La lunga esistenza di Alessandro Manzoni appare spoglia di fatti rilevanti e raccolta in un alone di intimità domestica, gelosamente custodita. Nato a Milano nel 1785 dal conte Pietro Manzoni, proprietario terriero, e da Giulia Beccaria, figlia del marchese Cesare Beccaria, autore di uno dei capolavori dell’Illuminismo europeo, Dei delitti e delle pene (1764). Compie gli studi in collegio, dapprima presso i Padri Somaschi in Brianza, poi presso i Padri Barnabiti a Milano. Intanto la madre, separata legalmente dal padre, si trasferisce a Parigi (1795) con il conte Carlo Imbonati, senza portare con sé Il figlio. Il giovane Alessandro divenuto insofferente sia alla dura vita collegiale, sia al tipo di educazione ricevuta di stampo classicistico, non tardò a rivelare simpatie giacobine, palesi nella sua dichiarata volontà di “diventare ateo”. Lasciato definitivamente il collegio dei Barnabiti nel 1801, visse nella casa paterna dove ebbe modo di frequentare i grandi intellettuali del tempo, Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, e alcuni intellettuali illuministi napoletani: Vincenzo Cuoco.
Nel 1805 A. Manzoni, appresa la morte di Carlo Imbonati, compagno della madre, si trasferisce a Parigi. Qui viene a contatto con i salotti culturali più in vista della capitale francese, quindi ha modo di approfondire e di consolidare i propri IDEALI LIBERTARI E GIACOBINI, nonché il proprio ATEISMO ANTICLERICALE maturato negli anni della sua formazione culturale. A Parigi il Manzoni frequenta il gruppo degli “Ideologi”, tra i quali ricordiamo Claude Fauriel con il quale l’autore strinse un sodalizio umano ed intellettuale. Gli ideologi erano filosofi e scienziati di idee repubblicane, eredi della tradizione illuministica e fautori del principio di libertà individuale, pertanto ostili all’assolutismo del regime napoleonico.
Nel 1807 muore il padre, Pietro Manzoni e il giovane Alessandro ne eredita il patrimonio.
Nel 1808 A. Manzoni sposa con rito calvinista la sedicenne svizzera Enrichetta Blondel, dalla quale ebbe dieci figli.
Il 2 aprile 1810 si verificò l’episodio destinato a entrare nella leggenda manzoniana: a Parigi, durante i festeggiamenti popolari per il matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d’Austria, Alessandro, smarrita la moglie tra la folla, fu colpito da una terribile crisi di angoscia, prima manifestazione di quell’agorafobia che lo tormenterà per tutta la vita. La tradizione agiografica collega questo episodio al cosiddetto “miracolo di san Rocco”, ovvero alla folgorazione divina che avrebbe colpito il Manzoni nella omonima chiesa parigina, spingendolo a convertirsi al cattolicesimo. In realtà i due momenti (smarrimento di Enrichetta Blondel; conversione religiosa) sono distinti tra loro: la conversione al cattolicesimo fu in Manzoni l’esito di un lungo percorso fatto di meditazioni filosofiche e morali; avvenne a costo di un sofferto travaglio interiore di cui fu testimone la moglie Enrichetta, che per prima si era avvicinata al cattolicesimo sotto la guida dell’abate giansenista Eustachio Degola, abiurando il calvinismo. La dottrina giansenista influenzò non poco il cattolicesimo di A. Manzoni, conferendo ad esso un accentuato rigore morale. Il Ginsenismo (da Giansenio, teologo olandese del XVII-XVIII sec.) appariva come una dottrina intermedia tra cattolicesimo e protestantesimo, sottolineava la necessità dell’intervento della grazia divina nei processi di redenzione umana e si connotava per la morale austera e rigorosa, in opposizione al lassismo dei costumi dei Gesuiti.
Nel giugno 1810 la famiglia Manzoni rientrò definitivamente a Milano, dove aprì la propria casa di via Morone a poeti e letterati illustri come Giovanni Berchet, Carlo Porta, Hermes Visconti, Tommaso Grossi.
Segue una fase di cocente delusione, in coincidenza dei moti risorgimentali del 1821, con i connessi processi politici; nonostante ciò, il 1821 fu per il Manzoni un anno di intensa produzione artistica: scrisse le due Odi politico-civili , Marzo 1821, il Cinque maggio; la seconda delle sue tragedie, l’Adelchi ; comincia la stesura del suo grande romanzo, Fermo e Lucia.
Nel 1827 trascorre un breve periodo (l’estate) a Firenze per la revisione linguistica (la famosa “risciacquatura” in Arno) del suo romanzo, I Promessi Sposi, apparsi in quell’anno in 1^ edizione.
Nei rimanenti 46 anni della sua vita (1827-1873), Manzoni si dedicò ad opere saggistiche, specie nel campo degli studi linguistici: tra il 1840 e il 1842 si colloca la definitiva edizione del romanzo I Promessi Sposi, apparso in dispense e profondamente rivisto. Tuttavia, nuove disavventure familiari lo attendevano: la morte della moglie Enrichetta nel 1833 e della primogenita Giulia nel 1835; le dissipazioni finanziarie dei figli Filippo ed Enrico. Nominato nel 1860 senatore del nuovo Regno d’Italia da Vittorio Emanuele II, il Manzoni scandalizzò i cattolici più intransigenti per aver votato a favore sia del Regno d’Italia (1861) sia a favore del trasferimento della capitale da Torino a Firenze(1864); e soprattutto accettando, nel 1872, la cittadinanza onoraria offertagli dal comune di Roma. Dopo essere passato attraverso numerosi altri lutti familiari, Manzoni si spense quasi novantenne a Milano, il 22 maggio 1873.
Il cattolicesimo del Manzoni gli consentì di approdare ad una religiosità profonda ed intensa: il Manzoni non rinnegò il suo retroterra culturale, filosofico e ideologico; piuttosto adattò gli ideali laici e giacobini della Rivoluzione francese - libertà, uguaglianza, fraternità – ad una nuova esigenza, suprema ed universale, di giustizia sociale, nel segno della morale cattolica. Il Dio del Manzoni è il Cristo fatto uomo, flagellato sulla croce per redimere i peccati di tutta l’umanità; Egli rappresenta la suprema garanzia di libertà, di uguaglianza, di giustizia sociale. Attraverso il sacrificio della croce, attraverso il perdono e la sua infinita misericordia, il Cristo ha offerto a tutti gli uomini, senza distinzioni di cultura, di razza o di censo, l’opportunità della salvezza ultraterrena, la possibilità di un riscatto dallo stato di contrizione del peccato.
LA CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO AVRÀ, DUNQUE, PER MANZONI, NON SOLTANTO UN VALORE ETICO, QUANTO ESTETICO: tutta la realtà (la storia, la poetica, gli ideali umani e artistici) sarà trasfigurata dall’autore alla luce della nuova religiosità.
Il Manzoni, erede del meccanicismo materialista e del razionalismo illuministico, figlio di un’epoca storica segnata da laceranti conflitti politico-sociali (Rivoluzione francese, assolutismo napoleonico, dominazione austriaca) elabora, al pari del Foscolo, una visione profondamente pessimistica della condizione umana: la vita si configura spesso come un percorso doloroso e contraddittorio, segnato dall’insanabile contrasto tra il reale (ciò che siamo) e l’ideale ( ciò che vorremo che fossimo). Se il Foscolo risolve il lacerante dissidio tra ragione e spirito grazie all’intervento delle illusioni, i miti salvifici dell’uomo, il Manzoni riesce a smussare gli aspetti più cupi del suo pessimismo grazie alla scoperta della fede, alla rivelazione della Grazia divina, alla misericordia, grazie alla fiducia nella divina Provvidenza che attua l’armonico disegno di Dio. Il Manzoni risolve nella fede cristiana il proprio anelito all’ideale.
ANCHE DANTE, ALLA STREGUA DEL MANZONI, SOTTOLINEA IL CONCETTO DELLA DIVINA PROVVIDENZA, CHE TUTTO SUGGELLA. Naturalmente ciò che contraddistingue i due grandi autori è la base filosofica, aristotelico - tomistica nel primo, illuministica nel secondo. In Manzoni abbiamo il segno di un Dio giusto, che permea col suo spirito tutto il creato; anche la sofferenza, intrinseca nell’esistenza dell’uomo, risponde ad un fine ultimo preordinato: tutto ciò che il Creatore ha tolto agli uomini, sarà restituito a piene mani. Il Manzoni, volto costantemente all’analisi critica e scientifica del reale, non poté non conquistare la sua fede in maniera sofferta e ragionata. Una fede non dogmatica, volta a cogliere il senso consolatorio e illuminante dell’eterna presenza di Dio nella vita degli uomini; una fede capace di accogliere in sé, in quanto sorgente di ogni ideale, anche le idee progressiste di stampo illuministico tanto care all’autore, secondo un sincretismo culturale tipicamente manzoniano.
Il cristianesimo del Manzoni , dunque, è il recupero di un ideale cristiano evangelico che si manifesta nel costante richiamo ai principi e ai valori che avevano orientato la formazione culturale del giovane poeta: libertà, giustizia sociale, solidarietà umana. Da ciò deriva una poesia fortemente ancorata al “vero” storico; una poesia oggettiva, aliena da eccessivi slanci dello spirito e dalla tentazione di esaltare singole personalità ed esperienze straordinarie, in cui la voce dell’autore perde ogni connotazione individuale per farsi interprete di un punto di vista corale, per esprimere il rapporto tra Dio e il popolo.
LA PRODUZIONE LETTERARIA
LA PRIMA FASE DELLA SUA PRODUZIONE LETTERARIA – PRECEDENTE ALLA CONVERSIONE ( 1810) appare caratterizzata da una sostanziale adesione alla poetica e al gusto del Neoclassicismo , dal prevalere dell’ influenza di V. Monti e di G. Parini, ma soprattutto da un radicalismo giacobino (ideali libertari, ateismo anticleriacale), cioè da un atteggiamento di contestazione rispetto ad una realtà sociale contraddittoria, nella quale il poeta non si ritrova.
A questa prima fase fanno riferimento le opere giovanili: Il trionfo della libertà (1801), una macchinosa celebrazione del valore della libertà contro ogni forma di superstizione e di tirannide; Urania , un poemetto mitologico dedicato alla funzione civilizzatrice della poesia; un sonetto-autoritratto di imitazione alfieriana; I Sermoni, quattro aggressive satire sul modello oraziano, contro il malcostume della società milanese, contrassegnata da false ipocrisie e da pseudo poeti . Questa fase culmina nel carme in endecasillabi sciolti, In morte di Carlo Imbonati (1806), nel quale rifacendosi a Parini, celebra il ruolo dell’intellettuale impegnato nel progresso civile.
Una svolta radicale nell’opera del Manzoni è generata dalla CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO (1810) , conversione che si configurerà anche come conversione letteraria, segnando un’ evoluzione sia sul piano etico che sul piano estetico. Il Manzoni abbandona la mitologia e la poetica neoclassica (repertorio culturale greco-romano) per sostanziare la propria lirica di contenuti religiosi, assumendo come repertorio di immagini e di metafore quello offerto dai testi sacri ( in particolare la Bibbia). Il nuovo patrimonio di cultura cristiano non sostituisce, bensì affianca il consueto retroterra offerto dagli studi classici. La conversione, dunque, produce conseguenze immediate essenzialmente sul piano tematico, mentre su quello formale, la poesia manzoniana continua ad essere legata alla tradizione classicistica. La conversione al cattolicesimo segna l’inizio del periodo di più intensa attività creativa del Manzoni.
Cfr. De Caprio-Giovanardi, I testi della letteratura italiana, vol. 3, ed. “Einaudi”; Antonelli – Sapegno, L’Europa degli scrittori, vol. 2b, “La Nuova Italia”; appunti del docente.
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