venerdì 18 marzo 2016
LE TRE CORONE DEL MEDIOEVO - LA CULTURA UMANISTICO-RINASCIMENTALE.
DANTE 1265-1321 Opere in volgare fiorentino e in Latino: La Vita Nova, Il Convivio, De Monarchia, de Vulgari eloquentia, Epistolario, Divina Commedia, Le rime. Sommo poeta, massimo esponente della cultura medievale e della filosofia scolatica (aristotelico-tomistica). Opere a carattere didascalico allegorico.
PETRARCA (Arezzo 1304- Arquà1374) Opere in Latino e in Volgare fiorentino. Grande estimatore degli studi classici (Virgilio, Cicerone, Tito Livio, Padri della Chiesa: S. Agostino); scoprì nella Biblioteca capitolare di Verona le Epistole di Cicerone ad Attico, a Quinto e a Bruto. Fu incoronato poeta a Roma, in Campidoglio, nel 1341 dopo essere stato esaminato per 3 giorni dal re di Napoli, Roberto d’Angiò. Fu il primo grande autore medievale a coltivare lo studio del Greco, che apprese dal dotto bizantino Leonzio Pilato, conosciuto a Padova.
Opere latine: Secretum, l’Epistolario (Cicerone) De viris illustribus, Rerum memorandarum libri, Africa, De otio religioso, De vita solitaria; opere in volgare: Rerum vulgarium fragmenta (il Canzoniere o Rime sparse), i Trionfi. Opere concepite come esercizio di affinamento letterario, a testimonianza della sua profonda peritia litterarum – conoscenza grammaticale e lessicale - come espressione di dissidio interiore e di inclinazioni spirituali. Fasi di mondanità alternate a momenti di ripiegamento interiore, di ricerca del “locus amoenus”. Crisi della cultura medievale. Nel 1500 divenne modello di assoluta perfezione stilistica per la lirica.
BOCCACCIO 1313-1375. Periodo napoletano, opere a carattere narrativo di ispirazione bucolica, in lingua volgare toscano: Filocolo, Filostrato, Teseida, Caccia di Diana; periodo fiorentino (dal 1340 in poi): Ninfale d’Ameto, Ninfale fiesolano, Amorosa visione, Elegia di madonna Fiammetta. Decameron (1349-1351); Trattatello in laude di Dante (iniziò la lectura dantis nella Chiesa di S.Stefano di Badia, a Firenze, nel 1374). Opere in Latino: De casibus virorum illustrium, Genealogia deorum gentilium, De mulieribus claris. Crisi della cultura medievale. Nel 1500 divenne modello di perfezione stilistica per le opere in prosa.
UMANESIMO E RINASCIMENTO
Coi nomi Umanesimo e Rinascimento indichiamo il periodo di storia della civiltà che si svolse nei secoli XIV- XVI ed ebbe, per quanto riguarda la cultura e le lettere, il suo centro di irradiazione in Italia. E' un periodo di grandi trasformazioni nella vita e nel costume: assistiamo al graduale rinnovamento delle strutture politiche e alla nascita degli stati nazionali (in Italia si affermano le signorie e successivamente principati territoriali); si sviluppano le attività economiche e commerciali, mentre le grandi scoperte geografiche allargano i confini del mondo conosciuto; inoltre le nuove invenzioni in campo della tecnica ( la stampa e la polvere da sparo) apportano radicali mutamenti nei rapporti umani. L'Umanesimo si fa iniziare convenzionalmente dalla morte di Francesco Petrarca (1374), fino al 1470 (l'ultimo trentennio del 1400). il Rinascimento giunge fino all'ultimo trentennio del 1500.
Nuova concezione dell'uomo e della vita
Il punto di partenza per comprendere la nascita della cultura umanistica risiede nella consapevolezza che tra il Trecento e il Quattrocento muta la visione del mondo: si passa da una visione filosofica e culturale di tipo TEOCENTRICO ( per la quale tutta la realtà fenomenica veniva rapportata a Dio, derivando da ciò una fondamentale svalutazione della natura umana, un disprezzo per il corpo e per i beni materiali ritenuti fugaci e caduti) ad una visione ANTROPOCENTRICA in cui l'uomo pone se stesso al centro della realtà come protagonista ed autore della propria storia, in accordo con le nuove tendenze filosofiche di natura neoplatonica. Ne scaturisce un atteggiamento edonistico, che consiste nel ricercare la bellezza e il piacere senza sensi di colpa. L'edonismo va unito al naturalismo che è la tendenza a considerare la natura e a godersela al livello fenomenico ( in se stessa), senza implicazioni mistiche, metafisiche e trascendentali. L'uomo dell’umanesimo rinascimento non è più in antitesi con la natura, né lo spirito è posto al di sopra di essa: l’uomo riscopre la bellezza della natura, e la natura diviene un grande libro aperto, un meccanismo perfetto regolato da leggi razionali che possono essere comprese, analizzate e decodificate. L’uomo diventa finalmente l’artefice del proprio destino (homo faber fortunae suae). Per questo motivo gli umanisti sono affascinati dalla cultura letteraria classica ( opere della letteratura latina e greca) cioè dagli studia humanitatis – le humanae litterae ( letteratura, grammatica, retorica filosofia, storia) - che restituiscono l’uomo a se stesso, che rivelano l’antica sapienza e la capacità costruttiva dell’uomo, il segreto di una vita intesa come ricostruzione morale, nella prospettiva di un’armonica convivenza civile.
I MOTIVI FONDAMENDALI DELLA CULTURA UMANISTICA SONO:
1) PRINCIPIO DI IMITAZIONE . La necessità che si ebbe di rifarsi agli autori antichi – gli auctores- per imparare a conoscere meglio se stessi, per individuare un modello ideale sia a livello umano, sia a livello stilistico da cui trarre uno stimolo e una guida sicura per operare nella realtà contemporanea. Si afferma così il principio di imitazione che diventa un cardine dell'umanesimo: se gli antichi hanno raggiunto un livello insuperabile di perfezione in tutti i campi dello scibile umano, è necessario imitarli.
Gli autori antichi che noi oggi definiamo classici (termine introdotto nella letteratura a partire dall'800) in verità erano definiti dagli intellettuali del medioevo e umanesimo ''auctores'': l'auctor era colui che godeva di forte autorità letteraria, colui che arricchiva lo scrittore moderno e dal quale prendere esempio (auctor deriva dal verbo latino augeo-es -axi-auctum-augere = accrescere, aumentare).
Già in età medievale era stato realizzato un canone di autori classici in cui figuravano Virgilio, Orazio, Cicerone, Stazio, Lucano, Ovidio, Tito Livio e Seneca. Una traccia di questo canone si ha già nella Commedia di Dante, in particolare nel limbo anche se in forma limitata a pochi autori: Omero, sebbene Dante non avesse letto i suoi poemi, Ovidio, Orazio e Lucano. Virgilio è scelto da Dante come sua autorevole guida.
2) STUDIO DEL GRECO
Contemporaneamente alla riscoperta degli autori e delle opere classiche secondo il principio di imitazione, si affermò la necessità di studiare in maniera diretta la lingua e la filosofia greca: Petrarca e Boccaccio furono i primi autori che riconobbero l’importanza della lingua greca che il Medioevo aveva praticamente ignorato. Boccaccio infatti nel 1359 fece assegnare una cattedra di greco nello Studio fiorentino al suo maestro di greco, Leonzio Pilato. Successivamente, nel 1397, Coluccio Salutati, cancelliere della repubblica fiorentina, affidò la cattedra di greco ad un idotto bizantino Manuele Crisolora.
3) LA SCOPERTA DELLE HUMANAE LITTERAE
Nella cultura Umanistico-Rinascimentale, che poneva l'uomo al centro dell'universo, si afferma parallelamente un rinnovato interesse per gli studia humanitatis : grammatica, retorica (quest'ultima in particolare era una disciplina, l’ ars dictandi, praticata soprattutto da coloro che ne traevano vantaggi per la loro professione: notai, giudici, cancellieri, ambasciatori, membri del clero), eloquenza filosofia e storia.
La cultura letteraria rileva ai moderni l'interiorità e l'umanità dei grandi scrittori antichi al fine di insegnare loro a comprendere meglio se stessi nella realtà che li circonda.
4) NASCITA DLLA FILOLOGIA
Cicerone diviene nel 400 un autorevole modello di armonia e di decoro, di forza d'animo, di poteritia ( capacità di sopportare coraggiosamente le avversità della vita), nonché di bello stile. La filologia è una disciplina che si configura quale studio scientifico della parola e del suo significato nel tempo. La filologia mirava a studiare e ricostruire i testi classici per riportarli alle condizioni originali.
5) L’umanesimo come riscoperta della dignità dell’uomo: i caratteri dell’EDONISMO UMANISTICO.
La rivalutazione dell’individuo, con le sue doti spirituali e corporee, porta a riconsiderare, tra il Quattrocento e il Cinquecento, i beni dell’esistenza nella loro interezza. Il punto di partenza di questo atteggiamento può essere individuato nel passo in cui l’umanista fiorentino Giannozzo Manetti confuta il De contemptu mundi di Lotario De Segni ( Papa Innocenzo III ). Giannozzo Manetti, nella sua opera De dignitate et excellentia hominis riconosce la dignità e l’eccellenza dell’uomo il cui operato terreno e la cui fisicità vengono esaltati in una prospettiva pur sempre religiosa, ma in polemica con l’impostazione ascetica di stampo aristotelico–tomistico della spiritualità medievale. Se nella vita dell’uomo le gioie compensano i dolori, è preferibile concentrarsi su di esse, cercando di cogliere le opportunità favorevoli. Non bisogna tuttavia confondere un simile atteggiamento con l’invito grossolano ad approfittare di tutti i piaceri possibili. Si tratta di una disposizione intellettuale, che fa parte di una concezione della realtà sostenuta da precise basi filosofiche: il neoplatonismo, che porta ad idealizzare le concezioni materialistiche, l’epicureismo.
L'edonismo, ossia la ricerca del piacere diventa quindi un fenomeno culturale che ha i suoi riflessi sul piano del costume sociale e mondano, negli ambienti aristocratici e raffinati delle corti.
Sulle radici culturali dell’ EDONISMO UMANISTICO dobbiamo far riferimento da un lato alla letteratura classica per quanto riguarda la ripresa dell’elemento mitologico e idillico , nonché nell’invito oraziano a godere della fugacità dei piaceri che la vita concede (carpe diem); dall’altro il motivo edonistico si incontra con quello cristiano e petrarchesco del trascorrere del tempo, rivissuto però in una prospettiva che ignora la trascendenza .
L’ EDONISMO umanistico, che nasce sulla base di queste problematiche, presenta caratteristiche colte che si riscontrano nelle opere di grandi intellettuali umanisti come:
Lorenzo il Magnifico (1449 -1492)
Luigi Pulci : (1432-1484). Il poema epico cavalleresco : Il Morgante
Angelo Poliziano ( 1454- 1494): Stanze per la giostra, poemetto in ottave
Matteo Maria Boiardo( 1440-1494). Il poema epico cavalleresco: l’Orlando innamorato
CENTRI DI DIFFUSIONE DELLA CULTURA UMANISTICA: FIRENZE, ROMA , NAPOLI
I principali centri di irradiazione della cultura umanistica, che dall'Italia si confuse via in tutta l'Europa, furono Firenze, Roma e Napoli.
A FIRENZE continua la grande tradizione di studi, iniziata dal Petrarca e dal Boccaccio, con Coluccio Salutati (1331 -1406) cancelliere della signoria fiorentina, scopritore delle lettere familiari di Cicerone , Niccolò Niccoli (1364-1437), fiorentino, che scrisse una guida per i ricercatori di manoscritti in Germania, Leonardo Bruni (1374-1444) autore di una Historia florentina , modellata sull’esempio della storiografia latina, Poggio Bracciolini (1380-1459) che portò alla luce numerosi testi latini: il De rerum natura di Lucrezio, le Selve di Stazio , la Institutio oratoria di Quintiliano , le Puniche di Silio Italico e altri. Accanto a questi che furono più propriamente dei letterati, ricordiamo i filosofi Marsilio Ficino (1433-1499), autore della Theologia Platonica ove tentava di conciliare la filosofia di Platone con il cristianesimo, Giannozzo Mannetti (1369-1459), fiorentino, autore del De dignitate et excellentia hominis, che contiene, insieme al De hominis dignitate di Pico della Mirandola, e alle opere di Marsilio Ficino, la più alta lode della natura umana; ricordiamo, infine, a Firenze l’opera di Cristoforo Landino (1424-1498).
I Medici, signori di Firenze dal 1435, favorirono con splendido mecenatismo, lo sviluppo della cultura a Firenze. Ma in genere tutti i signori italiani accolsero e protessero i letterati alle loro corti, sia per l’altissima considerazione in cui venivano tenuti gli studia humanitatis , sia perché si vedeva nel letterato il dispensatore di gloria e immortalità. Il signore trova nel letterato chi dà lustro e splendore alla sua corte e alla sua dinastia, e, in compenso gli offre i mezzi per una dignitosa esistenza e per raccogliere i rari manoscritti costosissimi, necessari ai suoi studi che un privato difficilmente avrebbe potuto acquistare.
Anche ROMA fu un grande centro umanistico sotto la protezione di alcuni pontefici, come Niccolo V e Pio II, che furono a loro volta letterati umanisti. Alla corte pontificia i principali studiosi furono Lorenzo Valla (1407-1457), autore dell’ Elegantiarum latinae linguae libri e di un libro in cui dimostrò la falsità del documento secondo cui l’imperatore Costantino avrebbe donato, già agli inizi del IV sec., Roma ai pontefici .
A NAPOLI sotto la protezione della dinastia aragonese, sorse l’ Accademia pontaniana, fondata da Antonio Beccadelli detto il “Panormita”, ma così chiamata per onorare il principale animatore, Giovanni Pontano, nato a Cerreto nel 1426 e morto a Napoli, dove fu ministro politico nel 1503. Il Pontano scrisse dialoghi e poesie in latino e fu l’esempio dell’illusione umanistica di sostituire l’italiano al latino anche nei componimenti propriamente letterari . A Napoli operò anche Iacopo Sannazzaro che introdusse il nuovo genere del romanzo pastorale con l’Arcadia, un poemetto in volgare destinato ad avere immensa fortuna.
Fra gli altri centri di diffusione della cultura umanistica ricordiamo FERRARA, dove i signori Estensi furono magnifici mecenati; MANTOVA dove regnò la splendida signoria dei Gonzaga.
UMANESIMO E RINASCIMENTO (morte del Petrarca- 1470 ca / 1470-1570 ca ). Nuova concezione dell’uomo e della vita ( vedi Giannozzo Manetti, De dignitate et excellentia hominis; concezione teocentrica- concezione antropocentrica), riscoperta dei classici latini e greci come modello di perfezione stilistica e come esempi di grande umanità, esaltazione delle lettere (humanae litterae), e in genere di tutti gli studia humanitatis; nascita della Filologia; diffusione in Occidente dello studio del Greco, in particolare nello Studium fiorentino; Principio di imitazione- emulazione.
FIRENZE : UMANESIMO CIVILE (INTELLETTUALE CITTADINO) - UMANESIMO CORTIGIANO (INTELLETTUALE CORTIGIANO)
A Firenze distinguiamo dapprima una produzione letteraria che fa riferimento all’Umanesimo civile, frutto della civiltà comunale, che giunge a piena maturazione con la fine del regime repubblicano e con l’instaurarsi a Firenze nel 1435 della signoria dei Medici, una potente famiglia di mercanti e banchieri, nella figura di Cosimo I. L’umanesimo civile si realizza nell’ esaltazione di un ideale di cultura legato alla vita attiva e nella celebrazione dell’ intellettuale cittadino, impegnato nella vita pubblica del Comune, che non trae sostentamento dalla sua professione di intellettuale, ma da altre attività, che partecipa alla vita politica del Comune ricoprendo incarichi pubblici ed esprimendo nelle sue opere i suoi ideali civili. Nell’ambito dell’Umanesimo civile fiorentino, ricordiamo
Coluccio Salutati ( scoprì le epistole familiari di Cicerone), Leonardo Bruni ( scrisse una Historia fiorentina sul modello delle opere storiografiche latine), Poggio Bracciolini(riportò alla luce numerosi testi latini : De rerum natura di Lucrezio, Le Silvae di Stazio, Institutio oratoria di Quintiliano nella Biblioteca di San Gallo in Germania), Giannozzo Manetti ( autore del De dignitate et excellentia hominis, opera che contiene la più alta lode della natura umana).
Diffusione della cultura neoplatonica: Accademia neoplatonica a Firenze fondata da Marsilio Ficino nel 1454, per incarico di Cosimo de Medici, nella villa medicea di Careggi. Vi parteciparono Pico della Mirandola, Angelo Poliziano, L.B. Alberti, Lorenzo e Giuliano de’ Medici.
All’Umanesimo civile subentrerà, a partire dall’affermarsi a Firenze della signoria dei Medici (1435 in poi), il cosiddetto UMANESIMO CORTIGIANO, incentrato ancora sugli ideali feudali e cortesi quali la liberalità, la magnanimità, l’esaltazione di un mondo ideale di bellezza e di armonia. L’intellettuale umanista diviene un letterato di professione al servizio di un signore; alla partecipazione alla vita attiva si sostituisce l’isolamento dell’intellettuale nella cerchia esclusiva delle corti e delle Accademie, nuovi centri di diffusione culturale figura (cfr. pg. 11; pp.20-21)→ intellettuale cortigiano.
UMANESIMO CORTIGIANO a Firenze: Lorenzo de’ Medici, Angelo Poliziano, Luigi Pulci
Nella seconda metà del 400 il processo di riscoperta ed assimilazione della cultura classica, latina e greca, era ormai concluso, tuttavia tramonta definitivamente l’illusione della resurrezione e del trionfo del Latino nelle opere letterarie. La preminenza dell’Italiano, nella 2^ metà del 400, coincide col fenomeno letterario detto “Uman. Volgare”, fondato sulla persuasione che anche il volgare potesse essere capace di esprimere in forma eletta nobili concetti, purché lo si elevi dalla rozzezza del parlare quotidiano e gli si dia una certa dignità letteraria ( modelli stilistici autorevoli: Petrarca, Boccaccio). L’opera degli scrittori umanisti godette sempre più dell’appoggio degli aristocratici signori di corte (Medici a Firenze, Estensi a Ferrara, Gonzaga a Mantova), i quali, in linea con i nuovi ideali umanistico-rinascimentali di ricerca della bellezza e dell’armonia, e approfittando del particolare periodo storico di pace e benessere (1455-1492), favorirono il proliferare a corte di artisti e letterati. Questi furono cultori di una poesia prevalentemente di evasione, concepita come raffinato gioco letterario, celebrativa della bellezza e della gioia di vivere, nella consapevolezza della caducità e della fugacità della vita ( la Fortuna, come forza capace di stravolgere e condizionare gli eventi umani).
LORENZO IL MAGNIFICO (Firenze1449-1492). Nel 1469 divenne signore di Firenze assieme al fratello giuliano. Ebbe come maestri Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Giovanni Argiropulo (dotto bizantino), Angelo Poliziano.
Scrisse opere in Latino e in volgare, sviluppando una tendenza realistica e naturalistica, che si esprime con descrizioni vive e concrete di paesaggi, nel vagheggiamento di una vita libera e serena a contatto con la natura (ricerca del locus amoenus). Vedi i Canti carnascialeschi ( filosofia neoplatonica, ispirazione bucolica, tono comico-realistico).
ANGELO POLIZIANO (Montepulciano1454- Firenze1494)
Poeta umanista e drammaturgo; precettore di Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico.
Scrisse opere in latino, greco, volgare. Fu tra i maggiori animatori, almeno fino al 1478 (anno della “Congiura dei Pazzi”), del circolo culturale riunito attorno alla potente famiglia de Medici ( Marsilio Ficino, Pico della mirandola, Cristoforo Landino. In questo periodo Lorenzo de medici gli schiuse la via dell’agiatezza e degli onori.
Il suo capolavoro furono le “Stanze per la giostra” 1475-1478, poemetto in ottave scritto per celebrare il trionfo di Giuliano de Medici in una giostra (gioco di armati a cavallo, nel quale riportava vittoria colui che riusciva a disarcionare l’avversario).
Dopo un breve periodo di allontanamento da Firenze dovuto ai dissapori sorti con la famiglia de Medici, vi fece ritorno nel 1480, quando ottenne la cattedra di eloquenza greca allo Studium fiorentino ( già a 16 anni aveva tradotto dal greco i libri dal II al V dell’Iliade di Omero).
Fu autore anche di una famosa opera teatrale: l’Orfeo, che fu inserita, successivamente, nell’indice dei testi proibiti dalla Chiesa.
LUIGI PULCI (Firenze1432-Padova1484). Esponente di una nobile famiglia decaduta.
Sua opera maggiore fu il Morgante, parodia del poema epico cavalleresco, in ottave. Il Morgante. fu pubblicato in una prima ed. del 1478, in 23 canti; seconda ed. del 1483, in 28 canti (il cosid Morgante maggiore). Per quanto riguarda lo stile, il modello a cui attinge Luigi Pulci per il suo poema è quello dei “cantari” popolari: componimenti cavallereschi del 400-500 accompagnati dalla musica e destinati ad una esecuzione in pubblico. Nel Morgante confluiscono temi e motivi dei grandi poemi epici medievali (ciclo carolingio- ciclo bretone), filtrati alla luce della nuova cultura rinascimentale.
Anche il Pulci, come il Poliziano, fu assiduo frequentatore del circolo culturale riunito attorno alla potente famiglia de Medici; egli godette per tutta la vita della simpatia di Lucrezia Tornabuoni e del figlio Lorenzo il Magnifico, dal quale ottenne numerosi incarichi ed aiuti economici.
MATTEO MARIA BOIARDO (Reggio Emilia 1441 -1494).
Poeta e letterato italiano di origini aristocratiche, vissuto nella raffinata corte di Ferrara.
Scrisse opere erudite in latino e in volgare; la sua più celebre fu, tuttavia,
l’Orlando innamorato, poema epico cavalleresco rinascimentale, in ottave (ottava rima: strofe di 8 versi che rimano secondo lo schema ABABAB CC) ispirato ai due grandi cicli della letteratura francese cavalleresca del medioevo, quello carolingio e quello bretone. Orlando, infatti, è l’eroico paladino dell’epopea carolingia, religiosa, nazionale e guerriera, incentrata sulla lotta dei Cristiani contro i Musulmani; ma l’aggettivo “innamorato” ci riconduce alle storie d’amore e d’avventura del ciclo bretone, dei cavalieri della Tavola rotonda, di Tristano e Lancillotto.Infatti, nella continua rielaborazione della materia cavalleresca medievale, gradita sia agli aristocratici signori di corte, che alle classi popolari, i due cicli si erano venuti progressivamente fondendo. Nel poema del Boiardo la fusione è completa: la struttura resta quella del poema epico medievale (stile formulare con l’ impiego di espressioni stabili e ripetute, disposte in situazioni metricamente identiche; affinità metriche e retoriche con l’agiografia; componente culturale religiosa; storicità del tema: scontro fra parti contrapposte decisivo per un’intera comunità e i suoi ideali; l’eroe del poema epico è un personaggio prode e magnanimo in cui si riconosce l’intera collettività e che trova nella guerra il senso del proprio onore).
Nell’Orlando innamorato, tuttavia, si riscontra una sostanziale innovazione della materia epica classica. Il paladino Orlando non è più soltanto l’eroe che combatte per difendere la patria e la fede cristiana: egli appare come un eroe nuovo e umanizzato, poiché diviene in primo luogo l’eroe innamorato, che nell’amore (forza istintiva e irrazionale) trova la ragione prima della sua vita e del suo agire. Il poema, dunque, si presenta non a carattere didascalico (come i testi dell’epica classica e medievale), bensì a carattere edonistico ed encomiastico. Lo scopo del Boiardo, infatti, era quello di intrattenere e divertire il raffinato pubblico della corte estensa, con un’opera dal carattere arguto e burlesco, con uno stile colorito, vivace e avvincente.
L’Orlando innamorato fu iniziato nel 1476, ed è diviso in 3 libri. I primi due libri, rispettivamente di 29 canti e di 31 canti, furono pubblicati nel 1483. Il terzo libro rimase interrotto al 9 canto, a causa della successiva morte del poeta avvenuta nel 1494 (anno della discesa in Italia di CARLOVIII).
La vanità dei beni terreni“[…]Non c’è chi facci bene, non ce n’è solo. Quasi tutta la vita de’ mortali è piena di peccati, in modo che appena si possi trovare chi non penda a mano sinistra, chi non torni al vomito, che non sia puzzolente nello sterco, che non si rallegri più tosto quando ha mal fatto e rallegrasi nelle cose pessime. Ripiene d’ogni iniquità, malizia, avarizia, nequizia; pieni d’invidia, omicidio, contenzione, inganno, malignità; sussurroni, mormoratori in odio di Dio, pieni di villanie, superbi, gonfiati, inventori de’ mali, disubbidienti a’ padri […] Questo mondo è ripieno di tali e molto peggiori: abonda di eretici, di scismatici, di perfidie tiranni, simoniaci, ipocriti, ambiziosi, cupidi, ladri, rubatori [..]astuti, golosi, ubriachi, adulteri etiam nel parentado, lascivi immondi pigri e negligenti. […]”. Lotario Diacono, De contemptu mundi, III (XII-XIII sec.)
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