giovedì 25 febbraio 2016
G PASCOLI (1855-1912) (V.De Caprio - S.Giovanardi, I Testi della Letteratura italiana)
G. Pascoli nasce nel 1885 a San Mauro di Romagna in provincia di Forlì, quarto di dieci figli di Ruggero e di Caterina Vincenzi Alloccatelli. Il padre, amministratore della tenuta “La Torre” dei principi Torlonia, poteva garantire alla numerosa famiglia un’ agiata condizione economica. Dai sette ai quattordici anni Giovanni studia nel collegio dei Padri Scolopi di Urbino, particolarmente versati nell’insegnamento delle Lettere classiche. La vita del poeta fu segnata per sempre da una tragica catena di lutti che inizia fatalmente il 10 agosto 1867. Il quel giorno il padre Ruggero fu ucciso da una fucilata sulla via del ritorno a casa; l’anno successivo muore di tifo la sorella maggiore Margherita, seguita a pochi giorni di distanza dalla madre, colpita da un’improvvisa cardiopatia; più tardi , nel 1871, una meningite stronca il fratello Luigi. Infine muore di tifo anche il fratello Giacomo. Il Pascoli si ritrovò così a fronteggiare una situazione economica fattasi improvvisamente assai difficile.
Nel 1873 Pascoli vince una borsa di studi che gli consente l’iscrizione alla facoltà di Lettre dell’Università di Bologna. Qui Il poeta aderì alle idee socialiste ed anarchiche e prese parte anche a manifestazioni studentesche di protesta; per questa ragione perde la borsa di studio e viene anche arrestato, rimanendo in carcere per tre mesi. Finalmente a 27 anni si laurea, discutendo una tesi sul poeta greco Alceo, e intraprende la carriera di insegnante liceale di latino e greco, carriera che lo porterà a stabilirsi dapprima a Matera, successivamente a Massa, poi a Livorno.
A Massa, nel 1885, il poeta chiama a vivere con sé le due sorelle minori Maria (Mariù) e Ida, ricostruendo a finalmente quel “nido” che il destino aveva distrutto e inaugurando uno stile di vita non privo di aspetti morbosi, basato sul culto dei morti e sul tacito patto di non farsi una famiglia propria, rispettando una sorta di voto di castità ( “Il mio cuore è tutto pieno di Ida e Maria. Se a Livorno non guardo le donne, quando sono a Roma o a Firenze le guardo con orrore! Oh le mie due piccine! O Ida! O Maria! E mi addormmento col vostro nome, stringendo quella crocettina!” ). La riunione della famiglia, dopo tanti lutti, la faticosa ricostituzione del nido, è un momento di grande importanza per l’equilibrio psicologico del Pascoli.
Il 1895 è un anno cruciale nella vita del Pascoli: la sorella Ida si sposa, e quel matrimonio è sentito da Giovanni e Maria come un vero e proprio tradimento che sconvolge ulteriormente i loro già fragili equilibri psichici ed esistenziali. Ancora, nel 1895 si stabilisce con la sorella Maria a Castelvecchio di Barga, in provincia di Lucca, che diverrà la sede definitiva del loro nido, pur mutilato dalla defezione di Ida.
Nel 1898 Pascoli è nominato professore ordinario di letteratura latina all’università di Messina; successivamente viene chiamato dall’università di Pisa; infine nel 1905 è chiamato dall’università di Bologna a succedere a Giosué Carducci nella cattedra di letteratura italiana: il poeta accetta, ma l’insegnamento bolognese sarà sempre fonte di angosce per il difficile confronto con il predecessore, che pure era stato uno dei massimi estimatori della sua opera. Morì nella sua casa di Castelvecchio nel 1912.
LA PRODUZIONE LETTERARIA
A partire dagli anni Novanta, il Pascoli arriva a definire le principali linee della sua poesia in raccolte poetiche differenti e spesso parallele. Le maggiori raccolte poetiche di G. Pascoli sono: Myricae (1891), i Poemetti (1897)– divisi poi in Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909)- I Canti di Castelvecchio (1903), I poemi conviviali (1904), Odi e Inni (1906).
Occorre tener presente che Pascoli , come Carducci, porta avanti in parallelo diversi generi poetici in cui articola l’insieme del suo lavoro poetico:
una poesia prettamente lirica e di ispirazione “umile”, dedicata alla realtà contadina, alla quotidianità agreste evocata già nel titolo della sua prima opera, Miricae(cioè tamerici, piccoli arbusti sgraziati e assai diffusi) e poi ripresa e continuata idealmente nella raccolta I canti di Castelvecchio.
una poesia a carattere narrativo, affidata a lunghi componimenti raccolti nei Poemeti
una poesia di argomento classicistico e impegnativo, riversata nei Poemi conviviali
una poesia a carattere civile e patriottico: Odi e Inni, Le canzoni di re Enzio, I poemi italici, I poemi del Risorgimento.
In Pascoli abbiamo la copresenza di più “maniere” poetiche che egli frequentava contemporaneamente, mutando di volta in volta l’impostazione stilistica e le scelte tematiche di fondo. Le sue raccolte poetiche non si concludono in brevi spazi temporali, ma rappresentano un percorso stilistico prolungato nel tempo: ciò è testimoniato dalle numerose e successive edizioni che le caratterizzano. Le raccolte costituiscono cioè dei contenitori sempre aperti, che accolgono nel corso del tempo i vari prodotti poetici, a seconda delle loro caratteristiche. Lo stesso Pascoli era bel consapevole di ciò, tanto che pensò di contraddistinguere i diversi volumi delle sue opere con un motto tratto dai versi iniziali della IV Egloga di Virgilio(Sicelides Musae, paulo maiora canamus./ Non opmnes arbusta iuvant humilesque myricae).
Pertanto le raccolte Myricae e Canti di Castelvecchio - ispirate al motivo georgico - recano il motto “Arbusta iuvant humilesque myricae”; PASCOLI DECADENTE
i Primi e i Nuovi poemetti recano il motto “Paulo maiora”;
Odi e Inni “Canamus”; PASCOLI IDEOLOGICO - piccolo borhese
i Poemi conviviali “Non omnes arbusta iuvant”. PASCOLI CLASSICISTA
COMPONENTI CULTURALI IN PASCOLI
Il Classicismo, come modello di raffinatezza formale : il poeta fu un attento conoscitore della letteratura classica acquisita attraverso gli studi liceali e universitari (tesi di laurea sulla metrica del poeta greco Alceo) nonché della tradizione letteraria nazionale (Dante, Petrarca, Boccaccio, Tasso, Parini, Monti, Alfieri, Leopardi).
Fu uno studioso e conoscitore, seppur modesto, delle letterature straniere da cui derivò la sua spiccata sensibilità decadente (fatta eccezione per Victor Hugo, Theophile Gautier, Edgar Allan Poe, Baudelaire, i romantici tedeschi, non abbiamo notizie di particolari contatti o sollecitazioni dalla cultura d’oltralpe). Altre rilevanti componenti sono il Positivismo e il Realismo, il Parnassianesimo, il Simbolismo.
TEMI DELLA POESIA PASCOLIANA
IL TEMA AGRESTE: la realtà contadina è accuratamente descritta dal poeta in veri e propri dipinti poetici, quadretti di vita contadina ( l’aratura, la sfogliatura, il crocchio delle comari, la veglia serale) che procedono dalla descrizione esterna dei campi fino all’interno familiare. La realtà contadina è tanto più accuratamente descritta, quanto più Pascoli vi individua il luogo innocente e paradisiaco della propria infanzia, un mondo schietto, custode di saggezza atavica, di sentimenti autentici, di innocenti virtù. Da qui l’attenzione minuziosa del Pascoli per i dettagli paesaggistici che si ampliano di una suggestiva notazione fotografica, l’attenzione per i particolari anche minimi del mondo della campagna, con un raffinato gusto per il dettaglio che ha fatto parlare di “impressionismo” pascoliano.
Sotto l’apparenza dell’idillio, del quadretto lirico di intonazione agreste, si muovono contenuti misteriosi e nascosti. Ecco che il mondo fenomenico, realisticamente e puntigliosamente descritto, si arricchisce in Pascoli di una potente carica simbolico – evocativa.
Il motivo agreste ha dato vita a una poesia prettamente lirica e di ispirazione “umile”, dedicata alla realtà contadina, alla quotidianità agreste evocata già nel titolo della sua prima opera, Myricae(cioè tamerici, piccoli arbusti sempreverdi, sgraziati e assai diffusi) e poi ripresa e continuata idealmente nella raccolta I canti di Castelvecchio.
• Il motivo georgico si esprime attraverso il TEMA DELLA NATURA: in Pascoli rivivono, in chiave simbolica, le incontaminate virtù del paesaggio della Garfagnana (dove il poeta visse dal 1895, in compagnia dell’ adorata sorella Maria) che si arricchisce di suggestioni simboliche e irrazionali (San Mauro di Romagna, custode di antichi e felici ricordi d’infanzia, Castelvecchio di Barga)
• PREVALENZA della MEMORIA, del SOGNO, DEL SIMBOLO sulla realtà: ciò si realizza in Pascoli mediante la regressione inconscia del suo mondo psichico; si esprime attraverso la dimensione onirica e simbolica del RICORDO come della evocazione nostalgica del passato; il mito dell’infanzia come sogno di innocenti illusioni e di speranze di felicità.
• VISIONE TRAGICA DEL MONDO - TEMA DELLA MORTE E DEL DOLORE: la fuga dalla realtà, la regressione emotiva e psicologica dell’autore, il contrasto tra ideale/reale, il Simbolismo. Il sentimento della morte, che alimenta incessantemente la produzione artistica del Pascoli, in gran parte legato al trauma originario della morte del padre, si esprime mediante la descrizione di orfani, morti precoci di neonati, madri in lacrime. Il motivo funebre si fonde intimamente col TEMA AGRESTE e col tema della NATURA . La Natura si carica di un intrinseco e spiccato potere evocativo, di una accentuata valenza simbolica e diviene partecipe, attraverso dettagliati quadretti di vita rurale e domestica, del dolore immenso del poeta, del suo profondo disagio esistenziale. Paesaggio naturale e motivo funebre generano un Simbolismo fatto di descrizioni quotidiane, di segni appena percepibili, ma fortemente inquietanti che producono angoscia. Profondo legame tra vita psichica e vita cosmica: la natura magnanima e benevola, custode di un antico sogno di felicità, osserva con profonda commozione le sciagure umane, partecipa impotente alla disperazione del mondo “atomo opaco del male”.
• IL TEMA DEL NIDO: è il vero e proprio sottofondo psicologico non soltanto di Myricae e di Canti di Castelvecchio, ma di tutta la produzione letteraria del Pascoli. Il mito del nido, nel quale si organizzano il focolare domestico e il vincolo parentale , rappresenta un universo chiuso e protetto, un guscio protettivo riscaldato dall’affetto sincero e incondizionato dei cari. L’esaltazione costante che il pascoli fa del legame di sangue, conduce il poeta ad esaltare e a mitizzare un modello di società agraria e di tipo patriarcale, non contaminata dal progresso, né da ideologie utilitaristiche. Il Pascoli si fa nostalgico sostenitore di un modello di società antica, preindustriale, destinata, ad una lenta ed inesorabile dissoluzione, minacciata ormai dall’ombra della morte a causa della pressione della modernità urbana, che il poeta osserva con orrore e sgomento. Il nido, dunque, rappresenta un luogo psicologico protettivo, un rifugio ideale nel quale convivono il rimpianto di un eden antico (e ormai perduto) e la feroce ossessione dei legami con i familiari.
IL TEMA DEL NIDO SI COLLEGA AD UN DESIDERIO DI REGRESSIONE INCONSCIA E DI FUGA DALLA REALTA’
• UMANITARISMO e NAZIONALISMO: in Pascoli convivono una accentuata sensibilità decadente e una componente ideologica che portano il poeta ad esprimere la propria idea sociale improntata a un umanitarismo e ad una generica simpatica per le classi diseredate, i cui mali cesserebbero solo in una società contraddistinta dalla equa diffusione della piccola proprietà terriera.
L’umanitarismo del Pascoli interpretava la visione sociale della piccola borghesia di provincia, saldamente legata ai valori della TERRA E DELLA FAMIGLIA.
Accanto all’ideale umanitario, si sviluppa successivamente nel poeta anche un sentimento di entusiastica esaltazione patriottica. L’ambiente culturale italiano tra l’Ottocento e il Novecento è fortemente nutrito di spinte nazionalistiche e il Pascoli, ideologicamente fragile, non resta immune dal clima di generale ed entusiastica esaltazione patriottica. Ciò accade, in particolare, dagli inizi del 900, allorché nel 1905, dopo aver insegnato a Messina e a Pisa, il poeta succede nel 1905 a G. Carducci come docente di Letteratura italiana presso l’università di Bologna. Il nuovo ruolo accademico opprime il poeta di grandi responsabilità ufficiali: egli raccoglie dal grande predecessore l’eredità di poeta vate dell’Italia monarchica.
Dunque, alla viglia della 1^ guerra mondiale in pascoli si registra un ulteriore, inevitabile, sviluppo del sua pensiero politico, una significativa involuzione ideologica: impressionato dalla minaccia dei conflitti generati dai contrapposti interessi delle nuove classi operaie e del capitalismo, egli passa da un atteggiamento umanitaristico di matrice socialista, vicino alle sofferenze degli umili e a un modello di società arcaica, ad un atteggiamento di adesione alla politica nazionalistica del tempo, in aperto sostegno della politica e della cultura imperialistica, sostenendo ad esempio, l’impresa coloniale dell’Italia ai tempi della guerra in Libia(1911-12). Basti pensare all’ultimo celebre Discorso ufficiale pronunciato dal poeta nel 1911 in onore dei morti e feriti italiani nella guerra contro i turchi per la conquista della Libia, “La grande proletaria si è mossa” (discorso ricco di enfasi oratoria, celebrazione della politica colonialista esaltazione della tradizione imperiale di Roma )
L’involuzione ideologica del Pascoli, dal Socialismo al Populismo e al Nazionalismo non sarebbe rimasto un caso isolato.
Seguendo il complesso percorso artistico ed ideologico del Pascoli rileviamo una produzione poetica varia per stile e contenuti.
• PASCOLI DECADENTE (Decadentismo, Simbolismo, Naturalismo) → Myricae, Canti di Castelvecchio
• PASCOLI IDEOLOGICO: POESIA ATTENTA ALLE TEMATICHE SOCIALI, DI ISPIRAZIONE UMANITARIA → i Poemetti (1897); Primi poemetti (1904); Nuovi Poemetti (1909)
POESIA CIVILE E PATRIOTTICA → Odi e inni (1906); Canzoni di Re Enzio; i Poemi italici (1911) i Poemi del Risorgimento (1910-1912); Pensieri e Discorsi (1907)
• PASCOLI CLASSICISTA → Poemi conviviali (1904)
LINGUA E STILE IN PASCOLI
Con Pascoli assistiamo al profondo sovvertimento della lingua poetica tradizionale; ciò si manifesta nella sua mirabile capacità di dar voce all’irrazionale e di gestire musicalmente le parole: sono queste le caratteristiche della poesia pascoliana che hanno agito durevolmente sulla tradizione lirica del Novecento. I più illustri critici di G.Pascoli - Renato Serra, G. Contini, Giacomo Debenedetti, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini ) hanno evidenziato la carica innovativa della sua lingua poetica, collocando la produzione artistica del pascoli tra le più significative avanguardie artistico- letterarie del 900. Gianfranco Contini, in particolare, ha sottolineato
• IL POTERE EVOCATIVO DEL LINGUAGGIO ONOMATOPEICO “AGRAMMATOCALE” O PREGRAMMATICALE, spesso usato accanto a termini tecnici e gergali con potenti effetti espressivi.
Lo Sperimentalismo linguistico si manifesta in Pascoli attraverso
IL FONOSIMBOLISMO: organizzazione del suono in parole che richiamano alla mente immagini e sensazioni. Il Fonosimbolismo si realizza mediante lo strumento dell’ ONOMATOPEA: figura retorica per cui il suono della parola imita il suono dell’oggetto designato; i suoni delle parole possono dunque assumere significati evocativi autonomi, cioè possono significare di per sé, non solo in quanto si combinano a significare la parola. Es: “dlin…dlin” della bicicletta, “tri… tri” dei grilli; “cu… cu” del cuculo, il “chiù” dell’assiuolo.
ANALOGIA: procedimento retorico forgiato dai più grandi poeti romantici che diventa la risorsa espressiva primaria dei Decadenti e dei Simbolisti. Consiste nella connessione fulminea tra due concetti o immagini, più rapida della similitudine e tutta fondata su uno scatto metaforico che conduce alla rapida sintesi di due elementi.
ALLITTERAZIONE: figura retorica che consiste nella ripetizione degli stessi fonemi in due o più parole vicine.
ASSONANZA: si ha quando due o più parole al termine del verso presentano le medesime vocali a partire da quella tonica.
SINESTESIA: associazione espressiva di parole pertinenti a sfere sensoriali differenti.
LA PRECISIONE E NITIDEZZA LESSICALE : uso di una lingua poetica nuova che abolisce i termini aulici della tradizione letteraria, perché ritenuti generici e vaghi, a favore di una sterminata nomenclatura specifica - uso di termini tecnici - per indicare con esattezza tecnica fiori, piante, animali, attrezzi da lavoro). Riscontriamo in ciò tracce della lezione del Positivismo e del Naturalismo.
L’IMPRESSIONISMO PASCOLIANO: la precisione e la nitidezza lessicale SI TRADUCE in uno stile pittorico impressionistico, fatto di tocchi rapidi di denso cromatismo. Alcune delle più celebri liriche appaiono dei veri e propri quadretti descrittivi, vividi e accurati. La lirica “Patria” rappresenta uno dei culmini dell’impressionismo pascoliano. Così il poeta definisce le nuvole “bianche spennellate/in tutto il ciel turchino”. L’Impressionismo pascoliano è affidato a una rapida sequenza di immagini, a una successione di note visive accostate tra loro da un’interpunzione fitta, costituita prevalentemente da due punti e virgole, con un tocco rapido derivante dalla prevalenza di uno stile nominale “Siepi di melograno/ fratte di tamerice/ il palpito lontano/ d’una trebbiatrice / l’angelus argentino”.
PLURILINGUISMO→ USO DI TERMINI TECNICI E GERGALI, LATINISMI, VOCABOLI STRANIERI (vedi ad es. il poemetto Italy)
ESPRESSIONISMO LINGUISTICO: il gusto del vocabolo preciso diventa in Pascoli una puntigliosa registrazione del parlato popolare che si introduce con forza espressiva nelle strutture della lingua poetica; contaminazione linguistica tra lingua poetica-modi linguistici tipici della Garfagnana .
DECADENTISMO (De Caprio-S.Giovanardi, I Testi della letteratura italiana)
Il Decadentismo indica un importante fenomeno estetico letterario che, nato in Francia a partire dai primi anni Ottanta del secolo XIX ( in virtù del primato della cultura francese in questo periodo ) si diffuse in tutta l’Europa fin de siecle. Il Decadentismo indica, sul piano storico-culturale, la civiltà sorta dalla crisi del Positivismo
L’origine del nome è denigratoria: la parola Decadentismo deriva da “decadent” termine usato in Francia con significato dispregiativo da alcuni critici polemici e ostili nei confronti di molti scrittori e artisti di nuova generazione che apparivano alla gente comune dissoluti e corrotti, sembravano cioè esprimere la decadenza morale dell’arte e della società. I giovani artisti decadenti, tra cui spiccano Paul Verlaine, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, Tristan Corbiere, Moreas, Joris Karl Huysmans utilizzarono l’espressione con ostentazione, come vessillo di protesta contro la società borghese e la cultura ben pensante del tempo , richiamandola altresì nel titolo di una rivista “Le Décadent” pubblicata a partire dal 1886 per iniziativa di Anatole Baju.
E’ probabile che sulla nascita del termine decadente abbia influito anche un sonetto di P.Verlaine “Languore” che comincia con il celebre verso “ Io sono l’impero alla fine della decadenza/ che guarda passare i grandi barbari bianchi/componendo acrostici indolenti dove danza/ il languore del sole, in uno stile d’oro””. Paul Verlaine identifica il proprio stato d’animo con una fase storica e culturale che ben lo identifica: la tarda età imperiale romana, espressione di una civiltà opulenta e raffinata, ma corrosa all’interno dal sopravanzante Cristianesimo e all’esterno dalle invasioni barbariche. La Roma del tempo non ha più né la forza militare, né la forza morale per opporsi al suo inesorabile declino, declino favorito dalla lenta ma inesorabile crisi dei valori etici che in età classica avevano reso Roma caput mundi.
IL SONETTO DI VERLAINE COSTITUISCE IL MANIFESTO LIRICO DEL MOVIMENTO DECADENTE.
Altra tappa fondamentale per seguire, in Francia, lo sviluppo della cultura decadente è la pubblicazione a partire dal 1883 di una antologia “Les poetes maudits” ( I poeti maledetti) curata da P. Verlaine. L’antologia conteneva scritti di Paul Verlaine, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, Tristan Corbiere.
Infine, nel 1884 Joris Karl Huysmans pubblica il celebre romanzo “A rebours” (A ritroso) il cui protagonista Des Esseints costituisce l’incarnazione dell’Estetismo decadente, inteso come culto di una bellezza raffinata ed elitaria, che pochi spiriti eletti riescono a cogliere e ad apprezzare. Des Esseints sintetizza in maniera maniacale l’odio per una cultura di massa, ubbidiente al principio di “utilità”, l’odio verso l’arrogante ascesa della borghesia capitalistica che ha sancito di fatto la vittoria del denaro, della produttività e della mentalità affaristica contro ogni principio di civiltà umana. La borghesia degli affari ha ormai scalzato irreversibilmente la vecchia aristocrazia e il clero attingendo “ tutti i loro difetti” e convertendoli in ipocriti vizi”. Des Esseints resta il simbolo dell’intellettuale otto-novecentesco perennemente deluso, solo, emarginato rispetto ad una società che più non rispecchia i propri ideali, ideali ai quali aveva attinto il movimento romantico risorgimentale, ideali che avevano approdato alla forza dilagante delle rivoluzioni europee del ‘48; una società che ha decretato nuovi paradigmi culturali e nuovi modelli di comportamento di natura materialistica ed economica, affidando al denaro, al progresso, all’industrializzazione selvaggia un primato assoluto e indiscusso. Des Esseints è il simbolo dell’intellettuale perennemente ( e fino ad oggi) in crisi a causa della marginalità nella quale la poesia, le arti e il pensiero sono relegati nell’epoca industriale.
IL ROMANZO DI HUYSMANS COSTITUISCE UN ALTRO MANIFESTO DEL MOVIMENTO DECADENTE
Il Decadentismo ebbe il suo centro di irradiazione in Francia, a partire dalle intuizioni presenti nell’opera di CHARLES BAUDELAIRE (1821-1868), grande precursore del Decadentismo e fondatore della lirica moderna.
Un impulso decisivo alla nascita e allo sviluppo del D. derivò, inoltre, dalla lezione del PARNASSIANESIMO. Il movimento parnassiano, sorta di moderno classicismo letterario, dichiara il rifiuto del presente, identificato con il progresso, e del sentimentalismo romantico a vantaggio di un’impassibilità emotiva raggiunta attraverso il ritorno all’antichità classica; la liberta assoluta dell’arte, non condizionata dal criterio di utilità, tipicamente borghese: l’arte doveva risultare svincolata da interessi utilitaristici o politici, da impegni sociali o ideologici. Unico obiettivo del poeta parnassiano è quello di perseguire la Bellezza assoluta, raggiungibile attraverso la perfezione della forma metrica e stilistica. I Parnassiani riprendono la lezione di del poeta francese Theophile Gautier (1811-1872) che, già nel 1835, scagliandosi contro il principio utilitaristico dell’arte, aveva scritto. “Non c’è niente di più bello di ciò che non serve a nulla; tutto ciò che è utile è anche orribile”; Sua è la celebre formula dell’”Arte per l’Arte”, cioè il culto dell’arte come valore supremo, con una connotazione polemicamente antiborghese. I componimenti dei poeti parnassiani confluiscono in una antologia dal titolo “Il Parnaso contemporaneo” (1866) da cui la denominazione di “Poeti parnassiani”. Ne “Il Parnaso contemporaneo” troviamo infatti scritti dei giovani Verlaine e Mallarmé, nomi che tornano a congiungersi nel 1883, nella pubblicazione della prima serie dei Poeti maledetti.
Anche CHARLES BAUDELAIRE accolse la lezione del Parnassianesimo. La sua più celebre opera “Fiori del male” (1857) si colloca nel pieno solco della sensibilità parnassiana: comuni appaiono il disprezzo per la banale quotidianità, il rigetto del sentimentalismo romantico, la cura ossessiva della forma. In B., tuttavia, il tema della fuga dalla realtà ( che nei Parnassiani si risolve nella evocazione dell’antichità classica) sfocia nella contemplazione dei cosiddetti “Paradisi artificiali”, cioè dell’evasione indotta dall’alcol o dalle droghe. La poesia di Baudelaire, padre del Decadentismo, esprime in pieno i motivi della sensibilità decadente: la consapevolezza della lenta, ma inesorabile decadenza della civiltà contemporanea, il disprezzo per il presente, la suggestione della malvagità, il gusto di tutto ciò che è al di fuori dei canoni della normalità, la suggestione dell’esotismo, la noia esistenziale (Spleen). Lo spleen, ovvero la noia esistenziale che sfocia spesso in angosciosa disperazione, diventa il tratto caratterizzante del poeta moderno, lo stato d’animo costante dello spirito elevato, secondo una linea di pensiero che risale a A. SCHOPENHAUER, il quale nel suo capolavoro “Il mondo come volontà e rappresentazione” (1819) aveva definito la noia quale condizione tipica dell’uomo moderno. La percezione dello spleen, e la necessità si spezzarne il cerchio, è una delle grandi eredità di Baudelaire a tutti i poeti successivi, i poeti maledetti: Paul Verlaine, Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud, fino ai poeti del Novecento.
TEMI DELLA POESIA DECADENTE
IRRAZIONALISMO- CRISI DEL POSITIVISMO- DIMITIZZAZIONE DEI VALORI RISORGIMENTALI (libertà, patria, progresso)
Esasperazione del soggettivismo romantico → INDIVIDUALISMO ASSOLUTO, SOLIPSISMO
SENSO DI SOLITUDINE ED EMARGINAZIONE DEL POETA NELLA SOCIETA’ AFFARISTICA E BORGHESE DI FINE SECOLO
SENTIMENTO DELLA NOIA ESISTENZIALE E FUGA DAL CONFORMISMO BORGHESE ATTRAVERSO ESPERIENZE ESTREME: non si accetta la prosaicità del vivere
CRTICA AL CONCETTO DI “UTILE” - ARTE PRIVA DI FINALITA’ ETICO-CIVILI, COMUNICATIVE, DIDASCALICHE : L’ARTE PER L’ARTE (Theophile Gautier)
ARTE INTESA COME RAFFINATO CULTO DELLA BELLEZZA ASSOLUTA → ESTETISMO
IDENTIFICAZIONE ARTE=VITA; Se nel Romanticismo la vita era travasata nell’arte, nel Decadentismo (ma anche nella Scapigliatura) arte e vita coincidono. L’ESTETISMO RAPPRESENTA L’ASPIRAZIONE AD UNA SINTESI SUBLIME TRA ARTE E VITA
COMPLEMENTARIETA’ TRA LE VARIE MANIFESTAZIONI ARTISTICHE : LETTERATURA (in particolare la Poesia) - ARTE- MUSICA; Predilezione per le fasi storiche di decadenza culturale: età alessandrina, autori latini tardo-imperiali, età barocca
ARTE COME DECIFRAZIONE DI SIMBOLI ED EVOCAZIONE DI UNA REALTA’ OSCURA, CHE SFUGGE A RAZIONALI CLASSIFICAZIONI e che pochi spiriti eletti riescono a comprendere.
CONCEZIONE DEL POETA “VEGGENTE”(secondo la definizione di Rimabaud), IN GRADO DI COGLIERE LE SEGRETE RELAZIONI FRA LE COSE E DI SCAVARE NELL’INCONSCIO.
(INCONSCIO-ES: SFERA PIU’ PROFONDA DELLA PSICHE DOMINATA DA PULSIONI PRIMARIE –autoconservazione, riproduzione- CHE TROVANO LIBERO SFOGO NELLE FUGHE ONIRICHE, NELLA FANTASIA, NELL’ESPRESSIONE ARTISTICA).
L’intellettuale decadente, accogliendo i nuovi orientamenti scientifici in ambito neurologico (vedi la nascita della Psicanalisi con Freud), è consapevole che l’uomo moderno non è padrone assoluto della propria natura, del proprio IO, ma è in parte schiavo di pulsioni incoercibili e insopprimibili ( le pulsioni primarie dell’ES), solo parzialmente filtrate dal SUPER-IO.
IL POETA VEGGENTE SI ESPRIME MEDIANTE UN’ARTE SIMBOLISTA
STILE
Ampia utilizzazione DELL’ANALOGIA, DELLA SINESTESIA, DELLA METAFORA
Rifiuto del discorso logico (il discorso fondato sulle categorie logiche tradizionali: spazio-tempo-causalità) a favore di un’arte che proceda per libere associazioni analogiche, che risponda solo alla logica stravolta del DELIRIO o della VISIONE ONIRICA
Linguaggio fortemente evocativo, denso di simboli e di immagini ambigue.
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