovi paradigmi culturali e nuovi modelli di comportamento di natura materialistica ed economica, affidando al denaro, al progresso, all’industrializzazione selvaggia un primato assoluto e indiscusso. Des Esseints è il prototipo dell’intellettuale perennemente ( e fino ad oggi) in crisi a causa della marginalità nella quale la poesia, le arti e il pensiero sono relegati nell’epoca industriale.
IL ROMANZO DI HUYSMANS COSTITUISCE UN ALTRO IMPORTANTE MANIFESTO DEL MOVIMENTO DECADENTE.

Il Decadentismo ebbe il suo centro di irradiazione in Francia, a partire dalle intuizioni presenti nell’opera di CHARLES BAUDELAIRE (1821-1868), grande precursore del Decadentismo e fondatore della lirica moderna.

Un impulso decisivo alla nascita e allo sviluppo del D. derivò, inoltre, dalla lezione del PARNASSIANESIMO. Il movimento parnassiano, sorta di moderno classicismo letterario, sostiene il rifiuto del presente, identificato con il progresso, e del sentimentalismo romantico a vantaggio di un’impassibilità emotiva raggiunta attraverso il ritorno all’antichità classica; la libertà assoluta dell’arte, non condizionata dal criterio di utilità, tipicamente borghese: l’arte doveva risultare svincolata da interessi utilitaristici o politici, da impegni sociali o ideologici. Unico obiettivo del poeta parnassiano è quello di perseguire la Bellezza assoluta, raggiungibile attraverso la perfezione della forma metrica e stilistica. I Parnassiani riprendono la lezione di del poeta francese Theophile Gautier (1811-1872) che, già nel 1835, scagliandosi contro il principio utilitaristico dell’arte, aveva scritto “Non c’è niente di più bello di ciò che non serve a nulla; tutto ciò che è utile è anche orribile”; Sua è la celebre formula dell’”Arte per l’Arte”, cioè il culto dell’arte come valore supremo, con una connotazione polemicamente antiborghese. I componimenti dei poeti parnassiani confluiscono in una antologia dal titolo “Il Parnaso contemporaneo” (1866) da cui la denominazione di “Poeti parnassiani”. Ne “Il Parnaso contemporaneo” troviamo infatti scritti dei giovani Verlaine e Mallarmé, nomi che tornano a congiungersi nel 1883, nella pubblicazione della prima serie dei Poeti maledetti.
Anche CHARLES BAUDELAIRE accolse la lezione del Parnassianesimo. La sua più celebre opera “Fiori del male” (1857) si colloca nel pieno solco della sensibilità parnassiana: comuni appaiono il disprezzo per la banale quotidianità, il rigetto del sentimentalismo romantico, la cura ossessiva della forma. In B., tuttavia, il tema della fuga dalla realtà ( che nei Parnassiani si risolve nella evocazione dell’antichità classica) sfocia nella contemplazione dei cosiddetti “Paradisi artificiali”, cioè dell’evasione indotta dall’alcol o dalle droghe. La poesia di Baudelaire, padre del Decadentismo, esprime in pieno i motivi della sensibilità decadente: la consapevolezza della lenta ma inesorabile decadenza della civiltà contemporanea, il disprezzo per il presente, la suggestione della malvagità, il gusto di tutto ciò che è al di fuori dei canoni della normalità, la suggestione dell’esotismo, la noia esistenziale (Spleen). Lo spleen, ovvero la noia esistenziale che sfocia spesso in angosciosa disperazione, diventa il tratto caratterizzante del poeta moderno, lo stato d’animo costante dello spirito elevato, secondo una linea di pensiero che risale fino a SCHOPENHAUER, il quale nel suo capolavoro “Il mondo come volontà e rappresentazione” (1819) aveva definito la noia quale condizione tipica dell’uomo moderno. La percezione dello spleen, e la necessità si spezzarne il cerchio, è una delle grandi eredità di Baudelaire a tutti i poeti successivi, i poeti maledetti: Verlaine, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, fino ai poeti del Novecento.

TEMI DELLA POESIA DECADENTE

 IRRAZIONALISMO- CRISI DEL POSITIVISMO- DIMITIZZAZIONE DEI VALORI RISORGIMENTALI (libertà, patria, progresso)
 Esasperazione del soggettivismo romantico → INDIVIDUALISMO ASSOLUTO, SOLIPSISMO
 SENSO DI SOLITUDINE ED EMARGINAZIONE DEL POETA NELLA SOCIETA’ AFFARISTICA E BORGHESE DI FINE SECOLO
 SENTIMENTO DELLA NOIA ESISTENZIALE E FUGA DAL CONFORMISMO BORGHESE ATTRAVERSO ESPERIENZE ESTREME: non si accetta la prosaicità del vivere
 CRTICA AL CONCETTO DI “UTILE” - ARTE PRIVA DI FINALITA’ ETICO-CIVILI, DIDASCALICHE : L’ARTE PER L’ARTE (Theophile Gautier)
 ARTE INTESA COME RAFFINATO CULTO DELLA BELLEZZA ASSOLUTA → ESTETISMO
 IDENTIFICAZIONE ARTE=VITA; Se nel Romanticismo la vita era travasata nell’arte, nel Decadentismo (ma anche nella Scapigliatura) arte e vita coincidono. L’ESTETISMO RAPPRESENTA L’ASPIRAZIONE AD UNA SINTESI SUBLIME TRA ARTE E VITA
COMPLEMENTARIETA’ TRA LE VARIE MANIFESTAZIONI ARTISTICHE : LETTERATURA (in particolare la Poesia) - ARTE- MUSICA; Predillizione per le fasi storiche di decadenza culturale: età alessandrina, autori latini tardo-imperiali, età barocca
ARTE COME DECIFRAZIONE DI SIMBOLI ED EVOCAZIONE DI UNA REALTA’ OSCURA, CHE SFUGGE A RAZIONALI CLASSIFICAZIONI
 CONCEZIONE DEL POETA “VEGGENTE”(secondo la definizione di Rimabaud), IN GRADO DI COGLIERE LE SEGRETE RELAZIONI FRA LE COSE E DI SCAVARE NELL’INCONSCIO.
(INCONSCIO-ES: SFERA PIU’ PROFONDA DELLA PSICHE DOMINATA DA PULSIONI PRIMARIE –autoconservazione, riproduzione- CHE TROVANO LIBERO SFOGO NELLE FUGHE ONIRICHE, NELLA FANTASIA, NELL’ESPRESSIONE ARTISTICA).
L’intellettuale decadente, accogliendo i nuovi orientamenti scientifici in ambito neurologico (vedi la nascita della Psicanalisi con Freud), è consapevole che l’uomo moderno non è padrone assoluto della propria natura, del proprio IO, ma è in parte schiavo di pulsioni incoercibili e insopprimibili ( le pulsioni primarie dell’ES), solo parzialmente filtrate dal SUPER-IO.
 IL POETA VEGGENTE SI ESPRIME MEDIANTE UN’ARTE SIMBOLISTA

STILE
Ampia utilizzazione DELL’ANALOGIA, DELLA SINESTESIA, DELLA METAFORA
 Rifiuto del discorso logico (il discorso fondato sulle categorie logiche tradizionali: spazio-tempo-causalità) a favore di un’arte che proceda per libere associazioni analogiche, che risponda solo alla logica stravolta del DELIRIO o della VISIONE ONIRICA
 Linguaggio fortemente evocativo, denso di simboli e di immagini ambigue.