Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate
fredda, dei morti.
La lirica “Novembre”, inclusa nella raccolta “Myricae” (1891), è una delle più suggestive di Giovanni Pascoli ed esprime il gusto del poeta per le sensazioni sfuggenti, per la visione di un reale ambiguo e non nettamente definito.
Il componimento può essere suddiviso in tre quadretti descrittivi netti e ben distinguibili, e allo stesso tempo coesi e coerenti : la strofa iniziale presenta una giornata di apparente primavera, con un sole “così chiaro” e “gli albicocchi in fiore”; ma ecco che , osservando più attentamente, l'io lirico si accorge che le piante sono “stecchite”, il biancospino è “secco” ed il suono cupo dei passi riecheggia come se il terreno fosse vuoto: "cavo al piè sonante sembra il terreno”. Alla vivida sensazione di un’atmosfera primaverile (Gemmea l’aria, il sole così chiaro) fa dunque riscontro una realtà diversa (ma secco è il pruno): è autunno, il biancospino non è in fiore, ma secco; i rami degli alberi ormai spogli segnano nere trame; il terreno non è fecondo, ma indurito dal freddo e riecheggia sotto il passo degli uomini, come se fosse cavo. Infine l'ultimo “periodo” costituisce una riflessione sull'inganno ordito dalla natura: l'illusione della primavera in una particolare giornata di novembre evoca la precarietà dell'esistenza. La primavera era soltanto un’illusione e nella giovinezza è già preannunciata la morte. Nella terza strofa, infatti, l’atmosfera si delinea in tutta la sua naturale tristezza: il silenzio del paesaggio autunnale è appena interrotto dal vento che fa cadere dagli alberi le fragili foglie, metafora della precarietà e della finitezza umana. All’illusione della primavera, immagine e simbolo della giovinezza e più in generale della vita, si sostituisce un’atmosfera di morte: l’estate di San Martino “E’ l’estate fredda dei morti”.
Con la poesia, Pascoli vuole evidenziare la fragilità umana rispetto alla inesorabilità alla natura: sebbene nella giovinezza ci possa sembrare di avere tutta una vita davanti, un giorno ogni uomo diverrà “secco” e “stecchito” come il “pruno”. Il tema della precarietà della vita umana è sottolineato dall'espressione “di foglie un cader fragile”. L'immagine metaforica mette in relazione la vita umana e le foglie secche autunnali: la precarietà dell'uomo è come una foglia debolmente attaccata ad un ramo, che continua a resistere e a lottare contro la forza di gravità, ma prima o poi sarà vinta; allo stesso modo la morte incombe inevitabilmente sull'uomo.
Nella lirica il poeta inserisce una lunga antitesi, che si estende per le prime due intere strofe. La figura semantica svolge un ruolo di particolare incidenza: allude metaforicamente alla vita, la gioia e la bellezza di una luminosa giornata primaverile, che è troncata bruscamente dalla morte e dall'aridità dell'inverno. Pascoli ricorre all'artificio per evidenziare una realtà bifacciale, tema portante del componimento, assieme alla riflessione sulla fragilità umana.
Il tema della contrapposizione vita-morte è sottolineato dall'ossimoro in conclusione del brano: “estate / fredda”. L'espressione, non meno rilevante e suggestiva dell'antitesi, è evidenziata da un enjambement.
I campi semantici intorno ai quali ruota la lirica sono dunque la vita e la morte. Le espressioni che concorrono all'individuazione del primo campo semantico sono concentrate nella prima strofa: “gemmea”, “sole chiaro”, “albicocchi in fiore” ed è presente un topos letterario ben consolidato dalla tradizione: l'immagine del “cuore”, da sempre centro propulsore della vita. Al secondo campo, invece, fanno riferimento le espressioni “secco”, “stecchite”, “nere trame”, “vuoto” e “cavo”.
Il componimento è ben ritmato, sono presenti cesure ed enjambement. La terza strofa, ad esempio, è caratterizzata dai segni d'interpunzione, che aumentano notevolmente rispetto alle strofe precedenti, alternandosi quasi con le parole, in modo da creare -mediante le cesure- un senso di solenne solitudine e di vuoto, collegati alla morte.
A conferire musicalità alla lirica si aggiungono le figure metriche, come i molteplici esempi si sinalefe.
Il registro stilistico solenne ed autorevole conferisce gravità ed intensità alla lirica, accrescescendo la sensazione di impotenza dell'uomo dinanzi alla morte e alla natura.
A livello strutturale la lirica è composta da tre quartine di tre versi endecasillabi ed un quinario, che rimano secondo lo schema ABAb CDCd EFEf.
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