lunedì 19 settembre 2016
ETA’ DI CESARE ( 78-44 a.C.) - INQUADRAMENTO STORICO-LETTERARIO (Cfr: L.Perelli, Storia della Letteratura latina, Paravia; G.De Bernardis-A.Sorci, Roma antica, vol.1, Palumbo editore; appunti docente)
Per età di Cesare, intendiamo convenzionalmente l'ultima fase della Repubblica romana, un periodo travagliato e convulso di rivolgimenti, conflitti e trasformazioni che portò, prima con la breve dittatura di Cesare (45-44 a. C.), poi con la conquista del potere da parte di Ottaviano Augusto (31 a. C.: battaglia di Azio contro Marco Antonio).), all'instaurazione di un nuovo regime, monarchico non di nome ma di fatto. Il periodo in cui Giulio Cesare fu protagonista sulla scena politica romana, va dal 60 a.C., anno del primo triumvirato, al 44 a. C., l'anno della sua morte.
Tuttavia, in ambito storico-politico ma anche artistico-letterario, l'epoca che va sotto il nome di “Età di Cesare” ha inizio circa trent'anni prima, a partire dagli anni della I GUERRA CIVILE A ROMA (83-82 a. C.) a cui fece seguito la DITTATURA DI SILLA (82-79 a. C.).
Un elemento fondamentale nel quadro politico dell’età di Cesare è il contrasto fra la fazione che Cicerone chiama degli Optimates (ottimati: i conservatori repubblicani), e quella dei “populares” (i democratici). Molto in generale, possiamo dire che i conservatori difendevano i privilegi dei ceti più elevati economicamente e socialmente, in particolare dell'aristocrazia senatoria gelosa di custodire gli antichi privilegi istituzionali, mentre i «populares» facevano leva sul malcontento di chi era escluso o tenuto ai margini della gestione del potere, per proporre mutamenti e innovazioni. All'attaccamento alla tradizione e ai valori del mos maiorum, di cui i conservatori si propugnavano difensori e sostenitori, si contrapponeva, da parte dei «popolari», una consapevolezza più chiara e più spregiudicata della necessità di modificare l'assetto politico e costituzionale per adeguarlo alle grandi trasformazioni economiche e sociali conseguenti all'espansione dell'impero romano; tali trasformazioni, infatti, avevano provocato la rottura degli equilibri preesistenti, rottura assai pericolosa per le istituzioni. Le strutture dello Stato, formatesi e consolidatesi quando la potenza di Roma era limitata ad un territorio relativamente ristretto, non erano più adeguate ad un vastissimo dominio che si estendeva dalla Spagna all'Asia Minore all'Africa settentrionale.
• PRIMA GUERRA CIVILE A ROMA TRA GAIO MARIO E LUCIO CORNELIO SILLA (83-82 a. C.)
• DITTATURA DI LUCIO CORNELIO SILLA : 82-79 a. C
• I TRIUMVIRATO (60-53 a.C) : GAIO GIULIO CESARE –MARCO LICINIO CRASSO- GNEO POMPEO
• II GUERRA CIVILE TRA CESARE E POMPEO (49-48 a.C.) Vittorie di Cesare contro i Pompeiani a Farsàlo, Tapso e Munda (45 a.C.)
• DITTATURA DI CESARE : 45-44 a.C.
• II TRIUMVIRATO : 43 a. C: MARCO ANTONIO- EMILIO LEPIDO- G.CESARE OTTAVIANO
(Proclamarono il divus Iulius; Liste di proscrizione: assassinio di M.T.Cicerone a Formia 43 a. C.)
• BATTAGLIA DI FILIPPI 42 a.C.: MARCO ANTONIO E OTTAVIANO CONTRO I CESARICIDI
• BATTAGLIA DI AZIO (Grecia) 31 a.C. : OTTAVIANO CONTRO MARCO ANTONIO – CLEOPATRA / Assedio di Alessandria d’Egitto, suicidio di Antonio e Cleopatra (30 a. C.)
• IMPERO DI AUGUSTO (27 a. C.-14 d.C.)
Nell’età di Cesare, Roma è pervasa dalla cultura greca, già fortemente presente in Italia fin dal II sec. A. C., ( basti ricordare i provvedimenti di bando emanati contro i filosofi greci giudicati corruttori, nel 173, nel 161 e nel 155 a. C.; ricordiamo anche l’impegno di Catone il Censore,234-149 a. C., a difesa dei costumi della romanità) che apre nuovi percorsi tematici e stilistici alla letteratura latina. A Roma si diffondono nuovi costumi sociali e nuovi ideali di vita: la vecchia società rude e sobria, fedele alle antiche istituzioni e ai principi etici del mos maiorum, ha ceduto il posto ad una società nuova e culturalmente eterogenea, frutto di un vastissimo impero che comprendeva popoli diversi per razza e cultura; inoltre le ingenti ricchezze pervenute a Roma con le guerre di conquista avevano favorito la nascita, nella classe dirigente romana, di nuove esigenze e di nuovi stili di vita di impronta ellenististica.
La cultura e l’arte dell’età di Cesare (80-44 a. C.) sono, dunque, il riflesso di una società in piena trasformazione, dominata da un contesto politico quanto mai difficile e convulso.
Così come sorgono e si alternano sullo scenario politico grandi personalità : Gaio Mario, L.C. Silla, G.Cesare, Gneo Pompeo, M. T. Cicerone, così fioriscono autorevoli individualità artistiche nonché nuove tendenze letterarie e filosofiche.
Accanto alle tradizionali forme della letteratura latina dell’Età arcaica (240- 78 a.C.):
LA POESIA EPICA = vedi Gneo Nevio (Capua 275-201 a. C.): Bellum Poenicum, I guerra punica, verso saturnio / Ennio( Magna Grecia 239-169 a. C.): Annales, verso esametro greco;
LA TRAGEDIA = Livio Andronico (Taranto 280 -200a. C.); Gneo Nevio.
LA COMMEDIA = Livio Andronico; Gneo Nevio; Plauto ( Sarsina 254-184 a. C), autore di almeno 21 fabulae palliatae; Terenzio (Cartagine 190-160 ca a.C.), autore di 6 fabulae palliatae
si affermano nuove correnti letterarie, nuove forme poetiche, nuovi generi letterari:
LA LIRICA (poesia d’amore a carattere soggettivo ed intimistico)
ELEGIA-EPIGRAMMA- EPILLIO
EPISTOLARIO
IL MIMO
E sul piano letterario, LA POESIA NEOTERICA.
I “poetae novi”, come furono sprezzamente definiti da Cicerone, o Neòteroi, ispirandosi alla poesia ellenistica ( III sec. a. C.) e ai poeti greci alessandrini (Callimaco, in primis), elaborarono componimenti molto dotti e raffinati sul piano formale, dal contenuto tenue e delicato, spesso amoroso e soggettivo; tra essi emersero Catullo, Elvio Cinna (Zmyrna), Licinio Calvo. Sul piano politico i poetae novi furono decisi avversari di Cesare.
In realtà, è da evidenziare come già a partire dal II sec. a. C. (eta arcaica) c’era stato qualche sintomo di cambiamento nei gusti e nelle tendenze della cultura romana in direzione filoellenica con la creazione del Circolo degli Scipioni ( Fondato e animato da personalità quali Scipione l’Emiliano, Gaio Lelio, Furio Filo, Publio Terenzio, Caio Lucilio; fra i Greci, Polibio e il filosofo Panezio di Rodi, ideologo del concetto di “humanitas”.Furono sostenitori degli ideali di humanitas, autonomia della persona umana nella scelta delle proprie inclinazioni naturali, otium letterario ).
LA SATIRA, il cui iniziatore fu Ennio ( Magna Grecia 239-169 a. C.) in età arcaica, fu un genere letterario che continuò a svilupparsi a Roma fino a raggiungere la massima espressione con
LUCILIO (148 - 102 a. C.?), ritenuto il vero fondatore di questo genere letterario, e successivamente con ORAZIO (età di Augusto), PERSIO E PETRONIO (età imperiale).
STORIA E POESIA IN ETA’ DI CESARE E DI AUGUSTO
Fra i poeti, letterati e storici dell’età di Cesare emergono CATULLO (Verona 84-54 a.C.), LUCREZIO (96- 53 a.C.), CESARE (100-44 a.C.), SALLUSTIO (86-34 a. C.), CORNELIO NEPOTE (100-43 a.C.), CICERONE (106-43 a. C.).
GENERI POETICI IN ETA’ DI CESARE (78-44 A. c.) e di AUGUSTO (27-14 d.C)
Poesia lirica: Catullo (86 a. C.), Virgilio (70 a. C. ), Orazio (65 a. C)
Epigramma: Catullo – Marziale (Dinastia flavia)
Elegia: Catullo, Tibullo(50 a.C.-19 a.C.); Properzio (50 a.C.-15 a.C); Ovidio
Poesia didascalica: Lucrezio (80-40 a. C.), Virgilio
Poesia epica (epico-storica): Ennio, Virgilio, Lucano
Satira: Lucilio, Orazio, Persio, Petronio
Poesia mitologica: Ovidio
LA STORIOGRAFIA: AUTORI DI OPERE STORICHE
Cesare (100-44 a.C.): De bello gallico (58-52 a. C.) in 7 libri; De bello civili (49-46 a. C.) in 3 libri
Cornelio Nepote (100-30 a. C.), cultore dell’aneddotica antica : De viris illustribus in 16 libri: di essi rimane la categoria dei condottieri stranieri (Alcibiade, Annibale ) e due storici latini (Catone il Censore, Pomponio Attico).
Sallustio (86-35 a. C.): autore di 2 monografie De coniuratione Catilinae, Bellum iugurthinum; Historiae; 2 Epistulae ad Caesarem.
Tito Livio (59 a. C.-17 d.C.), Tacito (54 d. C.-120 d. C.), Svetonio (70-140 d. C.).
LA STORIOGRAFIA E LA BIOGRAFIA
La Storiografia, come molti altri generi letterari antichi, nacque in Grecia in tempi assai antichi, già a partire dal VI sec. a. C. con l’attività letteraria dei cosiddetti logografi, i quali descrivevano i luoghi, gli usi e costumi dei popoli con i quali venivano a contatto nei loro viaggi.
A poco a poco dalla Logografia ebbe origine la Storiografia e ciò avvenne allorché agli interessi puramente etnogeografici (usi, costumi) subentrarono quelli più specificatamente storici. Il primo autore che potremmo definire “storico” è ERODOTO DI ALICARNASSO (484-430 a.C.), definito a tal proposito il “padre” dell genere storiografico.
Dopo Erodoto, il primo grande autore storico greco è TUCIDIDE di Atene (460-400), autore della celebre Guerra del Peloponneso, che con straordinaria capacità di analisi descrive il conflitto che condusse alla distruzione della egemonia ateniese, e quindi alla dissoluzione della Polis. Tucidide è considerato il fondatore del metodo storiografico: attento all’informazione precisa, all’utilizzo diretto delle fonti storiche, all’impiego di una documentazione rigorosa e scientifica basata su documenti originali, all’esposizione di fatti ordinati cronologicamente, all’acuta valutazione del fatto storico e all’inquadramento di esso all’interno di una più ampia visione che riguarda tutta la storia greca.
Dopo Tucidide, in età ellenistica (323- 31 a.C) la storiografia di stampo tucidideo declina e si diffonde piuttosto il genere della Biografia, legata spesso ad opere che raccontano le gesta eroiche di Alessandro Magno.
La Storiografia in senso stretto trovò più tardi un autorevole esponente nel grande storico greco POLIBIO di Megalopoli (II sec. a. C.). Deportato a Roma dopo la Battaglia di Pidna (168 a C.) ed inserito nel Circolo filoellenico degli Scipioni, Polibio fu cultore di una storiografia che, alla stregua dell’ideale tucidideo, fosse attenta all’informazione precisa, all’utilizzo di una documentazione rigorosa e scientifica basata su documenti originali e ben documentati. Per Polibio, come già era accaduto per Tucidide, la Storia e quindi anche l’opera storica, assume un carattere pragmatico ed universale, poiché da essa scaturiscono direttamente validi insegnamenti di natura pratica a carattere politico e civile, la Storia cioè può insegnare all’uomo politico le norme pratiche per giungere al successo.
A ROMA la Storiografia si diffuse come genere letterario a partire dalla conquista di Taranto e della magna Grecia (III sec a.C.), allorché Roma avvertì l’esigenza di far conoscere le sue gesta e la sua posizione di futuro perno politico militare di tutto il bacino mediterraneo.
Le prime forme di Storiografia romana sono di taglio annalistico (Storiografia annalistica: esposizione cronologica degli eventi accaduti nell’anno), sulla base del fatto che già in età arcaica si era diffusa l’abitudine da parte dei Pontefici massimi di stilare una lista nella quale venivano registrati gli eventi più significativi di ciascun anno.
Dopo gli annalisti, tra i quali ricordiamo l’opera di Fabio Pittore, fu Marco Porcio Catone (il Censore, 234- 149 a. C.) a distinguersi nel campo della Storiografia. Intransigente conservatore, noto per la celebre citazione “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse”, fu un integerrimo custode della più antica tradizione romana e dei valori del mos maiorum (fides, pietas, industria, integritas,gravitas aequitas, magnitudo animi, frugalitas, virtus guerriera etc…).La sua opera storiografica, nonché il capolavoro della sua produzione letteraria, sono le Origines (174 a. C.), in 7 libri; le Origines rappresentano il primo esempio nel mondo romano di opera storica che, pur procedendo nella esposizione cronologica dei fatti a partire dalla Roma monarchica,non presenta una struttura annalistica. In tutti gli eventi narrati, Catone non fa menzione dei loro protagonisti e quindi instaura una prassi storiografica, successivamente poco fortunata, in controtendenza con la tradizione romana che invece accordava ampio spazio di celebrazione agli eroici protagonisti delle vicende narrate (vedi in seguito Tito Livio).La scelta, singolare, di non menzionare i protagonisti degli eventi va collegata all’esigenza di ascrivere le gesta di Roma e la sua grandezza non tanto al merito dei singoli, bensì alla dedizione e all’eroismo dell’intera collettività, sulla quale grava la salvezza della Res publica. (Storiografia: funzione moralistica)
- Dopo il contributo di Catone il Censore, dovremo aspettare l’età delle guerre civili (I guerra civile 88-81 a C./ II guerra civile 49-46 a.C.) per assistere ad una nuova fase di sviluppo della Storiografia. Infatti, in questo periodo sono Cesare (100-44 a. C.) e Sallustio (86-35 a.C.) a portare il genere letterario della storiografia a livelli di assoluta grandezza attraverso la composizione di celebri opere a carattere monografico.
Cesare fu autore di 2 importanti opere storiche: Commentarii de bello gallico, in 7 libri, riferiti ai 7 anni della guerra gallica dal 58 al 52 a. C.; Commentarii de bello civili, in 3 libri, riferiti alla seconda guerra civile tra Cesare e Pompeo (49-46 a. C.). Il Commentarius in realtà non è uno scritto letterario definito e compiuto, bensì un resoconto essenziale, stringato e compendioso, che successivamente sarebbe diventato un’opera di tipo storico. Anche lo stile si avvale di una prosa sobria e chiara, il tono volutamente distaccato, la narrazione in terza persona. L’intenzione fondamentale di Cesare nelle sue opere storiche è quella di presentare la propria immagine come quella di un condottiero che riesce a far coincidere la gloria personale con il superiore interesse della Repubblica romana, per la quale combatte fieramente e al cui servizio mette tutta la propria perizia militare. Aspetto fondamentale del De bello gallico è che Cesare non manca mai di attribuire parte dei successi militari alla fedeltà delle truppe nella loro collettività, al loro senso di abnegazione e di sacrificio.
Negli stessi anni in cui Cesare compose i suoi Commentarii, a Roma spicca la figura di un altro grande storico amico di Cesare, Gaio Sallustio (86-35 a.C.) autore di due opere a carattere monografico: il Bellum Catilinae (De coniuratione Catilinae) e il Bellum Iugurthinum, che raccontano rispettivamente la congiura ordita da Lucio Sergio Catilina, un estremista democratico di origine aristocratica, nel 63 a. c. ai danni della Res publica, e la guerra contro Giugurta (111-105 a. C.), in cui per la prima volta nella storia di Roma si era evidenziata con forza la corruzione dei dirigenti aristocratici. Le opere storiche testimoniano l’interesse di Sallustio per la politica e per le questioni morali che riguardavano la società del tempo. In entrambe le monografie l’autore mette in evidenza il legame tra ricchezza, potere, corruzione, decadimento dei costumi morali (cupiditas imperii, cupiditas pecuniae); in entrambe si scorge l’intento di esaltare celebri personalità del partito democratico, presentati come onesti e animati da nobili ideali e di colpire taluni aristocratici, ritenuti avidi e corrotti.(Storiografia: funzione moralistica)
Dopo la Battaglia di Azio (31 a. C.) e il suicidio di Antonio e Cleopatra, Ottaviano conquista il potere che divenne ufficiale nella seduta del senato del 27 a. C. Con la nascita del Principato di Augusto, si assiste ad una fase di intensa rinascita culturale, nonché di trasformazione dei costumi sociali in direzione di un recupero dei più antichi valori del mos maiorum, gli antiqui ac boni mores che le ultime generazioni avevano trascurato privilegiando disvalori come disvalori come l’ avaritia e la mala ambitio. Ottaviano stesso si fece promotore di una cultura ad indirizzo celebrativo e propagandistico, che celebrasse i fasti e la grandezza dell’impero romano, la sacralità delle proprie origini, l’appartenenza ad una storia antica fatta di gesta memorabili e di grandi eroi.
In questa ottica si colloca la monumentale opera storica di Tito Livio (59 a. C.-17 a. C.): Ab urbe condita libri, in cui l’esaltazione che l’autore fa di un passato insigne e miticamente riproposto risulta funzionale al progetto di restaurazione augustea e contribuisce a conferire all’opera un taglio decisamente epico. L’opera storica di Tito Livio tende ad esaltare la virtù, intesa essenzialmente come virtù eroica: la storia di Tito Livio è stata definita la storia del popolo romano, ma in realtà il popolo come totalità dei cittadini rimane in secondo piano sullo sfondo, mentre emergono le figure di uomini e condottieri dotati di virtù eccezionali. La grandezza e la superiorità di Roma sono determinate dalla presenza di una elite di uomini forti e virtuosi, elite la cui continuità è assicurata da una salda disciplina morale che affonda le sue radici nel rispetto del mos maiorum. Dell’immensa opera che doveva comprendere 142 libri o forse 150, sono rimasti 35 libri: la prima decade, La terza, la quarta e metà della quinta. (Storia e storiografia: funzione celebrativa, funzione educativa).
In età Giulio-claudia la Storiografia, come tutti i generi letterari, risentì non poco del clima liberticida instaurato dai Principes, per cui o aderì ai dettami della restaurazione morale già avviata in età augustea, schierandosi dalla parte del potere e diventando un efficace strumento propagandistico (vedi Virgilio, l’Eneide; Tito Livio, Ab urbe condita;), oppure percorse strade alternative, finendo col subire talvolta anche una durissima repressione.
Più tardi, in età di Traiano, spicca l’opera storica di Tacito (55-120 d.C.), autore degli “Annales” (16 libri, struttura annalistica) che trattano del periodo intercorrente tra la morte di Augusto (14 d. C.) e la fine di Nerone (68 d. C.); a noi sono pervenuti i primi sei libri sul principato di Tiberio, e i libri da metà dell’XI a metà del XVI che si riferiscono parte al regno di Claudio, parte a quello di Nerone, fino al 66 d. C.
Tacito rappresenta il maggiore storiografo dell’età di Traiano e forse di tutta la letteratura latina; egli saluta con ottimismo l’avvento del principato traianeo, dopo gli anni bui della tirannide di Domiziano (Dinastia Flavia). Con la sua attività di storiografo, Tacito rileva dapprima la degenerazione dell’istituzione imperiale in età flavia (vedi le Historiae), successivamente va a ricercarne le cause fino al tempo di Augusto (dinastia Giulio-claudia). L’attività storiografica di Tacito, tuttavia, non mira a delegittimare la figura imperiale: egli riconosce nell’Impero la sola forma di governo ormai possibile a Roma, e avanza la necessità di promuovere tra i cittadini una rinnovata fase di progresso civile. Tacito è legato al costume e alla memoria della repubblica aristocratica, coltivando un ideale etico-politico che gli consente di attribuire alla Storiografia una funzione moralistica: il conservatorismo moralistico di Tacito si risolve nel mito nostalgico di un passato antichissimo incorrotto.
Dopo l’età di Traiano la Storiografia entra in una crisi inarrestabile e spesso finisce col ridursi a semplice Biografia*. Da tutto il periodo tardo antico emerge solo la figura di Ammiano Marcellino (330-400 d. C.), il quale tentò con la sua opera Rerum gestarum libri XXXI di tracciare un quadro complessivo della crisi dell’Impero individuando, come già aveva fatto Tacito nel II sec. d.C., una matrice moralistica, senza attribuire il giusto peso a nuove cause endogene ed esogene, come la diffusione del Cristianesimo e l’intensificarsi delle invasioni barbariche.
LA BIOGRAFIA. La Biografia è un sottogenere della Storiografia; al pari della Storiografia, la Biografia si occupa di Storia, tuttavia, mentre la Storiografia tratta fatti accaduti in maniera generale e complessiva, la Biografia ha come oggetto la descrizione della vita di personaggi illustri presentata sotto il profilo dell’indagine curiosa e minuziosa sul comportamento, sui gusti, sulle gesta, sul carattere dei protagonisti della storia.
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