venerdì 8 gennaio 2016

IL VERISMO : GIOVANNI VERGA, LUIGI CAPUANA (V.De Caprio-S.Giovannardi, I testi della letteratura italiana, L'Ottocento)



Dopo il 1870 Luigi Capuana dà vita a Milano, insieme a Giovanni Verga (1840-1922) al movimento verista, che si prefigge di riproporre in Italia la poetica del Naturalismo francese. Il movimento verista nasce nella seconda metà degli anni settanta a Milano, città che era divenuta, grazie al rapido sviluppo industriale, uno dei centri culturali più vivi e ricettivi della nazione, come dimostrava il recente fenomeno della Scapigliatura. L’evento decisivo è l’uscita nel 1877 del romanzo L’Ammazzatoio di Emile Zola, subito recensito da Luigi Capuana sul “Corriere della Sera”. Di lì a pochi mesi Luigi Capuana, insieme all’amico catanese Giovanni Verga, allo scapigliato Roberto Sacchetti e a Felice Cameroni, decidono di tentare anche in Italia una poetica ispirata ai principi del Naturalismo.
La poetica del Verismo si fonda taluni principi fondamentali:
L’ARTE COME INVESTIGAZIONE SCIENTIFICA DELLA REALTÀ SOCIALE
IL ROMANZO DIVIENE UN “DOCUMENTO UMANO” : Il romanzo come genere letterario che fotografa, con spietato realismo, i comportamenti individuali e sociali.
Il fattore ereditario e l’ambiente sociale come fattori condizionanti della vita dell’uomo. Alla luce di queste teorie anche i fenomeni psichici rientrano, come tutti i fenomeni biologici, nelle leggi del “Determinismo scientifico” che impone una spietata lotta per la sopravvivenza.

CANONE DELL’IMPERSONALITA’. ECLISSI DEL NARRATORE.
(NARRATORE ESTERNO- FOCALIZZAZIONE ESTERNA/ FOCALIZZAZIONE INTERNA VARIABILE) “..la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, e il romanzo avrà l’impronta dell’avvenimento reale, e l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé” (Prefazione de “L’amante di Gramigna”, di G. Verga, da "Vita dei campi" , 1880). La focalizzazione interna si manifesta soprattutto nella presenza del “Narratore popolare”: il narratore assume il punto di vista dei vari personaggi della vicenda, di cui riporta pensieri, espressioni tipiche del parlato quotidiano, proverbi ed espressioni gergali (“In quell’ora fra vespero e nona, in cui non ne va in volta femmina bona”) , similitudini e metafore tratte dal mondo contadino. Tra gli artifici a disposizione del Narratore popolare, ricordiamo l’uso sistematico del “Discorso diretto libero” ( Il narratore riporta i pensieri o le espressioni tipiche dei personaggi senza introdurli attraverso verbi dichiarativi ( “Egli invece era stato sano e robusto, ed era malpelo, e sua madre non aveva mai pianto per lui perché non aveva mai avuto timore di perderlo”= Rosso Malpelo diceva che egli invece era stato sano e robusto…)
LA MIMESI LINGUISTICA – REGRESSIONE LINGUISTICA DEL NARRATORE: l’arte del Naturalismo francese, e successivamente del Verismo , cerca di adattare la lingua della narrazione alla realtà popolare rappresentata, mediante la tecnica del “Discorso indiretto libero” e mediante il calco del gergo tipico delle desolate campagne siciliane nella seconda metà dell’Ottocento. La mimesi del linguaggio, ottenuta attraverso l’acquisizione dei tratti stilistici del parlato quotidiano, si realizza nella presenza di squarci dialettali, di espressioni proverbiali in dialetto siciliano. Nei romanzi veristi è evidente la ripresa di strutture sintattiche e di espressioni tipiche del linguaggio parlato, come per esempio l’ uso pleonastico del pronome; l’uso di forme pronominali dialettali (ste belle notizie), la ripetizione enfatica (voleva trargli fuori le budella dalla pancia, voleva trargli).

IL VERISMO, tuttavia, sin dal suo sorgere presenta differenze sostanziali rispetto al Naturalismo francese.
La prima sostanziale differenza risiede nel metodo di rappresentazione della realtà. Il metodo d’indagine verista non è più tanto quello fotografico, bensì quello dell’osservazione, dell’introspezione psicologica: il personaggio verista vive di luce propria, e lo scrittore alimenta questa luce attraverso il metodo conoscitivo legato ai particolari della realtà.
Nel rapporto ESSERE UMANO –NATURA prevale sempre l’essere umano. Quest’ultimo è analizzato costantemente nei suoi rapporti con le strutture sociali, ma l’oggetto vero di indagine letteraria resta pur sempre l’uomo (vedi Realismo romantico), non più inteso come soggetto patologico, bensì come creatura umana, analizzata nono soltanto negli aspetti concreti, ma anche nei risvolti morali e psicologici.
Nel Naturalismo è la Natura che sovrasta il mondo ed è causa determinante anche dei valori morali dell’uomo (responsabilità morale della natura); nel Verismo, invece, emerge sempre la figura dell’uomo, in cui lo scrittore si perde del tutto.

METODO FOTOGRAFICO INDAGINE PSICOLOGICA
SOGGETTO PATOLOGICO ESSERE UMANO
UOMO – NATURA UOMO - NATURA


L’arte verista resta comunque un’arte impersonale poiché lo scrittore verista non deve dimostrare attraverso il suo personaggio delle particolari verità o tesi, sono i personaggi che intessono essi stessi il racconto e vivono di luce propria : “l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé” (Prefazione “L’amante di Gramigna”)
I PERSONAGGI dell’opera verista non sono consapevoli della realtà in cui essi si trovano ad agire, non ne comprendono in pieno la matrice storica, politica e sociale. Essi sono immersi nella secolare immobilità culturale e sociale della Sicilia borbonica , ancorati saldamente ad un arcaico codice di valori tradizionali che regolava i rapporti interpersonali e sul quale si fondava la sacra etica familiare. I personaggi dei racconti e dei romanzi veristi sono umili contadini, pescatori, minatori, prostitute, carrettieri, briganti, pastori, personaggi emarginati dalla comunità; tutti destinati a soccombere in una società regolata dal principio darwiniano della “lotta per la sopravvivenza”; la maggior parte di essi appaiono rassegnati all’accettazione del loro status e del pregiudizio popolare con atteggiamento disincantato, nella pessimistica consapevolezza dell’inesorabilità delle leggi di natura ( nessuno può sfuggire al proprio destino). All’ottica idealizzata e ottimistica, alla visione provvidenzialistica che aleggia nei Promessi Sposi, si sostituisce una visione profondamente pessimistica e disincantata della realtà umana, fatta di sofferenze e prevaricazioni, alla quale nessuno può sfuggire. IL PESSIMISMO DI VERGA (espresso pienamente nei romanzi del ciclo dei "vinti" : I Malavoglia 1881, Mastro Don Gesualdo 1889) risiede nell’accettazione fatalistica della realtà ostile, che nulla vale a mutare o a consolare.
Se gli umili del Manzoni rappresentavano una realtà inevitabilmente deformata e idealizzata dall’ottica onnisciente del narratore borghese, nutrivano fede in Dio, fonte di speranza in un futuro di giustizia e di riscatto morale; apparivano rassegnati, e allo stesso tempo fiduciosi nell’intervento provvidenzialistico divino, gli umili di Verga accettano fatalmente e con rassegnazione eroica e disincantata il loro destino di miseria e di emarginazione, e qualora tentano di risalire la scala sociale alla ricerca del successo e del benessere, rimangono vittima di una sorte avversa e ostile. Nei personaggi di Verga vi è la rassegnazione fatalistica, aliena da ogni sentimento di conforto che possa scaturire dalla fede in Dio.


TEMI E CONTENUTI DELLE OPERE DEL VERGA

- LA LOTTA “DARWINIANA” PER LA SOPRAVVIVENZA
- IL MITO DEL SUCCESSO ECONOMICO – LA LOGICA ECONOMICA che prevale necessariamente sugli affetti familiari. Il tema della “roba”.
- LA RELIGIONE DELLA FAMIGLIA
Il personaggio verghiano è legato alla terra nel senso della conservazione dei valori della tradizione: egli mostra un tenace attaccamento alla terra d’origine – la Sicilia - nonostante essa appaia teatro di miserie e di immobilismo sociale, modello di rassegnazione ad un destino di esclusione e sconfitta. Tale attaccamento, morboso e conflittuale, si manifesta nella rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti e di soprusi. La “terra” è presente attraverso un ampio bagaglio di simboli e metafore tratte dall’universo contadino. La Sicilia che emerge nei racconti di verga è quella rurale e arretrata della seconda metà dell’ottocento, con il suo immobilismo culturale, con il suo codice di valori arcaici sul quale si fondava l’etica familiare e i rapporti interpersonali. Le novelle e i romanzi veristi sono tutti ambientati in Sicilia, una terra che diviene l’emblema di una irriducibile diversità, il simbolo del fallimento degli ideali nazionali, fino a farsi metafora, con i suoi paradossi , della sconfitta in cui incorre costantemente la ragione umana allorché confida in false illusioni e falsi miti. (Concezione pessimistica del Progresso e dei rapporti umani).
L’AMORE inteso come puro istinto sessuale che travolge ogni valore morale; l’eros come degradazione a livello ferino. L’assimilazione allo stato bestiale dell’amore è sostenuta da frequenti similitudini, metafore e proverbi che rimandano simbolicamente alla civiltà contadina .

LA DISTORSIONE DEI VALORI, IL RELATIVISMO DEI VALORI rappresentato mediante l’artificio dello “straniamento”, dove cioè i giudizi della comunità, palesemente distorti o infondati ,vengono presentati come del tutto oggettivi e normali (Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badile, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, a dormire sui sassi, colle braccia e la schiena rotta da quattordici ore di lavoro; anche a digiunare era avvezzo, allorché il padrone lo puniva levandogli il pane o la minestra. Ei diceva che la razione di busse non gliela aveva levata mai il padrone; ma le busse non costavano nulla”)

LUCI ED OMBRE DEL PROGRESSO – MATERIALISMO E PESSIMISMO- MORTE COME UNICO RIMEDIO AL MALE: Verga assume un atteggiamento critico rispetto alla nozione positivista di progresso, cioè l’idea, propria della cultura del tempo, di un graduale miglioramento delle condizioni materiali e spirituali dell’intera umanità. Verga non nega questa questa convinzione, ma sottolinea come le grandi conquiste collettive facciano passare sotto silenzio le miserie e le nefandezze, le ipocrisie e gli egoismi individuali che al progresso si accompagnano: “Nella luce gloriosa che l’accompagna dileguarsi le irrequietudini, le avidità, l’egoismo, tutte le passioni, tutti i vizi che si trasformano in virtù, tutte le debolezze che aiutano l’immane lavoro, tutte le contraddizioni, dal cui attrito sviluppasi la luce della verità. Il risultato umanitario copre quanto c’è di meschino negli interessi particolari che lo producono;” (Prefazione de “I Malavoglia”). Emerge così in modo netto come il materialismo verghiano sia legato ad una concezione fortemente pessimistica della realtà. L’autore riconduce ogni azione umana a desideri e ambizioni di natura egoistica, escludendo così di fatto che gli uomini possano essere mossi da aspirazioni moralmente elevate.




REALISMO E NATURALISMO NELLA CULTURA EUROPEA (V.De Caprio- S.Giovanardi, I testi della letteratura italiana, L'Ottocento)



Dare una definizione di “realismo” non è operazione semplice, a causa della molteplicità di accezioni che questo concetto implica. IN SENSO PROPRIAMENTE LETTERARIO ogni opera narrativa o poetica che dimostri la volontà dell’autore di descrivere e rappresentare elementi propri della vita reale ha in sé caratteri di realismo. In questa direzione si è mossa la ricerca del filologo e critico letterario tedesco Erich Auerbach (1892 –1957), che in una sua celebre raccolta di saggi dal titolo Mimesis – Il realismo nella letteratura occidentale ha individuato i segni di un atteggiamento “realista” in opere di genere ed epoche assai differenti. Se è vero che tali segni nella letteratura sono sempre stati presenti, prendiamo come caso emblematico il realismo dantesco nella Commedia, è però altrettanto vero che soltanto a partire dalla prima metà dell’Ottocento si è affermata in Europa una corrente narrativa coerentemente realista, impegnata in una sorta di analisi- rispecchiamento del panorama sociale. Nel corso del XIX sec., l’esigenza di realismo, favorita da particolari condizioni politiche e culturali (i sommovimenti suscitati in Europa dalla rivoluzione francese e, sul piano culturale, dalla rivoluzione romantica), si lega soprattutto alla diffusione del ROMANZO, come genere letterario di più largo consumo, che intende proporsi quale affresco della realtà contemporanea. NEL CORSO DELL’OTTOCENTO IL ROMANZO SI RIVELA COME LA FORMA PIÙ ADATTA A COGLIERE LA REALTÀ UMANA E SOCIALE IN TUTTA LA SUA PIENEZZA E VARIETÀ; IL ROMANZO, PIÙ DI OGNI ALTRO GENERE LETTERARIO, SI PRESTA A RAFFIGURARE LA MULTIFORMITÀ DEL REALE.
Nei decenni a cavallo tra Settecento e Ottocento il sovvertimento di monarchie secolari, lo sconvolgimento di un ordinamento sociale rimasto sostanzialmente immutato dal Medioevo, il mutamento repentino delle condizioni di vita di intere masse di individui impongono di riconsiderare la condizione dell’uomo alla luce di parametri culturali nuovi e più ampi. Mentre l’illuminismo aveva nutrito la convinzione che la natura e la ragione umana non fossero soggette a un perenne divenire, nel corso dell’Ottocento si fa invece strada l’idea che L’UOMO SIA IL PRODOTTO DELLA STORIA COLLETTIVA e che anche nel presente egli sia sottoposto a modificazioni continue. Sul piano letterario questa CONCEZIONE STORICISTICA ha un’importanza straordinaria. Infatti ogni personaggio non può più essere definito attraverso statiche caratterizzazioni morali o psicologiche, ma va presentato come entità che subisce i condizionamenti di una sfera sociale e un’epoca precise. La sua personalità e l’idea che egli ha di sé devono trovare giustificazione nel contesto in cui egli è costretto ad agire, e l’ambiente storico sociale che lo circonda va quindi descritto in modo ampio e ben documentato. La capacità di comprendere e di ricostruire la “realtà, in una parola il “realismo” diviene quindi un fattore indispensabile per l’elaborazione di un testo narrativo. Questa nuova forma di impostare e sviluppare il racconto, trova nel romanzo il suo esito più congeniale.
In Francia l’esigenza di realismo in letteratura si afferma più palesemente dopo la caduta di Napoleone, e raggiunge livelli assai elevati in scrittori quali Stendhal (pseudonimo di Henry Beyle, 1783-1842), Honoré de Balzac ( 1779-1850), Gustave Flaubert (1821-1880); sulle opere di questi grandi maestri del Realismo, si innesta la tradizione del romanzo naturalista che raggiunge la sua piena maturazione in scrittori come i fratelli Edmond (1822-1896 ) e Jules Goncourt ( 1839-1870), Emile Zola (1840-1902), Guy de Maupassant (1850-1893), ritenuti i più significativi maestri del movimento letterario noto come NATURALISMO.

Il NATURALISMO, sviluppatosi in Francia nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, rappresenta l’espressione letteraria della cultura del POSITIVISMO, che svolge un ruolo di primo piano nell’Europa della seconda metà del secolo.
Il Positivismo ha le sue origini nella Francia dell’età di Luigi Filippo (1830-1848), diviene nella seconda metà del secolo la filosofia egemone in Europa: sostiene la necessità di ricercare leggi oggettive in tutti i campi del sapere, utilizzando i metodi delle scienze positive, fondate su dati reali, tangibili, empiricamente osservabili, e su verifiche certe. Il Positivismo fu innanzitutto un indirizzo filosofico che giudicava la conoscenza scientifica e il metodo di ricerca analitico-sperimentale come i soli strumenti validi per giungere ad una esaustiva interpretazione della realtà. Presto il Positivismo viene esteso ad ogni ambito disciplinare, dall’arte all’economia, alla politica, comprese le scienze umane, e finisce per influenzare direttamente anche la letteratura e la critica letteraria. Sorgono e si sviluppano nuovi campi disciplinari, come la sociologia, l‘etnografia e l’etnologia, poiché anche la società viene analizzata e descritta secondo il metodo sperimentale.
Teorici del Positivismo furono il filosofo e sociologo francese Auguste Comte (1798 –1857; discepolo di Henri de Saint-Simon, è generalmente considerato l'iniziatore del Positivismo: « L'Amour pour principe et l'Ordre pour base; le Progrès pour but »: “L'Amore per principio e l'Ordine per fondamento; il Progresso per fine » Auguste Comte, Sistema di politica positiva) e il filosofo inglese Herbert Spencer (1820-1903). Quest’ultimo fu primo a tracciare i lineamenti di una “scienza della società”, ossia della moderna sociologia. Grazie alla scoperte scientifiche e mediche, cambia anche la visione del mondo: l’essere umano appare sempre più come una macchina “conoscibile” e “indagabile”, non soltanto nei suoi aspetti clinici, ma anche in quelli psicologici. In pieno clima positivista si colloca la teoria evoluzionistica del naturalista inglese Charles Darwin (1809-1882), che nel 1859 pubblica un’opera dal titolo “L’origine della specie” (1859); in questo saggio Darwin formulò, sulla base di lunghe osservazioni scientifiche condotte sul mondo animale, una compiuta teoria dell’evoluzione degli esseri viventi, basata sul principio della selezione naturale e della lotta per la sopravvivenza. Sebbene il principio della selezione naturale poteva prestarsi, come di fatto accadde, ad una interpretazione pessimistica delle dinamiche sociali (nei rapporti tra gli individui e fra le classi) determinate e regolate dalla legge del più forte, le teorie darwiniane apparvero, allora, come la garanzia ottimistica di un progresso indefinito della specie umana. Ben presto le teorie di Darwin vengono applicate da Herbert Spencer alla società umana. Secondo Spencer anche la società è oggetto di un processo evolutivo che ne determina le trasformazioni interne(riguardanti la struttura gerarchica, l’economia, il lavoro) e che implica una lotta per la sopravvivenza e una necessaria selezione di cui sono vittima gli individui più deboli, ovvero quelli appartenenti agli starti sociali più bassi.

Il primo ad estendere le concezioni del Positivismo e dell’evoluzionismo darwiniano alla letteratura è il critico inglese Taine (1828-1893), che è anche il primo a utilizzare in un suo libro su Balzac del 1858 l’aggettivo “naturalista”. Nella prefazione alla sua "Storia della letteratura inglese" (1863), Taine attribuisce alla letteratura il compito di indagare scientificamente la realtà sociale, mediante l’esame dei tre fattori che, a suo giudizio, determinano il comportamento e la psicologia umana: il fattore ereditario, l’ambiente sociale, il momento storico. Il destino dell’uomo viene ad essere il risultato dell’interazione tra questi tre fattori: “il vizio e la virtù- osservava Taine – non sono che dei prodotti, come lo zucchero e il vetriolo”.
L’opera letteraria, in particolare il romanzo, diviene così un documento scientifico: un’indagine condotta con metodo distaccato e rigoroso sulla società umana. Lo scrittore naturalista deve riprodurre la realtà in modo oggetivo, senza alcun compiacimento estetico, evidenziando le componenti storiche, ambientali, sociali che, secondo la lezione del Taine, determinano le azioni umane.


SUL PIANO STORICO-POLITICO, il Positivismo fu, nella seconda meta dell’Ottocento, l’ideologia tipica della Borghesia in ascesa. Esso fu assunto come base culturale del progressismo democratico e concorse - in parte- alla formazione della ideologia socialista. In Italia furono positivisti grandi studiosi di scienze sociali, come Cesare Lombroso (1835-1909), ma anche molti filologi e storici, come Pasquale Villari ( 1826-1917). Nelle sue diverse espressioni, il POSITIVISMO contribuì potentemente ad alimentare la fiducia nel progresso dell’umanità e a sostenere la convinzione di poter controllare, grazie alla scienza, il corso della natura e degli stessi processi sociali. Questo diffuso ottimismo poggiava, particolarmente, su due fenomeni storico sociali: lo sviluppo economico successivo agli anni 1946-47, e le recenti conquiste della scienza.

INDUSTRIA E SCIENZA - In tutta l’Europa più progredita l’industria promuove la ricerca scientifica e, nello stesso tempo, le scoperte scientifiche e le loro applicazioni in ambito tecnologico fanno avanzare le industrie.
I risultati più consistenti si ebbero proprio nel settore della produzione industriale che , fra il 1850 e il 1873, fece registrare un incremento rilevante che avvantaggiò, in particolare, le nuove potenze industriali: la Francia del Secondo Impero e la Germania, consentendo loro di ridurre il divario che le separava dalla Gran Bretagna. Lo sviluppo industriale si fondò essenzialmente sull’espansione dei settori siderurgico e meccanico. Per i Paesi di più recente industrializzazione furono questi settori a svolgere il ruolo trainante che in Inghilterra era stato proprio dell’industria tessile. Si trattò di uno sviluppo imponente sia dal punto di vista quantitativo (l’industria siderurgica tedesca crebbe per tutto il ventennio 1850-70 ad un tasso medio annuo del 10°/.), sia dal punto di vista qualitativo, reso possibile da alcuni fattori particolari.
Tra questi non possiamo non far riferimento in primo luogo alla diffusione di macchine tecnologicamente avanzate: la macchina a vapore che si sostituì definitivamente alla ruota idraulica, i filatoi e i telai meccanici che soppiantarono gradualmente quelli manuali, il combustibile minerale (carbon coke) che si sostituì sempre più a quello di legna; non meno importante la maggiore disponibilità di materie prime (minerali ferrosi e soprattutto il carbon coke) conseguente alla scoperta e allo sfruttamento di nuovi giacimenti minerari nell’Europa continentale ( Pas de Calais in Francia, il bacino della Ruhr in Germania); la rimozione di antichi vincoli giuridici che ostacolavano le attività economiche (ordinamenti corporativi, leggi che proibivano il prestito ad interesse, condanne per debiti o per fallimenti; si diffuse sempre più l’uso della carta moneta e degli assegni); il trionfo del libero scambio, con lo smantellamento delle numerose barriere che si frapponevano alla libera circolazione delle merci: imposte sul traffico delle vie d’acqua, dazi interni e soprattutto di entrata e di uscita ai confini fra gli Stati. Una fitta rete di trattati commerciali finalizzati ad una congrua riduzione delle tariffe doganali, fu stretta tra le principali potenze europee, Russia compresa. Il libero scambio favorì in primo luogo la Gran Bretagna che, grazie alla sua collaudata struttura industriale, poteva offrire i suoi prodotti a prezzi competitivi; ma finì col giovare anche agli altri Paesi europei, poiché provocando la scomparsa delle imprese meno attrezzate per sostenere la concorrenza, favorì, in generale, la modernizzazione dell’apparato produttivo.
I costi crescenti degli impianti industriali e l’accresciuta concorrenza diedero un forte impulso alla tendenza verso l’aumento delle dimensioni delle imprese e verso le concentrazioni aziendali. Si moltiplicarono, così, le Società per azioni, che consentivano agli imprenditori di ridurre il rischio negli investimenti e di sopperire al bisogno di capitale . L’eccesso di fiducia nelle capacità espansive del mercato fu all’origine di due crisi scoppiate nel 1857-58 e nel 1866-67, che interruppero momentaneamente il corso positivo dell’economia mondiale.
Alcune importanti invenzioni modificano la percezione dello spazio e del tempo. Tra queste, la rivoluzione dei trasporti e dei mezzi di comunicazione. Grazie all’espansione della ferrovia, il treno, realizzato agli inizi dell’Ottocento, accelera e intensifica gli spostamenti, diventando un simbolo di progresso: all’inizio del 1850 esistevano in tutto il mondo circa 40.000 ferrovie; dieci anni dopo, l’estensione della rete ferroviaria era quasi triplicata, con 110.000 Km, di cui più della metà nel Nord America; nel 1854 fu inaugurata la prima linea transalpina, la Vienna-Trieste. Rilevanti progressi si registrarono anche nell’ambito della navigazione a vapore ; infine, l’invenzione del telegrafo (1844) e, successivamente, quella del telefono (1871) consentono di comunicare in tempo reale da luoghi tra loro remoti. La scienza diventa un mito: si pensa che un destino di inarrestabile progresso attenda l’umanità.

Questi nuovi fermenti si traducono, in AMBITO LETTERARIO, nel movimento noto come NATURALISMO, che cercò di applicare in letteratura le vie “scientifiche” affermate dal Positivismo e dal darwinismo.
In Italia il Naturalismo inizia diffondersi a partire dalla metà del 1870, grazie ad una serie di articoli del critico Felice Cameroni (1844-1913) e dello scrittore Luigi Capuana (1839-1915) che nel 1877 recensisce il romanzo di Emile Zola (1840-1902), L’ammazzatoio e due anni dopo dedica allo scrittore francese il suo romanzo Giacinta. Proprio in questi anni (dopo il 1870) Luigi Capuana dà vita a Milano, insieme a Giovanni Verga (1804-1922) al movimento verista, che si prefigge di riproporre in Italia la poetica naturalista.