giovedì 3 ottobre 2013

NICCOLO' MACHIAVELLI (1469 - 1527): "politico, historico e comico"

• Alcuni temi fondamentali: VISIONE LAICA E ANTROPOCENTRICA DELLA VITA
Esaltazione della "virtù" contro la “fortuna”. Virtù e fortuna sono le due forze antagoniste e concorrenti nel campo dell’azione politica delineato da Machiavelli.
- Per il concetto di virtù occorre sottolineare il diverso significato che la parola assume in Machiavelli rispetto a Dante e, più in generale, rispetto alla cultura medievale. Il termine “vrtus, virtutis” che nella tradizione latina significa forza, vigore, valore militare, subisce, nel corso dei secoli un processo di risemantizzazione. Con l’avvento del Cristianesimo la virtus latina di arricchisce di significati nuovi, di natura teologica, evangelica e morale per indicare soprattutto le doti spirituali. In questa lenta trasformazione conta il fissarsi delle virtù teologali( fede, speranza, carità), oltre alle virtù cardinali (giustizia, fortezza, prudenza, temperanza). Nel conflitto tra il significato originario della parola virtù e il significato medievale, si coglie la differenza tra due visioni del mondo nettamente contrapposte: la visione classica (basata su valori legati alla forza, al coraggio, al valore delle armi), la visione cristiana. In Dante, infatti, il concetto di virtù anche se impiegato in un contesto mondano o terreno, è sempre strettamente collegato al contesto ultraterreno. L’uomo “virtuoso” è colui che possiede qualità razionali assistite dalla fede e dalla grazia divine. In Dante virù significa potenza, volontà di Dio, disposizione costante ad uniformarsi alla volontà di Dio, abitudine connaturata di fare il bene.
- In Machiavelli, e nel Principe , la VIRTU' svincolandosi da precetti morali, coincide con la capacità dinamica e operativa di sostenere il contrasto con la “fortuna”, di intervenire sugli eventi umani modificandoli. La visione laica, che è propria di Machiavelli, concepisce la virtù come l’insieme di doti intellettuali e pratiche che fanno il vero statista ( conoscenza delle leggi generali della politica, capacità di adattarle alle situazioni specifiche, energia e decisione nell’azione, spregiudicatezza e cinismo, capacità di dosare opportunamente forza e astuzia ): si realizza, così, la completa laicizzazione dl concetto di “virtù”. La virtù in Machiavelli rappresenta il suggello della concezione rinascimentale dell’ homo faber fortunae suae, essa segna l’affermarsi e il trionfo di una visione del mondo laica e antropocentrica, che già aveva espresso i primi segnali importanti nel dinamismo della civiltà comunale. In Machiavelli il concetto di virtù è posto al centro di una nuova etica, completamente materiale e immanente, non più ultraterrena o spirituale, basata sulla efficacia dell’azione dell’uomo in quanto partecipe di una società civile. Nel “principe” viene posto l’accento sulla “virtù” intesa come possibilità concreta dei soggetti politici di operare nella realtà.
- Accanto alla laicizzazione del concetto di virtù, si assiste in Machiavelli, e in generale nella cultura rinascimentale, alla laicizzazione del concetto di “fortuna”.
Nel Medioevo (così in Dante), la fortuna appare come la ministra della volontà di dio, l’intelligenza celeste e provvidenziale che amministra i beni del mondo secondo disegni imperscrutabili ai quali nessuna ragione umana può accedere. Non è una divinità capricciosa e crudele, ostile all’uomo, come nella tradizione pagana, ma un’intelligenza angelica posta al di sopra delle capacità interpretative dei comuni mortali (visione provvidenzialistica della vita e della storia).
Già a partire da Giovanni Boccaccio, e ancora per gli umanisti, il concetto di fortuna si evolve in direzione opposta all’accezione medievale e dantesca. La FORTUNA diviene una forza cieca e imprevedibile, la fortuna è il caso, l’accidente, l’imprevedibilità delle circostanze, l’avvenimento fortuito in grado di abbattere il progetto umano. Si afferma, dunque il rapporto virtù-fortuna come scontro tra le forze dell’uomo ed altre forze, non più provvidenziali, bensì cieche, casuali e immanenti, non dirette da alcuna volontà superiore e non indirizzate verso alcuna finalità. In Machiavelli la virtù non è rappresentata dalla forza interiore di resistere alle avversità, ma dall’intelligenza industriosa , dalla capacità fattiva di contrastare i limiti e i condizionamenti opposti dalla fortuna. Nel principe è delineata la capacità dei soggetti politici di opporsi, grazie alla loro virtù, ai condizionamenti storici oggettivi e imponderabili.

L’individuo e la fortuna: la concezione agonistica della vita caratterizza tanti scritti del Segretario fiorentino - non solo quelli politici ma anche, ad esempio, le commedie – propone l’immagine di un individuo che è solo davanti alle sfide dell’esistenza, concentrato in uno sforzo di intelligenza teso a riuscire a cogliere le opportunità, diverse per ciascuno, che la stessa misteriosa forza, la fortuna, può offrire a chi sappia approfittarsene.


• Il valore della STORIA ANTICA (carattere pragmatico e universale). L’importanza della conoscenza e dell’ esperienza
Nella concezione del Machiavelli , l’uomo virtuoso è colui che è in grado di impiegare l’intelligenza industriosa e la capacità fattiva per contrastare i condizionamenti opposti dalla fortuna. Nonostante l’accentuata consapevolezza dei limiti umani, Machiavelli ripone grande fiducia nell’intelligenza attiva, nella possibilità di usare non solo gli strumenti della conoscenza, ma anche, e in modo originale, i dati dell’esperienza, per intervenire nel reale e tentare di modificarlo; di conseguenza, pur rifiutando l’ottimismo umanistico, considera il sapere e la tradizione come un patrimonio prezioso per la vita attiva.
Il tal senso Machiavelli ritiene utile la storia in quanto documento che illustra le azioni degli uomini e, in particolare, dei grandi uomini del passato: raccoglie così l’eredità umanistica della STORIA “MAGISTRA VITAE” e la ravviva in un dialogo continuo e attivo con i personaggi dell’antichità, che interroga per comprendere non solo le ragioni del loro successo , bensì PER TRARNE MODELLI DI COMPORTAMENTO PRATICO. Gli umanisti studiano la storia e la letteratura antiche per desiderio di conoscenza ( una conoscenza filologica), per ragioni estetiche(trarne regole retoriche) , per esaltarne i valori di esemplarità e di universalità ( si pensi alla esaltazione da parte dell’Umanesimo civile fiorentino dell’esemplarità della Roma repubblicana contrapposta alla Roma imperiale); Machiavelli e gli intellettuali del Rinascimento riprendono il concetto umanistico di “imitazione” del mondo antico per fronteggiare con entusiastico ottimismo le difficoltà della realtà storica contemporanea. La storia antica non è semplice successione di grandi eventi, di gesta esemplari, essa costituisce un patrimonio prezioso da cui ricavare leggi generali dell’agire politico per l’azione nel presente: è l’applicazione al campo politico del principio di imitazione caro alla cultura umanistico-rinascimentale. Machiavelli, respingendo un’utilizzazione puramente estetica del principio di imitazione, estende gli insegnamenti del passato alla teoria politica. Egli diviene i fondatore di una nuova scienza politica incentrata sul contrasto dialettico tra virtù – fortuna, e che intende proporre nuove, spregiudicate teorie volte al perseguimento del bene comune.
• Il NATURALISMO
La concezione del mondo di Machiavelli poggia sulle basi di un naturalismo già presente nella cultura rinascimentale, naturalismo che investe tutti gli aspetti del reale, dagli esseri umani alle istituzioni, e che concepisce l’uomo come un essere definito ed immutabile alla stregua di tutti gli altri elementi della natura. L’uomo resta sempre uguale a se medesimo, l’evoluzione storica non modifica la base naturale che ne indirizza i comportamenti e che resta immobile nel tempo; la storia, dunque, non è che il continuo ripetersi di avvenimenti e di comportamenti sempre uguali a se stessi. E’ proprio a causa di questa sostanziale immobilità della natura umana che è possibile applicare alla storia e alla teoria politica il principio umanistico di “imitazione”, prendendo a modello una realtà lontana nel tempo. Hanno un peso notevole, nella sua personalità e nella sua opera, la concezione materialistica della vita ( Lucrezio), la forte opposizione alle correnti neo-spiritualistiche (savonaroliani), la tradizione scientifica aristotelica, la concezione storica che egli deriva dallo storico greco Polibio di Megalopoli (II sec. a. C.), deportato a Roma dopo la Battaglia di Pidna (168 a C.) ed inserito nel Circolo filoellenico degli Scipioni.. Da Polibio, Machiavelli riprende, in particolare, l’idea di un ciclo caratterizzante la vita di ogni stato: nascita, affermazione, sviluppo e ampliamento, decadenza, morte. Lo Stato è visto come un organismo vivente , un’entità biologica. In assoluto, la decadenza dello Stato non è evitabile; essa tuttavia può essere contrastata in due modi:
- prendendo a modello gli ordini repubblicani dell’antica Roma , il modo con cui in essi vennero equilibrati i poteri delle classi fondamentali;
- sapendo riconoscere i momenti di crisi dello Stato e sapendo ritornare, allora, alle sue origini: per impedire la decadenza delle istituzioni statali, occorre ricostruire costantemente i loro fondamenti e ritrovare i valori e le ragioni profonde della loro esistenza.
•L'INVENZIONE DI UN LINGUAGGIO E DI UN METODO

Gli scritti di Machiavelli sono riconoscibili anche per l’impronta inconfondibile della sua lingua. Il lessico è ricco di termini ripresi, in primo luogo, dall’ambiente della cancelleria, con latinismi e fiorentinismi, ma anche dai diversi linguaggi tecnici, dei mestieri, delle scienze e della natura. La costruzione sintattica e logica utilizza estesamente il procedimento dilemmatico (o… o…) che serve a ridurre le molteplicità del reale entro uno schema semplice di contrapposizione fra due elementi estremi e alternativi tra cui si pone la scelta. Analogamente, l’uso dei periodi ipotetici, delle casuali e delle finali e quello abbondante dei numerali (<< in dua modi, …il terzo modo, …quel secondo>>) danno il senso di un’analisi scientifica, di una realtà misurabile e ordinabile, di un calcolo condizionato. Abbiamo così un linguaggio e un metodo del tutto nuovi.

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