lunedì 22 settembre 2014
LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS (1798-1802, 1816,1817)
Le ultime lettere di Jacopo Ortis, opera giovanile del Foscolo, sono un romanzo epistolare, un genere letterario assai in voga nella seconda metà del Settecento allorché, nel clima culturale preromantico, la lettera meglio si prestava ad esprimere stati d’animo ed effusioni sentimentali; la forma epistolare del romanzo assolve anche ad una funzione centrale per l’economia strutturale dell’opera, sia a livello di contenuto che di stile: essa consente all’opera di assumere un carattere autobiografico, sotto forma di appassionata confessione ad un amico fraterno e solidale; la forma epistolare è inoltre un espediente stilistico che trasmette l’illusione di una stesura dei testi che compongo la raccolta in tempo reale, nel momento in cui gli eventi narrati accadono, in modo da far coincidere il Tempo della Storia con il Tempo del Racconto. L’Ortis rappresenta il primo romanzo moderno in lingua italiana, il primo modello di romanzo psicologico nel quale avviene una perfetta fusione tra la realtà storica e la componente introspettiva (il romanzo settecentesco era basato principalmente sull’elemento avventuroso)
All’indomani del trattato di Campoformio (1797) con il quale il liberatore Napoleone ha ceduto Venezia all’Austria in cambio della Lombardia, Jacopo Ortis, che è un giovane di idee liberali, per sfuggire alle prime persecuzioni del governo austriaco, lascia Venezia e si rifugia sui colli Eugànei, qui conosce Tresa, che vive col padre (il signor T), anche lui profugo politico, e con una sorella piccola, Isabellina, e se ne innamora profondamente. Ma la fanciulla è già promessa sposa ad un altro, Odoardo, un giovane serio, di buona posizione economica e sociale, ma spiritualmente arido. Si tratta di un fidanzamento di convenienza, combinato dal padre di Teresa, ma osteggiato dalla madre, che, per non rendersi complice dell’infelicità della figlia, ha abbandonato la famiglia e vive lontano con una sua sorella. Jacopo, anche se ha la certezza di essere contraccambiato da Teresa, si accorge dell’assurdità del suo amore soprattutto per ragioni politiche, perché si tratta di tempi tristi che scoraggiano il matrimonio. Per liberarsi dal tormento, lascia i colli Eugànei e viaggia per alcune città, Bologna, Firenze, Siena, Milano, ecc. Quando apprende che Teresa si è sposata con Odoardo, corre a Venezia per salutare la madre, quindi ritorna sui colli Eugànei, dove si uccide pugnalandosi al cuore.
Del romanzo abbiamo ben 4 edizioni, anche se le principali sono le prime due : Bologna 1798, Milano 1802, Zurigo 1816, Londra 1817
I MODELLI LETTERARI per la composizione dell’Ortis sono da considerarsi i “Dolori del giovane Werther” di Goethe(1774), la Nouvelle Eloise di J.J. Rousseau, i romanzi epistolari di Richardson, in particolare la Clarissa. Non meno importante l’influenza di Dante, di Parini, di V. Alfieri.
La struttura dell’opera è organizzata in forma epistolare: il lettore ricostruisce la storia attraverso le lettere inviate dal protagonista , Jacopo Ortis ad un suo amico, Lorenzo Alderani che risulta essere il destinatario e curatore della raccolta. Le lettere, datate, coprono un arco temporale che va dall’ 11 ottobre 1797 al 25 marzo 1799.
Il cognome Ortis è quello di un giovane studente universitario di Padova, Gerolamo Ortis, morto suicida per motivi sconosciuti; Il nome Jacopo è quello di Rousseau; Lorenzo Alderani, al quale sono indirizzate quasi tutte le lettere di Jacopo, è il poeta Giovanni Battista Niccolini, amico del Foscolo. Teresa originariamente coincideva con una fanciulla amata realmente dal poeta, Laura; successivamente in essa confluirono amori appassionati e successivi del poeta: Isabella Teotochi Albrizzi, Teresa Pikler-Monti, Antonietta Fagnani-Arese, Isabella Roncioni, che successivamente il poeta indicò come la sola Teresa dell’Ortis.
Il protagonista dell’opera, Jacopo Ortis, è la proiezione del poeta stesso: egli rappresenta l’emblema dell’eroe romantico, giovane e positivo, idealista e generoso, pervaso da passioni irrealizzabili che lo collocano necessariamente in una condizione di emarginazione e di solitudine. E’ evidente che il protagonista , presentato come eroe idealizzato in un mondo cinico, nel quale non c’è posto per ideali di solidarietà e giustizia sociale, sia destinato a soccombere. L’antagonista, Odoardo, un personaggio freddo, calcolatore e mediocre assume le caratteristiche del perfetto antieroe, simbolo di una società borghese arida e priva di slanci ideali, interessata esclusivamente all’ascesa economica.
I TEMI PRINCIPALI dell’Ortis sono, dunque, LA PASSIONE POLITICA E LA PASSIONE AMOROSA: il protagonista si uccide non per nichilismo, ma per amore della Patria e della donna. Entrambi i motivi esprimono i segni evidenti della nascente sensibilità romantica. Jacopo è l’uomo nuovo che con il suo gesto estremo esprime con forza il proprio disagio nel mondo.
L‘opera ha per sottotitolo i versi danteschi : “Libertà va cercando, ch’è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta (Purg. I, vv.71-72). Questi versi rivelano la natura vera del suicidio di Jacopo Ortis: esso non è negazione della vita, ma è, nella concezione alfieriana, l’affermazione di una suprema libertà interiore che appare come la più alta forma denuncia contro la società del tempo. Il romanzo, così come i primi 8 Sonetti pubblicati a Pisa nel 1802, risente della forte COMPONENTE ALFIERIANA: l’accentuato autobiografismo ed il suo esprimersi mediante contrapposizioni (cuore-ragione; individualità del poeta- società), l’ansia esistenziale, il concetto dell’eroe alfieriano avvolto nella solitudine e sdegnoso della banale quotidianità, il senso dell’immortalità attraverso l’eroicità
Particolare rilievo all’interno dell’Ortis assume LA NATURA. Nel romanzo assistiamo ad una profonda compenetrazione di spirito tra l’elemento paesaggistico e l’uomo, secondo la particolare caratteristica del classico romanzo dell’ 800; nella tendenza a rendere la Natura partecipe dei sentimenti umani, c’è l’evidente influsso della poesia ossianica e della poesia sepolcrale inglese allora di moda con T. Gray (Elegia scritta in un cimitero di campagna, 1750), ed Edward Young (Pensieri notturni sulla vita, la morte e l’immortalità, 1742-45). La natura in Foscolo si anima, prende vita e si carica dello stato d’animo del personaggio, essa traduce i sentimenti più intimi dell’autore: la Natura, seppur descritta dal Foscolo come DATO REALE, concreto e tangibile, subisce un processo di trasfigurazione ed idealizzazione, fino a tradurre lo stato sentimentale del poeta stesso. In questo modo la realtà si libera della sua connotazione materiale e fisica, trascende il mondo sensibile (la realtà fenomenica) per proiettarsi in una sfera assoluta (il Noumeno). Questa costante tensione all’infinito costituisce il fondamento della poetica del Romanticismo: il Romanticismo non rinnega la realtà sensibile, ma la trascende e la nobilita in un continuo slancio ideale. La piena serenità interiore si traduce nella piena e assoluta armonia dell’individuo con il TUTTO .
A LIVELLO STILISTICO l’opera appare alquanto disomogenea, con 2 livelli di scrittura: un livello referenziale ( tono colloquiale, meditativo, tipico dell’epistola ) e un livello declamatorio, con toni concitati, con enfasi declamatoria. Lo stesso Foscolo, a proposito dello stile vario dell’”Ortis” dirà che la varietà stilistica presente nel romanzo è compensata dall’impianto tematico unitario (tema politico-amoroso) e dalla presenza dell’IO NARRANTE.
DALLA CRITICA LETTERARIA, l’Ortis è stato letto a partire da FRANCESCO DE SANCTIS, il quale definisce il romanzo giovanile del F. “poesia in prosa” , privo della maturità stilistica che caratterizzerà le opere successive; Jacopo è un eroe statico, bloccato in partenza (come statico appare l’intero romanzo), sempre al 5 atto di una tragedia, nel senso che il suicidio avviene per lui come un destino ineluttabile.
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