martedì 22 luglio 2014

AGLI ALUNNI DELLA I A


Sottopongo all'attenzione degli alunni che vorranno partecipare all'incontro del 28 luglio - ore 19 - i brani da recitare. Prof. Cardaropoli




PROEMIO ILIADE
Traduzione di Vincenzo Monti

Càntami, o Diva, del Pelìde Achille,
l’ira funesta , che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atrìde e il divo Achille.


PROEMIO ODISSEA

Traduzione di Salvatore Quasimodo

Narrami, o Musa, l’uomo dall’agile mente
Che a lungo andò vagando, poi che cadde Troia,
la forte città, e di molte genti vide le terre
e conobbe la natura dell’anima, e molti dolori
patì nel suo cuore lungo le vie del mare,
lottando per tornare in patria coi compagni,
che per loro, folli, (come simili a fanciulli!),
non poté sottrarre alla morte,
poi che mangiarono i buoi del Sole, figlio del cielo,
che tolse loro il tempo del ritorno.
Questo narrami, o dea, figlia di Zeus,
e comincia di dove tu vuoi.

PROEMIO ENEIDE
Traduzione di Annibal Caro (1581)

L’armi canto e ‘l valor del grand’eroe
che pria da Troia, per destino, ai liti
d’Italia e di Lavinio errando venne;
e quanto errò, quanto sofferse, in quanti
e di terra e di mar perigli incorse,
come il traea l’insuperabil forza
del cielo, e di Giunon l’ira tenace;
e con che dura e sanguinosa guerra
fondò la sua cittade, e gli suoi Dei
ripose in Lazio, onde cotanto crebbe
il nome de’ Latini, il regno d’Alba,
e le mura e l’imperio alto di Roma.
Musa, tu che di ciò sai le cagioni,
dimmi. Qual dolor, qual onta
fece la Dea, ch’è pur donna e regina
degli altri Dei, sì nequitosa ed empia
contra un sì pio? Qual suo nume l’espose
per tanti casi a tanti affanni? Ahi tanto
possono ancor là su l’ire e gli sdegni?



IL LAMPO
G. Pascoli, da Myricae

E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.


IL TUONO - G. Pascoli, da Myricae

E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d’arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s’udì di madre, e il moto di una culla.



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