giovedì 19 marzo 2015

GABRIELE D'ANNUNZIO (Pescara 1863- Gardone 1938). Lezioni del 18.03 e del 21.03



La produzione letteraria di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), sebbene vastissima e multiforme, presenta un profilo abbastanza unitario, nelle tematiche e nello stile: fin dal Canto Novo (1882) la sua fisionomia di scrittore risulta sufficientemente precisata e se anche gli sviluppi successivi la modificheranno in parte, non arriveranno mai a cancellarne i tratti originari.
La matrice della poetica dannunziana è POSITIVISTA E MATERIALISTICA , con in più un afflato mistico che conduce spesso l’autore ad una identificazione estatica con la materia stessa, nelle forme che essa assume nei corpi della natura, nei ritmi delle stagioni. Tutto quanto abbia a che fare con il corpo, dalla sensibilità alla sensualità fino alla malattia e al disfacimento della morte, diviene per il poeta un vero e proprio oggetto di culto e di esaltazione, che si riflette nel più ampio culto delle acque e dei boschi, delle spiagge e del sole, come manifestazioni meravigliose di una irrefrenabile energia vitale. Il poeta diviene il SACERDOTE LAICO che officia i riti di una religiosità pagana e amorale, depositario di un mistero che non ha nulla di metafisico: è il mistero della bellezza che si incarna nelle forze naturali positive, e che non sopporta vincoli di ordine etico o sociale. La bellezza per D’Annunzio non va solo contemplata: al contrario essa va usata fino in fondo in una brama di possesso e di godimento estetico che non conosce limiti.

Agli albori della modernità italiana, tra Ottocento e Novecento, D’Annunzio scopre la cultura di massa e sa farsene interprete. Sempre aggiornato sui fenomeni più in voga, fonda sull’ imitazione la sua produzione letteraria, cogliendo abilmente di volta in volta gli umori del momento e rielaborando in modo originale i modelli più disparati.

1.ESORDIO DI INFLUENZA CARDUCCIANA E NATURALISTA. L’esordio poetico di D’annunzio con Primo vere (1879) e Canto novo (1882) è all’insegna di Carducci, rivisitato nella direzione di un’intima comunione con la natura che ispira sentimenti sensuali e vitalistici. I racconti giovanili sono ambientati in Abruzzo, terra d’origine del poeta rappresentata come luogo dalla natura ferina e istintiva, aspra e selvaggia; questi, confluiti nel volume unico Novelle della Pescara (1902), risentono l’influenza del Naturalismo francese (Flaubert e Maupassant) e del Verismo italiano (Capuana e Verga); si tratta essenzialmente di un’imitazione prevalentemente formale, poiché il D’Annunzio col suo temperamento sensuale è lontanissimo sia dalla concezione sana, operosa e virile di Carducci, sia dalla profonda moralità e pietà del Verga.

2.DECADENTISMO ESTETIZZANTE. Dagli esordi giovanili carducciani e naturalistici, i percorsi dannunziani andranno sempre più intrecciandosi. Sono questi gli anni, dal 1883 in poi, in cui il D’Annunzio diventa una celebrità nei salotti romani più importanti; diventa il celebre cronista mondano di riviste importanti “Cronaca bizantina”, “Capitan Fracassa”, la “Tribuna”, fa una fuga d’amore con la duchessina Maria Hardouin di gallese, sedotta per scopi pubblicitari, e poi sposata per obbligo di riparazione. Gli ANNI ROMANI (1881-1891) sono fondamentali per al sua formazione letteraria e per la sua crescita ed evoluzione artistica: divora i libri di Flaubert, Zola, Maupassant, i versi parnassiani di Baudelaire ( in particolare I fiori del male) e Mallarmé, i romantici Keats e Shelley, il decadente Swinburne. La ricchezza di esperienze erotiche e la molteplicità delle letture alimentano non solo la narrativa di questi anni, ma anche le prove poetiche del D’annunzio romano. Il poeta infatti si orienta verso un calcolato kitsch (letteralmente: fare opera antica con materiale moderno), un indirizzo estetico di fine Ottocentoche consiste nell’accumulo di materiali eterogenei nello stesso componimento. Ciò che conta per il poeta è l’effetto strabiliante dell’insieme, e soprattutto la perfezione della forma, la cui assoluta priorità è affermata nella chiusa del primo romanzo di D’Annunzio, Il Piacere (1889) “O poeta, divina è la Parola…e il verso è tutto”
Sull’esempio dei romanzi ciclici dell’Ottocento di Honoré de Balzac ( la commedia umana) DI EMILE Zola ( i Rougon Macquart), Verga (i vinti), il D’Annunzio si propose di scrivere un ciclo di romanzi distinti in tre trilogie: I romanzi della rosa, I romanzi del giglio, I romanzi del melograno a simboleggiare le tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria su di esse.
La contemplazione e il godimento della bellezza, insieme intellettuale e istintuale – L’ESTETISMO - cioè l’esaltazione della Bellezza “pura e inutile” contraddistingue i primi tre romanzi di D’Annunzio: Il Piacere (1889), L’innocente (1892), Il trionfo della morte (1894) - poi riuniti nel ciclo I Romanzi della rosa – hanno per protagonisti raffinatissimi intellettuali, mossi dal comune desiderio di una sfrenata ricerca del piacere, che si trovano a scontrarsi in vari modi con la forza travolgente e incontrastabile della sensualità e delle passioni, e ne escono sconfitti, pagando la loro inadeguatezza con la nevrosi (Andrea Sperelli, Il Piacere), con il delitto (Tullio Hermil, L’Innocente), con la morte (Giorgio Aurispa, Il Trionfo della morte). Il vero modello de Il Piacere va cercato nel romanzo fondamentale del Decadentismo europeo, A ritroso del francese K. Huysmans,pubblicato nel 1884 e subito letto e ammirato da D’Annunzio.I protagonisti dei ROMANZI DELLA ROSA, il fiore simbolo della voluttà, della passione invincibile, rappresentano simbolicamente l’autore stesso, sono delle controfigure dell’autore che si muovono nello stesso frivolo mondo nella nobiltà romana nel quale si muoveva in quegli anni D’Annunzio e ne condivideva i gusti e le inclinazioni. Non a caso il D’Annunzio forgia proprio in questi anni il proprio gusto decadente tutto nutrito di edonismo e di prezioso estetismo. Ma i personaggi suddetti non possiedono ancora la sufficiente energia vitale e sovrumana, necessaria per sopravvivere ai devastanti effetti di una vita vissuta all’insegna del puro edonismo, della sensualità scatenata: una energia che D’Annunzio riteneva esclusivo appannaggio del cosiddetto Superuomo, il mitico prodotto finale di una darwiniana selezione naturale intenta a falcidiare i più deboli e inadeguati.

LIRICA: La ricchezza delle esperienze erotiche e la vastità delle letture, in particolare di opere francesi, alimentano non solo la prosa di questi anni romani, ma anche la POESIA. Al gusto estetizzante si ispirano le due raccolte Elegie romane (1883) e Intermezzo di rime (1887-1892). In Elegie romane il poeta esprime, in forme poetiche tradizionali (sonetti, madrigali, ecc.), ritratti femminili in un ambiente aristocratico e raffinato disfatto dall’eccesso di sensualità. E’ evidente in queste opere la lezione dei Parnassiani francesi, in particolare di Th.Gautier e di Charles Baudelaire (I fiori del male). I motivi fondamentali sono, ancora, la corrispondenza tra ARTE e VITA; il narcisismo edonistico, una forte componente sensuale che si esprime mediante un irrefrenabile godimento dei sensi; il nesso parnassiano tra la perfezione formale e la dissoluzione morale; la poetica del KITSCH.


3.FASE BONTA’: PERIODO NAPOLETANO (1891-93) Nel 1891 D’Annunzio abbandona la vita gaudente romana e perseguitato dai creditori si trasferisce a napoli. Anche nel periodo napoletano lo studio delle letterature straniere orienta e condiziona la sua poetica. La lettura in traduzione francese dei narratori russi Tolstoj e Dostoevskij (I fratelli Karamazov) Nascono opere di impianto fortemente morale e psicologico che mirano alla condanna dell’uomo che si abbandona senza coscienza e senza ideali alla ricerca del piacere. I motivi sono, dunque, la poetica del pentimento e dei buoni sentimenti; il Simbolismo come trasfigurazione di oggetti ed emozioni nella musicalità del verso.
Opere del periodo napoletano: I romanzi Giovanni Episcopo (1891) e L’innocente (1893); Il poema paradisiaco (1893).

4.IL SUPEROMISMO (1892). La seconda trilogia, I ROMANZI DEL GIGLIO fiore simbolo del superuomo, della passione che si purifica, si ispira al SUPEROMISMO DI NIETZSCHE. La conoscenza della filosofia di N. è databile intorno al 1892, anno in cui D’annunzio lesse Così parlo Zarathustra e ne rimase certamente colpito, tanto da segnare una svolta intellettuale destinata a dividere in due il percorso artistico dannunziano. Sarebbe tuttavia un errore ritenere che nel poeta l’idea del superuomo sia totalmente tributaria delle teorie nietzscheane: essa è infatti già presente nel forte Vitalismo che caratterizza la poetica dannunziana fin dal Canto novo. Dal superuomo di N., il superuomo dannunziano deriva il concetto della volontà di potenza creativa e della ricerca di una gioia nuova, derivata dalla capacità di non dubitare più di sé dinanzi al mondo. Al potere del superuomo si contrappone la banalità e la cieca passività della folla, cioè della massa della civiltà moderna che minaccia la singolare eccellenza dell’eroe, e che dunque deve essere sottomessa alla sua forza creatrice. Il superuomo dannunziano coincide con l’artista, un essere superiore che in virtù della propria vitalità intellettuale e del culto della Parola, ha il diritto di dominio assoluto sulla folla, semplice strumento della sua capacità di imprimere accelerazioni alla storia umana. L’autore si convince che è esattamente la parola, nei suoi valori tanto semantici quanto musicali, la garanzia del conquistato possesso del mondo da parte del poeta-superuomo (il poeta, accanto a Nietzsche, aveva scoperto anche la musica di Richard Wagner 1818-1888 teorico del cosiddetto dramma di parole e musica che realizza la perfetta compenetrazione tra canto e orchestra, parole e musica). Il suo estetismo di matrice materialista, reperisce i mezzi verbali più congeniali- volutamente straordinari- attraverso una assoluta ricerca inesausta di vocabolari, dizionari specializzati, lessici, attingendo a opere letterarie antiche e moderne, al punto da far incorrere D’Annunzio in numerose accuse di plagio. Si accentua in questa fase l’idea di una superiorità assoluta dell’artista e della sua sintonia con la natura. Una volta raggiunta la sicurezza della parola, una volta identificato in essa l’universo privilegiato del Superuomo, la vita stessa può farsi a sua volta parola, può manifestarsi attraverso una serie di gesti clamorosi ed eccentrici che recano in sé la finzione dell’arte: la vita come opera d’arte, vecchio sogno dei Scapigliati e dei bohemiens, ma anche dei Parnassiani e in generale dei decadenti francesi, può finalmente realizzarsi sotto l’egida del Superuomo, facendo di D’Annunzio un “caso” culturale assolutamente unico nella storia della letteratura europea moderna.
Il superuomo di D’Annunzio è fondamentalmente assai lontano dal suo modello nietzscheano: privo di spessore filosofico e conoscitivo, tanto gaudente, vitale e ottimista quanto l’altro appare pessimista e funebre, il Superuomo dannunziano affida la propria onnipotenza alle armi della parola: al parossismo dei sensi e della materia si può sopravvivere solo grazie al culto della parola, solo a patto di poter forgiare un linguaggio sublime e divino che sia all’altezza dell’eccezionalità dei contenuti da significare e comunicare.
I tratti distintivi del Superuomo possiamo riassumerli nelle parole del critico Carlo Salinari “culto dell’energia dominatrice, sia che si manifesti come forza o come capacità di godimento della bellezza; ricerca della propria tradizione storica nella civiltà pagana greco-romana e in quella rinascimentale; concezione aristocratica del mondo e disprezzo della massa; idea di una missione di potenza e di grandezza della nazione italiana da realizzarsi soprattutto attraverso la gloria militare; giudizio totalmente negativo sull’Italia postunitaria e necessità di energie nuove che la risollevino dal fango”.

Il tema del superuomo produce i suoi interessanti effetti sia in ambito poetico che, soprattutto, nel campo della narrativa. Se Il trionfo della morte (1894) è il romanzo che fotografa la graduale metamorfosi ideologica, il romanzo-manifesto della poetica del Superuomo è Le vergini delle rocce (1895) il primo e unico romanzo della trilogia “del giglio”.
Tuttavia, il primo personaggio davvero vincente che si incontra nella narrativa dannunziana è il grande poeta Stelio Effrena, incarnazione di un ideale artistico eroico, protagonista de Il fuoco (1900). Questo romanzo, unico della TRILOGIA DEL MELOGRANO, rappresenta il culmine del romanzo superomistico dannunziano, il livello più alto del suo ottimismo creativo. Giunge qui a compimento anche il processo di dissoluzione delle strutture del romanzo realista, a avntaggio di effetti musicali ispirati dalla wagneriana.

LIRICA : Accanto al romanzo, il mito superomistico alimenta anche la poesia di D’Annunzio. In questo ambito lo scrittore è debitore non soltanto del Così parlò Zaratustra, ma anche della nascita della tragedia di Nietzsche, in cui il filosofo tedesco aveva posto le forme della spiritualità greca all’origine della civiltà occidentale. In ambito lirico il mito del superuomo si sposa con la riscoperta e l’esaltazione da parte del poeta della Grecia antica, patria del “sentimento dell’energia e della potenza elevato al sommo grado”: il mito del mondo antico capace di illuminare e riscattare la decadenza del presente, si concretizza in un viaggio condotto da D’Annunzio nei siti archeologici ellenici nel 1895. Così, dopo anni di dedizione alla prosa e al teatro, in una lettera del giugno 1899 D’Annunzio annuncia: “In questi giorni mi sono riaccostato alla poesia: ho scritto alcune delle Laudi del cielo, del mare, della terra degli eroi” Nasce così, sul finire del 1890, il progetto delle LAUDI, dedicate alla suprema ambizione del poeta-superuomo intenzionato a cantare la bellezza del mondo visibile e la gloria dell’eroe attraverso il tempo. Non si tratta solo di poesia: il richiamo del titolo alle Laudes creaturarum di S.Francesco, allude alla volonta del D’annunzio di fondare una moderna religione anticristiana, basata sul ricongiungimento dell’individuo alla potenza creatrice della natura. Nei fatti, D’Annunzio pubblica i primi tre libri, composti tra il 1896 – 1903 : Maia (1903); Elettra (1904); Alcyone (1904).
I motivi che sostanziano la poesia delle Laudi sono temi cari al Superuomo: esaltazione del mito attraverso un itinerario mentale e reale sulle tracce della Grecia antica; esaltazione degli eroi ed episodi del passato alla ricerca dei segni della grandezza dell’Italia (poesia di intonazione civile di stampo patriottico e nazionalistico); concezione aristocratica del mondo; fusione panica con la Natura e metamorfosi dell’uomo; intenso rapporto a carattere dionisiaco del poeta-superuomo con la Natura, fonte di inesauribile energia creativa (Vitalismo); culto della parola. Questa poetica si riflette anche sul piano stilistico La parola sublime e “divina” è orchestrata in vista della maggiore musicalità possibile, in grado di assecondare le invenzioni della sua fantasia nella forma originale della “strofa lunga”: i testi poetici sono infatti concepiti come partiture orchestrate su una metrica ora tradizionale, ora libera, ma sempre caoace di assecondare il flusso delle immagini. Il culto della parola conosce la sua più piena realizzazione proprio nei primi tre libri delle Laudi e in particolare nell’Alcyone (1903) concordemente ritenuto il capolavoro della poesia dannunziana. In Alcyone il poeta si abbandona alla libera celebrazione dell’estate e della sua forza vitale, rifondendo il materiale poetico del Canto Novo in direzione di una ricerca stilistica che diviene l’obiettivo supremo della creazione artistica. Particolarmente efficace risulta l’utilizzo della “strofa lunga” composta da una prolungata sequenza di versi liberi, cioè di misura variabile, ma preferibilmente breve, così da conferire agilità allo schema metrico. Alla suggestione musicale collaborano le scelte lessicali, auliche e talvolta semplici, ma sempre ricche di particolari effetti fonici, l’uso di assonanze, allitterazioni, similitudini, metafore sinestesie volte ad ottenere una lingua poetica fortemente analogica.

5.NAZIONALISMO. Al rientro dalla Francia (1910-1915) D’annunzio manifesta di aver tradotto gli ideali superomistici di volontà di potenza in attivismo politico a base nazionalistica. Il superuomo dannunziano non veste più soltanto i panni dell’artista raffinato, ma diventa il banditore di una politica aggressiva, elitaria, antidemocratica, imperialistica. Diviene un poeta soldato, il vate d’Italia, si arruola nell’esercito italiano, combatte sul Carso, partecipa ad imprese militari marittime ed aeree ( in seguito ad un incidente aereo perde l’occhio destro, volo su Vienna; occupazione di Fiume). Alle impresa del poeta soldato fa eco, sul piano letterario, una poesia nazionalistica: le Canzoni delle gesta d’oltremare (1911-1912) scritte per esaltare la guerra di Libia e → confluite nel 4° libro delle Laudi dal titolo Merope; i Canti della guerra latina (1914-18) scritti per esaltare le gesta italiane durante la 1^ guerra mondiale e → confluiti nel 5° libro delle Laudi dal titolo Asterope (1932).

6.FASE NOTTURNA. PROSA LIRICA E MEMORIALE. Dopo gli anni di attivismo bellico, lo scrittore, cieco da un occhio, si dedica ad una prosa non più veemente e narrativa, virile, bensì descrittiva, a carattere memoriale, diaristico incentrata sulla trascrizione della sua “vita segreta” .La nuova prosa dannunziana diviene sfumata, frammentaria, fatta di appunti, ricordi e folgorazioni; è una prosa fortemente lirica che mira a ricreare il mito di un D’annunzio superumano la cui vista creativa, piuttosto che indebolirsi si affina con la cecità. Il capolavoro della fase notturna è il Notturno, un libro nato proprio nel periodo della cecità e poi ampliato in vista della sua pubblicazione avvenuta nel 1921.

BIBL: De Caprio Giovanardi, I testi della letteratura italiana; Antonelli-Sapegno, Il senso e le forme; appunti docente.

venerdì 13 marzo 2015

CLASSICO LATINO VE

Quintiliano - Institutio Oratoria, I, 2, 1-2 "Due modelli a confronto: istruzione individuale e collettiva"

( 1 )Sed nobis iam paulatim adcrescere puer et exire de gremio et discere serio incipiat. Hoc igitur potissimum loco tractanda quaestio est, utiliusne sit domi atque intra privatos parietes studentem continere, an frequentiae scholarum et velut publicatis praeceptoribus tradere. ( 2 ) Quod quidem cum iis a quibus clarissimarum civitatium mores sunt instituti, tum eminentissimis auctoribus video placuisse. Non est tamen dissimulandum esse nonnullos qui ab hoc prope publico more privata quadam persuasione dissentiant. Hi duas praecipue rationes sequi videntur: unam, quod moribus magis consulant fugiendo turbam hominum eius aetatis quae sit ad vitia maxime prona, unde causas turpium factorum saepe extitisse utinam falso iactaretur: alteram, quod, quisquis futurus est ille praeceptor, liberalius tempora sua inpensurus uni videtur quam si eadem in pluris partiatur.

Ma ormai a poco a poco il nostro fanciullo inizi a crescere, ad uscire dal grembo materno e ad imparare per davvero. E a questo punto si impone prepotente una questione: se sia più utile far rimanere lo studente a casa tra le pareti domestiche o se frequenti scuole affollate affidandolo a maestri per così dire "pubblici". 2. Noto che questa alternativa è risultata gradita sia a coloro che hanno fondato le istituzioni delle città più famose, sia ai più autorevoli scrittori. Non si può fingere tuttavia di non sapere che vi sono alcuni che dissentono da questa consuetudine quasi del tutto generalizzata per una sorta di convincimento personale. E fondamentalmente sono due le argomentazioni che costoro sembrano seguire: la prima argomentazione riguarda il fatto che i genitori provvederebbero meglio all’integrità morale (dei figli) fuggendo la folla degli uomini di quell'età che sarebbe più vicina ai vizi e magari si trattasse soltanto di un falso modo di dire che proprio nell’ambito scolatico (unde) spesso si sono generati episodi vergognosi; la seconda (argomentazione) è che chiunque è destinato a essere poi quel maestro, sembra che potrà dedicare il suo tempo a un solo alunno (uni) più ampiamente di quanto potrebbe fare se il medesimo tempo fosse ripartito tra più alunni (plures).




Quintiliano – Institutio oratoria I, 9-10 “L’ideale del perfetto oratore”

9-Intendiamo educare (instituimus), ora, quel perfetto oratore, il quale non può che essere un uomo onesto, e perciò ricerchiamo (exigimus) in lui non solo una straordinaria capacità oratoria (eximiam facultatem dicendi), ma tutte le virtù d’animo. 10- Né infatti potrei ammettere ciò (neque enim concesserim hoc: cong. potenziale) - come alcuni hanno pensato - che una condotta di vita retta e onesta sia da attribuire eslusivamente (relegandam esse: perifr.passiva) ai filosofi, dal momento che, giustamente, quell’uomo di Stato assegnato (accomodatus) all’amministrazione delle cose pubbliche e private, che possa governare le città con le sue deliberazioni (qui possit regere urbes consiliis)i, renderle stabili con le leggi , migliorarle con i giudizi, altro non è, in verità, che l’oratore.

9- Oratorem autem instituimus illum perfectum, qui esse nisi vir bonus non potest, ideoque non dicendi modo eximiam in eo facultatem sed omnis animi virtutes exigimus. 10- Neque enim hoc concesserim, rationem rectae honestaeque vitae, ut quidam putaverunt, ad philosophos relegandam, cum vir ille vere civilis et publicarum privatarumque rerum administrationi accommodatus, qui regere consiliis urbes, fundare legibus, emendare iudiciis possit, non alius sit profecto quam orator.
Instituo, is, stitui, stitutum, ere 3
Possum, potes, potui, posse
Exigo, is, egi, actum, ere 3
Concede, is, cessi, cessum,ere 3
Rego, is , rexi, rectum, ere 3
Fundo, as, avi, atum ,are



Marziale – Epigrammata IX, 68 “Che maestro insopportabile”

“Cosa hai a che fare con noi, scellerato maestro,
uomo inviso ai fanciullli e alle fanciulle?
I galli dalle ritte creste non hanno ancora rotto il silenzio (ruperunt silentia):
già tu tuoni con un molesto strepito e con sferzate.
Tanto cupamente risuonano i bronzi percossi sulle incudini,
quando il fabbro sistema a metà di un cavallo (la statua di) un avvocato;
più mite il clamore furoreggia (furit) nel grande anfiteatro,
quando la sua folla acclama il gladiatore vincente (favet vincenti pamae)
Noi vicini chiediamo - non per tutta la notte - di dormire (il sonno, somnum):
infatti stare svegli è cosa tollerabile, ma starlo a lungo è cosa insopportabile.
Lascia andare i tuoi allievi. Vuoi, o chiacchierone, ricevere
per tacere quanto ricevi per gridare?”

Quid tibi nobiscum est, ludi scelerate magister,
invisum pueris virginibusque caput?
Nondum cristati rupere silentia galli:
murmure iam saevo verberibusque tonas.
Tam grave percussis incudibus aera resultant,
causidicum medio cum faber aptat equo;
mitior in magno clamor furit anphitheatro,
vincenti parmae cum sua turba favet.
Vicini somnum non tota nocte rogamus:
nam vigilare leve est, pervigilare grave est.
Discipulos dimitte tuos. Vis, garrule, quantum
accipis ut clames, accipere ut taceas?

domenica 1 marzo 2015

LINGUA E STILE IN PASCOLI


Con Pascoli assistiamo al profondo sovvertimento della lingua poetica tradizionale; ciò si manifesta nella sua mirabile capacità di dar voce all’irrazionale e di gestire musicalmente le parole: sono queste le caratteristiche della poesia pascoliana che hanno agito durevolmente sulla tradizione lirica del Novecento. I più illustri critici di G.Pascoli - Renato Serra, Gianfranco Contini, Giacomo Debenedetti, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini- hanno evidenziato la carica innovativa della sua lingua poetica, collocando la produzione artistica del pascoli tra le più significative avanguardie artistico- letterarie del 900.
Gianfranco Contini, in particolare, ha sottolineato
•IL POTERE EVOCATIVO DEL LINGUAGGIO ONOMATOPEICO “AGRAMMATOCALE” O PREGRAMMATICALE, spesso usato accanto a termini tecnici e gergali con potenti effetti espressivi.

Lo Sperimentalismo linguistico si manifesta in Pascoli attraverso
 IL FONOSIMBOLISMO: potere simbolico, evocativo dei suoni; organizzazione del suono in parole che richiamano alla mente immagini e sensazioni. Il Fonosimbolismo si realizza mediante lo strumento dell’ ONOMATOPEA: figura retorica per cui il suono della parola imita il suono dell’oggetto designato; i suoni delle parole possono dunque assumere significati evocativi autonomi, cioè possono significare di per sé, non solo in quanto si combinano a significare la parola. Es: “dlin…dlin” della bicicletta, “tri… tri” dei grilli; “cu… cu” del cuculo, il “chiù” dell’assiuolo.

L'ANALOGIA: procedimento retorico forgiato dai più grandi poeti romantici che diventa la risorsa espressiva primaria dei Decadenti e dei Simbolisti. Consiste nella connessione fulminea tra due concetti o immagini, più rapida della similitudine e tutta fondata su uno scatto metaforico che conduce alla rapida sintesi di due elementi.

L'ALLITTERAZIONE: figura retorica che consiste nella ripetizione degli stessi fonemi in due o più parole vicine.
ASSONANZA: si ha quando due o più parole al termine del verso presentano le medesime vocali a partire da quella tonica.
SINESTESIA: associazione espressiva di parole pertinenti a sfere sensoriali differenti.

 LA PRECISIONE E LA NITIDEZZA LESSICALE : uso di una lingua poetica nuova che abolisce i termini aulici della tradizione letteraria, perché ritenuti generici e vaghi, a favore di una sterminata nomenclatura specifica - uso di termini tecnici - per indicare con esattezza tecnica fiori, piante, animali, attrezzi da lavoro). Riscontriamo in ciò tracce della lezione del Positivismo e del Naturalismo.

 IL FRAMMENTARISMO IMPRESSIONISTICO : la precisione e la nitidezza lessicale SI TRADUCE in uno stile pittorico impressionistico, fatto di tocchi rapidi di denso cromatismo. Alcune delle più celebri liriche appaiono dei veri e propri quadretti descrittivi, vividi e accurati. La lirica “Patria” rappresenta uno dei culmini dell’impressionismo pascoliano. Così il poeta definisce le nuvole “bianche spennellate/in tutto il ciel turchino”. L’Impressionismo pascoliano è affidato a una rapida sequenza di immagini, a una successione di note visive accostate tra loro da un’interpunzione fitta, costituita prevalentemente da due punti e virgole, con un tocco rapido derivante dalla prevalenza di uno stile nominale “Siepi di melograno/ fratte di tamerice/ il palpito lontano/ d’una trebbiatrice / l’angelus argentino”.

 PLURILINGUISMO→ USO DI TERMINI TECNICI E GERGALI, LATINISMI, VOCABOLI STRANIERI (vedi ad es. il poemetto Italy)
 ESPRESSIONISMO LINGUISTICO: il gusto del vocabolo preciso diventa in Pascoli una puntigliosa registrazione del parlato popolare che si introduce con forza espressiva nelle strutture della lingua poetica; contaminazione linguistica tra lingua poetica-modi linguistici tipici della Garfagnana .

G. PASCOLI (1855-1912) - IL FANCIULLINO



Il Fancilullino è uno scritto teorico articolato in 20 capitoli , la cui composizione si svolge nell’arco di un decennio. Pubblicato inizialmente a puntate sulla rivista “Il Marzocco”, compare in edizione definitiva nel 1907 all’interno del volume “Pensieri e discorsi”. Il saggio costituisce la massima espressione della sua riflessione teorica sulla poesia; Il fanciullino si presenta come una lunga e dettagliata esposizione del programma poetico dell’autore, in cui sviluppa il concetto prerazionale e intuitivo della poesia.

LA POETICA DEL IL FANCIULLINO
L’idea centrale della riflessione teorica è che il poeta è il solo privilegiato che riesce a dar voce al “fanciullo” – simbolo dell’irrazionale - che rimane nascosto in ognuno di noi; la poetica del fanciullino si collega al concetto di poesia intesa come “meraviglia”: come agli occhi puri e innocenti di un fanciullo il mondo appare meraviglioso e stupefacente anche nei suoi aspetti più comuni e banali, così il poeta deve saper cogliere LO STRAORDINARIO NELL’ORDINARIO, scavare nelle sensazioni fino ad isolarne tratti che sfuggono al senso comune ed esprimere quei tratti a parole, quasi come un novello Adamo che “mette il nome a tutto ciò che vede e sente”. Ma il fanciullo che è in noi è normalmente soffocato dalle esigenze della vita; esso è invece rimasto in vita nel poeta e parla e si esprime nei suoi versi. Il compito del poeta consiste nel comunicare il senso di stupore che nasce dalla conoscenza nuova e sempre diversa che hanno della realtà circostante coloro i quali possiedono la particolare facoltà di vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma non è percepito dalla maggior parte degli individui.
il Pascoli teorizza la sua poetica, intimamente connessa al Decadentismo, - la poetica del Fanciullino- all’incirca negli stessi anni in cui D’Annunzio elabora il mito del «superuomo. Questi i punti principali della poetica pascoliana:
 NATURA IRRAZIONALE E INTUITIVA DELLA POESIA. Il poeta è quel fanciullino presente in un cantuccio dell’anima di ognuno di noi, un fanciullino che rimane piccolo anche quando noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, anche quando nell’età più matura siamo distratti e impegnati in attività pratiche. Il fanciullino che è in ciascuno di noi arriva alla verità non attraverso il ragionamento, ma in modo intuitivo ed irrazionale, guardando tutte le cose con stupore, con aurorale meraviglia, come fosse la prima volta: Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perché d’un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporti nell’abisso della verità. Anche la poesia, per Pascoli, deve essere spontanea e intuitiva, come intuitivo è il modo di conoscere e di giudicare dei fanciulli. C’è in Pascoli, dunque, l’idea della poesia “pura”, genuina espressione del sentimento, immune da interferenze intellettualistiche e da ogni finalità pratica.
La poesia tradizionale secondo Pascoli non sa di guazza e d’erba fresca: essa non ha la spontaneità e lo stupore della percezione fanciullesca, sovraccarica com’è di raffinatezza letteraria, di schemi retorici. La poesia, inoltre, deve essere pura e istintiva perché il fanciullo non s’intende di problemi politici o morali, né di lotte sindacali e di ideologie; una poesia che s’interessa programmaticamente di questi problemi è poesia applicata e si risolve in propaganda o retorica.
 POTERE ANALOGICO E SUGGESTIVO DELLA POESIA. Se il poeta-fanciullo arriva alla verità in maniera alogica e irrazionale, per folgorazioni intuitive, la poesia allora deve affidarsi all’intatto potere analogico e suggestivo dei suoi occhi, non ancora inquinati da alcuno schema mentale, culturale, storico. Gli occhi del fanciullo scoprono nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose; adattano il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario; impiccioliscono per poter vedere, ingrandiscono per poter ammirare, giungendo, immediatamente e intuitivamente, quasi per suggestione, al cuore delle cose, al mistero che palpita segreto in ogni aspetto della vita.
 POESIA COME SCOPERTA e CONOSCENZA : VALORE GNOSEOLOGICO DELLA POESIA. La poesia non è invenzione, ma conoscenza e scoperta : scoperta di una realtà ultrasensibile che solo che solo il poeta , grazie alla sua particolare sensibilità di “fanciullo”, sa cogliere e decifrare (A.Rimbaud, Lettera del veggente). Poesia è trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima; e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente, e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra anima. La poesia ci mette in comunicazione immediata con il mistero che è la realtà vera dell’essere, essa è un mistico contatto con l’anima delle cose, è la forma suprema di conoscenza.
 IL SIMBOLISMO. Il fanciullo-poeta non riesce a cogliere i rapporti logici di causa ed effetto tra le cose, a fissarle in un insieme o sistema coerente. Gli oggetti vengono piuttosto percepiti in modo isolato e svincolato dal contesto, scatenando così l’immaginazione del poeta che li carica di significati nuovi, antichi ricordi o esperienze del proprio universo immaginario, e ne fa un simbolo. Ecco allora che l’”aratro dimenticato” in mezzo al campo diventa il corrispettivo di una vita solitaria, di uno stato d’animo pervaso di malinconia e di tristezza. L’«albero spoglio e contorto» diventa simbolo dell’angoscia dell’uomo; il «nido vuoto» simbolo della casa vuota delle presenze familiari; i «fiori» simbolo dell’inquietudine e del peccato, della incomunicabilità dell’esistenza umana, gli annunciatori della morte. Tutta la poesia pascoliana è intrisa di simboli, perché la realtà che essa rappresenta è il mistero insondabile che circonda la vita degli esseri viventi e del cosmo. Il poeta è teso ad esprimere i palpiti arcani, le rivelazioni delle cose, le illuminazioni dell’ignoto. Il simbolismo pascoliano – e in generale tutta la sua sensibilità decadente- come rileverà anche successivamente Eugenio Montale, pur avvicinandosi a quello europeo, resta ancora un atteggiamento ristretto provinciale, più istintivo che consapevole e programmatico, perché modesti furono in verità i contatti del poeta con la cultura europea, ridotte le sollecitazioni esterne. (Il simbolismo pascoliano non raggiunge la profonda coscienza, la medesima tensione visionaria, l’agonismo conoscitivo del Simbolismo francese).
 LE UMILI COSE. Se la poesia è nelle cose stesse, nel particolare poetico, allora anche i motivi della poesia non necessariamente devono essere grandiosi ed illustri, o avere il fascino dell’antico e dell’esotico, quel fascino che tanto ammalia i poeti del secondo Ottocento francese. Per il poeta, come per il fanciullo, sono degne di canto anche le piccole cose, umili, quotidiane, familiari, le piante più modeste, i piccoli animali, gli eventi del mondo naturale e campestre. La poesia del Pascoli canta l’umile fatica delle lavandare ,la famiglia raccolta attorno alla tavola, i frulli d’uccelli, lo stormire dei cipressi, il lontano cantare di campane, il tuono, il lampo. La tematica, delle piccole cose è legata all’universo contadino, un mondo semplice e schietto intriso di sacralità e di arcana saggezza, da cui il Pascoli proviene e al quale sempre rimane fedele.
 FUNZIONE CONSOLATRICE DELLA POESIA. La poesia, oltre a rappresentare uno strumento di conoscenza della realtà ultrasensibile, svolge una suprema funzione civile e morale: Il poeta, se e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce ispiratore di buoni e civili costumi, d’amor patrio e familiare e umano. E’ la poesia che persuade l’uomo ad accontentarsi del poco e del suo stato, perché pone un soave e leggero freno all’instancabile desiderio, quello di crescere socialmente. La poesia, dunque, invita alla fratellanza contro la comune infelicità, e non alla lotta di classe che divide; invita alla conciliazione delle contraddizioni, ad una comunione degli uomini nella rassegnazione per una impossibile felicità. Ma tale rassegnazione, è evidente, lascia regressivamente il mondo com’è, con le sue disuguaglianze, le sue miserie, le sue sopraffazioni.

IL SAGGIO BREVE.



Il saggio breve è un testo a carattere informativo - argomentativo, diffusosi nella pratica scolastica a partire dal 1998, con l’entrata in vigore della nuova normativa sugli esami di Stato, che lo ha introdotto tra le tipologie testuali della prima prova scritta di Italiano. Il saggio rappresenta un esempio di scrittura documentata in quanto si basa su un' accurata documentazione che l’autore acquisisce come supporto informativo della propria personale interpretazione di una questione, e come garanzia di oggettività per il lettore.
Per la stesura di un saggio breve è necessario:
 Comprendere il testo (la documentazione fornita dal Dossier)
 Conoscere l’argomento (traccia)
 Saper argomentare (discutere su un fenomeno) facendo riferimento a concetti validi che abbiano la forza del convincimento e il sostegno della attendibilità. La scelta degli argomenti deve far riferimento a criteri razionali:
- fatti concreti (esempi tecnici, fatti di cronaca, eventi storici)
- ricorso ad opinioni autorevoli (formulate da esperti, intellettuali, organismi internazionali)
- criterio logico (causa-effetto)
- ricorso a principi etici universali

IL DOSSIER INFORMATIVO
 INTERPRETAZIONE: parole chiave, concetti chiave, citazioni, sintesi/ confronto tra i documenti/interpretazione personale.
 Fare una SCHEDATURA DEI DOCUMENTI individuandone i concetti chiave ( i nuclei concettuali attraverso le parole-chiave) e le frasi tematiche. Nel caso di documento non verbali (iconografici, numerici, ecc) sintetizzare il loro contenuto.
 Comprendere le TESI di fondo di ciascuno dei brani presentati; confrontare tra loro le tesi.
 Definire la propria TESI che può coincidere o meno con le tesi emerse dall’analisi dei documenti. Esporla e discuterla, avvalorandola con ARGOMENTI VALIDI POSTI A SOSTEGNO DELLA TESI.


FASI DI SVOLGIMENTO DEL SAGGIO BREVE
• PRESCRITTURA
- Lettura e analisi della consegna e dell’argomento (Traccia)
- Lettura e schedatura della documentazione
- Scelta della TESI da sostenere e delle argomentazioni a favore della tesi
- TITOLO (meglio se formulato successivamente).
- DESTINAZIONE EDITORIALE : rivista specialistica letteraria, rivista di studi storici, rivista di studi socio-economici, rivista a carattere scientifico; fascicolo scolastico di ricerca e documentazione.
- STILE: sintassi più o meno complessa, lessico accurato e specialistico, stile prevalentemente ipotattico.
- Costruzione di una SCALETTA del testo argomentativo, cioè di un elenco di punti e sottopunti, disposti in ordine verticale che servirà come schema per la stesura del testo (attribuire a ciascun punto un numero, oppure una lettera dell’alfabeto).

• SCRITTURA


A) INTRODUZIONE (PARAGRAFO INIZIALE):
Informazioni sommarie sull’argomento proposto dalla traccia: si espongono i termini del problema e gli elementi utili alla sua comprensione. Enunciazione della questione nei suoi elementi informativi fondamentali. L’ introduzione ha un carattere informativo e costituisce la premessa all’argomentazione vera e propria che caratterizzerà il corpo centrale del testo.
Come iniziare: inquadramento del problema con informazioni a carattere generale; domanda o serie di domande che troveranno risposta; affermazione personale; citazione di persona autorevole; riferimento a fatti storici, vicenda personale, aneddoto.

B) Dichiarazione della TESI, da inserire in posizione di rilievo: preferibilmente all’inizio del testo, oppure nel corso o alla fine della trattazione (PARAGRAFO CON DICHIARAZIONE DELLA TESI).

C) Evidenziazione di un'eventuale ANTITESI : viene enunciata una tesi contraria e si espongono gli argomenti che la sostengono.

D) Elaborazione, attraverso PARAGRAFI (nuclei di testo coesi e coerenti), delle ARGOMENTAZIONI a favore della TESI ed, eventualmente, a confutazione dell'ANTITESI: si espongono argomenti a sostegno della tesi e si dimostra che gli argomenti dell’antitesi sono infondati e/o non validi, scegliendo un criterio logico di successione.
I singoli PARAGRAFI, dedicati agli argomenti a favore della tesi o a confutazione dell’antitesi, devono contenere dati informativi validi desunti dal dossier o da altre conoscenze in tuo possesso, e ragionamenti (nessi logici, esempi, confronti) che motivino le tue affermazioni e costruiscano progressivamente il procedimento argomentativo. I vari paragrafi dovranno rispondere a criteri di coerenza logica e di coesione tematica.

A tal proposito risulta fondamentale l’uso dei CONNETTIVI TESTUALI che possono essere:
- Forme nominali e verbali che rimandano ad una parola del paragrafo precedente (pronomi come “ciò”, “questo fatto”, o aggettivi, sostantivi e verbi ripetuti o sinonimi);
- Congiunzioni, avverbi,preposizioni, locuzioni che esprimono il criterio logico di successione tra i paragrafi: “ma, tuttavia, conseguentemente, come abbiamo visto, a ciò si aggiunga che in primo luogo, ad esempio ipotizziamo che”.

Una volta concluso il paragrafo, è opportuno andare a capo per segnalare graficamente il cambio di argomento (non confondere il Paragrafo con il Periodo). E’ opportuno, almeno nella prima fase di stesura, titolare o numerare i singoli paragrafi, al fine di meglio evidenziarli. E'opportuno l'uso della terza persona.

E) Stesura della CONCLUSIONE, in cui si riporta l’attenzione sulla tesi e se ne ribadisce la validità, prospettando eventuali sviluppi della tesi stessa.

F) assegnazione del TITOLO.

N.B. Ricordati di dedicare a ciascun punto della scaletta (A,B,C,D,E) un paragrafo, cioè una porzione di testo unitaria per significato e struttura morfosintattica, caratterizzata da una relativa autonomia dal resto del testo (non confondere il Paragrafo con il Periodo).
- I dati informativi vanno corredati da precisi e opportuni riferimenti testuali. Citazione bibliografica: Nome e cognome autore, Titolo opera (tra virgolette oppure sottolineato), casa editrice, luogo e data di edizione. Es: C.Levi, “Cristo si è fermato ad Eboli”,Einaudi, Torino 1945.

• POSTSCRITTURA : Rilettura e correzione; copiatura, rilettura conclusiva.


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