lunedì 22 settembre 2014
UGO FOSCOLO : BREVE STORIA DELLA CRITICA
La critica all’opera di Ugo Foscolo nasce con Francesco De Sanctis (1817 – Napoli, 1883; è stato uno scrittore, critico letterario, politico, Ministro della Pubblica Istruzione e filosofo. Fu il maggior critico e storico della letteratura italiana nel XIX secolo) il quale dedica al poeta uno studio critico “Parabola della personalità foscoliana”, pubblicato in occasione del trasferimento dei resti del poeta in Santa Croce a Firenze. Il De Sanctis inquadra la storia letteraria del Foscolo nell’ambito del periodo storico nel quale il poeta si formò: Foscolo è definito il primo autore che abbia considerato “l’arte come lavoro psicologico”, lasciando intendere che attraverso la lettura delle sue pagine è possibile cogliere l’evoluzione psicologica, morale ed artistica del poeta, sempre alla luce dei complessi e dolorosi avvenimenti storici che segnarono l’Italia alla fine del 700. Il Foscolo appare sulla scena della storia italiana in un momento in cui essa è percorsa da una profonda ansia di rinnovamento (rivoluzione francese, repubbliche giacobine, impero napoleonico, Congresso di Vienna, insofferenza verso l’ancien regime). Sul piano letterario l’età napoleonica era pervasa da un classicismo imperante che educa gli animi all’eroismo plutarchiano, al culto della Grecia antica e della Roma repubblicana, al culto della libertà, della Patria, dell’eroismo. Per il De Sanctis quello del Foscolo non è soltanto un classicismo retorico (tensione costante all’accuratezza formale), una lezione di bello stile, ma si traduce ma anche in una lezione morale, civile, di patriottismo: al “bello estetico” corrisponde sempre una bellezza etica. La Bellezza per il Foscolo è una sorta di Provvidenza laica che solleva gli uomini dall’originario stato ferino alle più alte forme di civiltà ( vedi “ Le Grazie”).
L’opera giovanile del Foscolo, “Le ultime lettere di Jacolo Ortis”, non riscuote un giudizio favorevole del De Sanctis. Agli occhi del critico, l’Ortis costituisce un sorta di “poesia in prosa” , un romanzo privo della maturità stilistica che caratterizzerà le opere successive; Jacopo è l’immagine del Foscolo giovanile, tutto imbevuto dei nuovi ideali libertari che cerca invano di inserirsi nella società per metterli in atto: al momento della prova, tuttavia, Jacopo-Ugo sperimenta il drammatico urto con la realtà, e soccombe. Jacopo è per il De Sanctis un eroe statico, bloccato in partenza (come statico appare l’intero romanzo), sempre al quinto atto di una tragedia, nel senso che il suicidio avviene per lui come un destino ineluttabile. Il De Sanctis definisce lo stato d’animo che domina il romanzo quello di “un suicidio in permanenza”. Così, dice il De Sanctis, mentre l’Alfieri appare come “il poeta dell’illusione”, il Foscolo rappresenta piuttosto “ il poeta del disinganno”. Da quest’atmosfera di suicidio in permanenza, il Foscolo riuscirà a salvarsi grazie all’ "esercizio della vita” che lo porterà ad uscire dal suo isolamento e a calarsi nella vita in atto, con gli amori e le armi, la sua attività di scrittore, critico, docente.
La poesia del Foscolo, attraverso l’illusione e il successivo il disinganno, si arricchirà nel tempo di un nuovo impeto lirico . Le opere successive all’Ortis, i Sonetti, le Odi e soprattutto Dei Sepolcri, rappresentano un esempio di poesia veramente nuova perché in essa “ideale” e “reale” appaiono mirabilmente fusi. Per F. de Sanctis il culmine della poesia foscoliana si realizza nel carme “Dei Sepolcri”, l'opera della piena maturità artistica, che dà l’avvio non solo ad un profondo rinnovamento della poesia, ma anche alla riscoperta ed al rilancio della coscienza nazionale: «...questa prima voce della nuova lirica ha non so che di sacro, come un Inno: perché infine ricostituire la coscienza è ricostituire nell'anima una religione». Nel carme Dei Sepolcri, dice il De Sanctis, il poeta “sviluppa tutte le sue forze, e in quel grado di verità e di misura che è proprio di un ingegno maturo”.
Al contrario dei Sepolcri, Le Grazie raccolgono discordanti giudizi e consensi critici.
Francesco De Sanctis considerò questo carme “l’ultimo fiore del classicismo italiano”il segnale di una fase involutiva dell’arte del Foscolo, che appare svuotata del precedente entusiasmo spirituale, totalmente avulsa dalla realtà e volta a celebrare i più vieti e consueti motivi classici (in Francesco De Sanctis, Parabola della personalità foscoliana, da Saggi critici, Bari, Laterza, 1952, III, pp. 87–109).
Il giudizio critico di De Sanctis sull’opera del Foscolo ha influenzato non poco la critica letteraria successiva.
Nella prima metà del 900 per un posto di rilievo nella storia della critica al Foscolo occupa Eugenio Donadoni (Bergamo 1870 – Milano 1924) con il saggio “Ugo Foscolo, pensatore, critico, poeta”. Il Donadoni studia il Foscolo a partire dal contrasto tra le premesse sensistiche di matrice illuministica e le più intime esigenze del suo spirito, tra intelletto e sentimento: se il materialismo meccanicistico conduceva il poeta a conclusioni deterministiche, le esigenze spirituali gli imponevano di ricercare nuove verità assolute, eterne e metafisiche, oltre i limiti imposti dalla ragione. Il Donadoni, dunque, coglie la genesi filosofica e sentimentale del pensiero del Foscolo nella reazione del poeta al materialismo meccanicista. In questo modo nascono “le illusioni” del Foscolo che rappresentano dei valori autentici, un rifugio sicuro dagli assalti della realtà ostile. Il Donadoni considera il Foscolo un anticipatore della poetica romantica anche in ambito estetico. Un giudizio positivo è rivolto dal Donadoni anche alle Grazie; in esse il Donadoni coglie un neoclassicismo intimo e cosciente, specchio di elevati valori etici, un classicismo diverso rispetto a quello puramente convenzionale e decorativo caratterizzante le opere di V. Monti.
Nel corso del ‘900 anche Benedetto Croce ( Pescasseroli 1866 – Napoli, 1952), filosofo, storico, scrittore e politico italiano, principale ideologo del liberalismo) dedica un contributo critico all’opera di U. Foscolo, apparso sulla rivista “ Critica” nel 1922 (“Critica” è una rivista di letteratura, storia e filosofia diretta da B. Croce nella prima metà dl Novecento).
Egli rileva dapprima gli elementi classici e gli elementi romantici della sua personalità, quindi fa propria la tesi del Donadoni che individua nelle “illusioni” le idee forza che sostengono il Foscolo nel superare il pessimismo del razionalismo illuministico. Dalle illusioni, B. Croce fa derivare i 4 motivi fondamentali della poesia del Foscolo: la Morte, l’Eroismo, la Bellezza, l’Arte. Questi motivi, apparsi confusamente nell’ Ortis, spiccano armoniosamente fusi in un’unitaria atmosfera religiosa ed estetica nei Sepolcri e nelle Grazie. Le Grazie sono giudicate positivamente dal Croce come un poema soltanto apparentemente disorganico e frammentario, in realtà unitario per ispirazione e stile. Nel saggio “Intorno alle Grazie” afferma: “E’ raro trovare una poesia più unitaria di quella delle Grazie, di più unitaria ispirazione e stile, una poesia che canta mirabilmente l’incanto della bellezza, l’incanto della poesia e dell’arte”.
Più recentemente, Mario Fubini (Torino 1900-1977) ha condotto un’indagine sulla personalità e sull’arte del Foscolo (Ugo Foscolo: saggi, studi, note), chiarendo che non si può parlare di un pensiero organico del Foscolo e che bisogna individuare il fondamento della sua poesia nelle contraddizioni della sua vita sentimentale, nella sua dialettica psicologica.
Il critico Luigi Russo ( Caltanissetta 1892 –1961 ) rifiuta la contrapposizione tra la poesia dei “Sepolcri” e quella delle “Grazie”, le quali, a parer suo, rivivono i miti dell’amore, della patria, della bellezza, della caducità della vita, anche se innalzati in un’atmosfera di superiore armonia.
Il culmine della poesia foscoliana, secondo l’opinione dello studioso Francesco Flora (Benevento 1891 – Bologna 1962 ), è rappresentato piuttosto dalle “Grazie” che dai “Sepolcri” in quanto è nelle “Grazie” che il Poeta realizza compiutamente la sua aspirazione artistica di calare nella grazia del mito il suo mondo morale e sentimentale.
La critica della seconda metà del Novecento, più che in un’ interpretazione globale del Foscolo, appare impegnata nello studio di aspetti peculiari dell’opera del Foscolo, quali il Foscolo critico, filologo, traduttore e storico, specialmente del periodo inglese, tutti problemi appena sfiorati dalla precedente critica letteraria e che oggi, analizzati e approfonditi, contribuiscono ad una maggiore e articolata conoscenza della personalità e dell’opera del Foscolo.
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