Quintiliano - Institutio Oratoria, I, 2, 1-2 "Due modelli a confronto: istruzione individuale e collettiva"
( 1 )Sed nobis iam paulatim adcrescere puer et exire de gremio et discere serio incipiat. Hoc igitur potissimum loco tractanda quaestio est, utiliusne sit domi atque intra privatos parietes studentem continere, an frequentiae scholarum et velut publicatis praeceptoribus tradere. ( 2 ) Quod quidem cum iis a quibus clarissimarum civitatium mores sunt instituti, tum eminentissimis auctoribus video placuisse. Non est tamen dissimulandum esse nonnullos qui ab hoc prope publico more privata quadam persuasione dissentiant. Hi duas praecipue rationes sequi videntur: unam, quod moribus magis consulant fugiendo turbam hominum eius aetatis quae sit ad vitia maxime prona, unde causas turpium factorum saepe extitisse utinam falso iactaretur: alteram, quod, quisquis futurus est ille praeceptor, liberalius tempora sua inpensurus uni videtur quam si eadem in pluris partiatur.
Ma ormai a poco a poco il nostro fanciullo inizi a crescere, ad uscire dal grembo materno e ad imparare per davvero. E a questo punto si impone prepotente una questione: se sia più utile far rimanere lo studente a casa tra le pareti domestiche o se frequenti scuole affollate affidandolo a maestri per così dire "pubblici". 2. Noto che questa alternativa è risultata gradita sia a coloro che hanno fondato le istituzioni delle città più famose, sia ai più autorevoli scrittori. Non si può fingere tuttavia di non sapere che vi sono alcuni che dissentono da questa consuetudine quasi del tutto generalizzata per una sorta di convincimento personale. E fondamentalmente sono due le argomentazioni che costoro sembrano seguire: la prima argomentazione riguarda il fatto che i genitori provvederebbero meglio all’integrità morale (dei figli) fuggendo la folla degli uomini di quell'età che sarebbe più vicina ai vizi e magari si trattasse soltanto di un falso modo di dire che proprio nell’ambito scolatico (unde) spesso si sono generati episodi vergognosi; la seconda (argomentazione) è che chiunque è destinato a essere poi quel maestro, sembra che potrà dedicare il suo tempo a un solo alunno (uni) più ampiamente di quanto potrebbe fare se il medesimo tempo fosse ripartito tra più alunni (plures).
Quintiliano – Institutio oratoria I, 9-10 “L’ideale del perfetto oratore”
9-Intendiamo educare (instituimus), ora, quel perfetto oratore, il quale non può che essere un uomo onesto, e perciò ricerchiamo (exigimus) in lui non solo una straordinaria capacità oratoria (eximiam facultatem dicendi), ma tutte le virtù d’animo. 10- Né infatti potrei ammettere ciò (neque enim concesserim hoc: cong. potenziale) - come alcuni hanno pensato - che una condotta di vita retta e onesta sia da attribuire eslusivamente (relegandam esse: perifr.passiva) ai filosofi, dal momento che, giustamente, quell’uomo di Stato assegnato (accomodatus) all’amministrazione delle cose pubbliche e private, che possa governare le città con le sue deliberazioni (qui possit regere urbes consiliis)i, renderle stabili con le leggi , migliorarle con i giudizi, altro non è, in verità, che l’oratore.
9- Oratorem autem instituimus illum perfectum, qui esse nisi vir bonus non potest, ideoque non dicendi modo eximiam in eo facultatem sed omnis animi virtutes exigimus. 10- Neque enim hoc concesserim, rationem rectae honestaeque vitae, ut quidam putaverunt, ad philosophos relegandam, cum vir ille vere civilis et publicarum privatarumque rerum administrationi accommodatus, qui regere consiliis urbes, fundare legibus, emendare iudiciis possit, non alius sit profecto quam orator.
Instituo, is, stitui, stitutum, ere 3
Possum, potes, potui, posse
Exigo, is, egi, actum, ere 3
Concede, is, cessi, cessum,ere 3
Rego, is , rexi, rectum, ere 3
Fundo, as, avi, atum ,are
Marziale – Epigrammata IX, 68 “Che maestro insopportabile”
“Cosa hai a che fare con noi, scellerato maestro,
uomo inviso ai fanciullli e alle fanciulle?
I galli dalle ritte creste non hanno ancora rotto il silenzio (ruperunt silentia):
già tu tuoni con un molesto strepito e con sferzate.
Tanto cupamente risuonano i bronzi percossi sulle incudini,
quando il fabbro sistema a metà di un cavallo (la statua di) un avvocato;
più mite il clamore furoreggia (furit) nel grande anfiteatro,
quando la sua folla acclama il gladiatore vincente (favet vincenti pamae)
Noi vicini chiediamo - non per tutta la notte - di dormire (il sonno, somnum):
infatti stare svegli è cosa tollerabile, ma starlo a lungo è cosa insopportabile.
Lascia andare i tuoi allievi. Vuoi, o chiacchierone, ricevere
per tacere quanto ricevi per gridare?”
Quid tibi nobiscum est, ludi scelerate magister,
invisum pueris virginibusque caput?
Nondum cristati rupere silentia galli:
murmure iam saevo verberibusque tonas.
Tam grave percussis incudibus aera resultant,
causidicum medio cum faber aptat equo;
mitior in magno clamor furit anphitheatro,
vincenti parmae cum sua turba favet.
Vicini somnum non tota nocte rogamus:
nam vigilare leve est, pervigilare grave est.
Discipulos dimitte tuos. Vis, garrule, quantum
accipis ut clames, accipere ut taceas?
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