lunedì 22 settembre 2014

LA STORIOGRAFIA E LA BIOGRAFIA



La Storiografia, come molti altri generi letterari antichi, nacque in Grecia in tempi assai antichi, già a partire dal VI sec. a. C. con l’attività letteraria dei cosiddetti logografi, i quali descrivevano i luoghi, gli usi e costumi dei popoli con i quali venivano a contatto nei loro viaggi.
A poco a poco dalla Logografia ebbe origine la Storiografia e ciò avvenne allorché agli interessi puramente etnogeografici (usi, costumi) subentrarono quelli più specificatamente storici. Il primo autore che potremmo definire “storico” è ERODOTO DI ALICARNASSO (484-430 a.C.), definito a tal proposito il “padre” dell genere storiografico.
Dopo Erodoto, il primo grande autore storico greco è TUCIDIDE di Atene (460-400), autore della celebre Guerra del Peloponneso, che con straordinaria capacità di analisi descrive il conflitto che condusse alla distruzione della egemonia ateniese, e quindi alla dissoluzione della Polis. Tucidide è considerato il fondatore del metodo storiografico: attento all’informazione precisa, all’utilizzo diretto delle fonti storiche, all’impiego di una documentazione rigorosa e scientifica basata su documenti originali, all’esposizione di fatti ordinati cronologicamente, all’acuta valutazione del fatto storico e all’inquadramento di esso all’interno di una più ampia visione che riguarda tutta la storia greca.
Dopo Tucidide, in età ellenistica (323- 31 a.C) la storiografia di stampo tucidideo declina e si diffonde piuttosto il genere della Biografia, legata spesso ad opere che raccontano le gesta eroiche di Alessandro Magno.
La Storiografia in senso stretto trovò più tardi un autorevole esponente nel grande storico greco POLIBIO di Megalopoli (II sec. a. C.). Deportato a Roma dopo la Battaglia di Pidna (168 a C.) ed inserito nel Circolo filoellenico degli Scipioni, Polibio fu cultore di una storiografia che, alla stregua dell’ideale tucidideo, fosse attenta all’informazione precisa, all’utilizzo di una documentazione rigorosa e scientifica basata su documenti originali e ben documentati. Per Polibio, come già era accaduto per Tucidide, la Storia e quindi anche l’opera storica, assume un carattere pragmatico ed universale, poiché da essa scaturiscono direttamente validi insegnamenti di natura pratica a carattere politico e civile, la Storia cioè può insegnare all’uomo politico le norme pratiche per giungere al successo.
A ROMA la Storiografia si diffuse come genere letterario a partire dalla conquista di Taranto e della magna Grecia (III sec a.C.), allorché Roma avvertì l’esigenza di far conoscere le sue gesta e la sua posizione di futuro perno politico militare di tutto il bacino mediterraneo.
Le prime forme di Storiografia romana sono di taglio annalistico (Storiografia annalistica: esposizione cronologica degli eventi accaduti nell’anno), sulla base del fatto che già in età arcaica si era diffusa l’abitudine da parte dei Pontefici massimi di stilare una lista nella quale venivano registrati gli eventi più significativi di ciascun anno.
Dopo gli annalisti, tra i quali ricordiamo l’opera di Fabio Pittore, fu Marco Porcio Catone (il Censore, 234- 149 a. C.) a distinguersi nel campo della Storiografia. Intransigente conservatore, noto per la celebre citazione “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse”, fu un integerrimo custode della più antica tradizione romana e dei valori del mos maiorum (fides, pietas, industria, integritas,gravitas aequitas, magnitudo animi, frugalitas, virtus guerriera etc…).La sua opera storiografica, nonché il capolavoro della sua produzione letteraria, sono le Origines (174 a. C.), in 7 libri; le Origines rappresentano il primo esempio nel mondo romano di opera storica che, pur procedendo nella esposizione cronologica dei fatti a partire dalla Roma monarchica,non presenta una struttura annalistica. In tutti gli eventi narrati, Catone non fa menzione dei loro protagonisti e quindi instaura una prassi storiografica, successivamente poco fortunata, in controtendenza con la tradizione romana che invece accordava ampio spazio di celebrazione agli eroici protagonisti delle vicende narrate (vedi in seguito Tito Livio).La scelta, singolare, di non menzionare i protagonisti degli eventi va collegata all’esigenza di ascrivere le gesta di Roma e la sua grandezza non tanto al merito dei singoli, bensì alla dedizione e all’eroismo dell’intera collettività, sulla quale grava la salvezza della Res publica. (Storiografia: funzione moralistica)

- Dopo il contributo di Catone il Censore, dovremo aspettare l’età delle guerre civili (I guerra civile 88-81 a C./ II guerra civile 49-46 a.C.) per assistere ad una nuova fase di sviluppo della Storiografia. Infatti, in questo periodo sono Cesare (100-44 a. C.) e Sallustio (86-35 a.C.) a portare il genere letterario della storiografia a livelli di assoluta grandezza attraverso la composizione di celebri opere a carattere monografico.
Cesare fu autore di 2 importanti opere storiche: Commentarii de bello gallico, in 7 libri, riferiti ai 7 anni della guerra gallica dal 58 al 52 a. C.; Commentarii de bello civili, in 3 libri, riferiti alla seconda guerra civile tra Cesare e Pompeo (49-46 a. C.). Il Commentarius in realtà non è uno scritto letterario definito e compiuto, bensì un resoconto essenziale, stringato e compendioso, che successivamente sarebbe diventato un’opera di tipo storico. Anche lo stile si avvale di una prosa sobria e chiara, il tono volutamente distaccato, la narrazione in terza persona. L’intenzione fondamentale di Cesare nelle sue opere storiche è quella di presentare la propria immagine come quella di un condottiero che riesce a far coincidere la gloria personale con il superiore interesse della Repubblica romana, per la quale combatte fieramente e al cui servizio mette tutta la propria perizia militare. Aspetto fondamentale del De bello gallico è che Cesare non manca mai di attribuire parte dei successi militari alla fedeltà delle truppe nella loro collettività, al loro senso di abnegazione e di sacrificio.
Negli stessi anni in cui Cesare compose i suoi Commentarii, a Roma spicca la figura di un altro grande storico amico di Cesare, Gaio Sallustio Sallustio (86-35 a.C.) autore di due opere a carattere monografico: il Bellum Catilinae (De coniuratione Catilinae) e il Bellum Iugurthinum, che raccontano rispettivamente la congiura ordita da Lucio Sergio Catilina, un estremista democratico di origine aristocratica, nel 63 a. c. ai danni della Res publica, e la guerra contro Giugurta (111-105 a. C.), in cui per la prima volta nella storia di Roma si era evidenziata con forza la corruzione dei dirigenti aristocratici. Le opere storiche testimoniano l’interesse di Sallustio per la politica e per le questioni morali che riguardavano la società del tempo. In entrambe le monografie l’autore mette in evidenza il legame tra ricchezza, potere, corruzione, decadimento dei costumi morali (cupiditas imperii, cupiditas pecuniae); in entrambe si scorge l’intento di esaltare celebri personalità del partito democratico, presentati come onesti e animati da nobili ideali e di colpire taluni aristocratici, ritenuti avidi e corrotti.(Storiografia: funzione moralistica)

Dopo la Battaglia di Azio (31 a. C.) e il suicidio di Antonio e Cleopatra, Ottaviano conquista il potere che divenne ufficiale nella seduta del senato del 27 a. C. Con la nascita del Principato di Augusto, si assiste ad una fase di intensa rinascita culturale, nonché di trasformazione dei costumi sociali in direzione di un recupero dei più antichi valori del mos maiorum, gli antiqui ac boni mores che le ultime generazioni avevano trascurato privilegiando disvalori come disvalori come l’ avaritia e la mala ambitio. Ottaviano stesso si fece promotore di una cultura ad indirizzo celebrativo e propagandistico, che celebrasse i fasti e la grandezza dell’impero romano, la sacralità delle proprie origini, l’appartenenza ad una storia antica fatta di gesta memorabili e di grandi eroi.
In questa ottica si colloca la monumentale opera storica di Tito Livio (59 a. C.-17 d. C.): Ab urbe condita libri, in cui l’esaltazione che l’autore fa di un passato insigne e miticamente riproposto risulta funzionale al progetto di restaurazione augustea e contribuisce a conferire all’opera un taglio decisamente epico. L’opera storica di Tito Livio tende ad esaltare la virtù, intesa essenzialmente come virtù eroica: la storia di Tito Livio è stata definita la storia del popolo romano, ma in realtà il popolo come totalità dei cittadini rimane in secondo piano sullo sfondo, mentre emergono le figure di uomini e condottieri dotati di virtù eccezionali. La grandezza e la superiorità di Roma sono determinate dalla presenza di una elite di uomini forti e virtuosi, elite la cui continuità è assicurata da una salda disciplina morale che affonda le sue radici nel rispetto del mos maiorum. L'opera di Tito Livio, con la sua celebrazione delle delle virtù tipicamente romane,risultava in armonia con i temi della propaganda augustea mirante al risanamento morale, al recupero degli antichi valori religiosi, al ristabilimento dell'ordine e della pace all'interno dello Stato. Dell’immensa opera che doveva comprendere 142 libri o forse 150, sono rimasti 35 libri: la prima decade, La terza, la quarta e metà della quinta. (Storia e storiografia: funzione celebrativa, funzione educativa).
In età Giulio-claudia la Storiografia, come tutti i generi letterari, risentì non poco del clima liberticida instaurato dai Principes, per cui o aderì ai dettami della restaurazione morale già avviata in età augustea, schierandosi dalla parte del potere e diventando un efficace strumento propagandistico (vedi Virgilio, l’Eneide; Tito Livio, Ab urbe condita;), oppure percorse strade alternative, finendo col subire talvolta anche una durissima repressione.
Più tardi, in età di Traiano, spicca l’opera storica di Tacito (55-120 d.C.), autore degli “Annales” (16 libri, struttura annalistica) che trattano del periodo intercorrente tra la morte di Augusto (14 d. C.) e la fine di Nerone (68 d. C.); a noi sono pervenuti i primi sei libri sul principato di Tiberio, e i libri da metà dell’XI a metà del XVI che si riferiscono parte al regno di Claudio, parte a quello di Nerone, fino al 66 d. C.
Tacito rappresenta il maggiore storiografo dell’età di Traiano e forse di tutta la letteratura latina; egli saluta con ottimismo l’avvento del principato traianeo, dopo gli anni bui della tirannide di Domiziano (Dinastia Flavia). Con la sua attività di storiografo, Tacito rileva dapprima la degenerazione dell’istituzione imperiale in età flavia (vedi le Historiae), successivamente va a ricercarne le cause fino al tempo di Augusto (dinastia Giulio-claudia). L’attività storiografica di Tacito, tuttavia, non mira a delegittimare la figura imperiale: egli riconosce nell’Impero la sola forma di governo ormai possibile a Roma, e avanza la necessità di promuovere tra i cittadini una rinnovata fase di progresso civile. Tacito è legato al costume e alla memoria della repubblica aristocratica, coltivando un ideale etico-politico che gli consente di attribuire alla Storiografia una funzione moralistica: il conservatorismo moralistico di Tacito si risolve nel mito nostalgico di un passato antichissimo incorrotto.

Dopo l’età di Traiano la Storiografia entra in una crisi inarrestabile e spesso finisce col ridursi a semplice Biografia*. Da tutto il periodo tardo antico emerge solo la figura di Ammiano Marcellino (330-400 d. C.), il quale tentò con la sua opera Rerum gestarum libri XXXI di tracciare un quadro complessivo della crisi dell’Impero individuando, come già aveva fatto Tacito nel II sec. d.C., una matrice moralistica, senza attribuire il giusto peso a nuove cause endogene ed esogene, come la diffusione del Cristianesimo e l’intensificarsi delle invasioni barbariche.
LA BIOGRAFIA
La Biografia è un sottogenere della Storiografia; al pari della Storiografia, la Biografia si occupa di Storia, tuttavia, mentre la Storiografia tratta fatti accaduti in maniera generale e complessiva, la Biografia ha come oggetto la descrizione della vita di personaggi illustri presentata sotto il profilo dell’indagine curiosa e minuziosa sul comportamento, sui gusti, sulle gesta, sul carattere dei protagonisti della storia.


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