lunedì 26 settembre 2011

Facciamo il punto su....PROPERZIO (50 a.C.-15 a.C.)

Sesto Properzio fu autore di un Corpus elegiarum (30-15 a.C.), 92 elegie in 4 libri. Poeta doctus, coltivò un ideale di poesia individualistica ed edonistica, una poesia leggera e breve sul modello callimacheo, con costante tendenza all’accuratezza formale.
Properzio fu grande ammiratore della poetica alessandrina , in particolare di Callimaco di Cirene (305 a. C.-240 a.C.) dal quale derivò i contenuti e lo stile delle sue liriche, aderì al circolo di Mecenate i cui maggiori esponenti erano allora Virgilio e Orazio, pur nutrendo numerose riserve sia nei confronti del progetto culturale voluto da Mecenate ( il quale auspicava la composizione di opere - il poema epico storico - in cui predominasse l’impegno civile e la tensione moralistica, in sintonia con le direttive della propaganda di regime e con gli intendimenti moralizzanti di Augusto) , sia nei confronti della politica del Principe.
TEMI POESIA DI PROPERZIO: l’AMORE e l’EROTISMO, IL SERVITIUM AMORIS, LA MITOLOGIA, IL TEMA CIVILE . Le mutate vicende biografiche del poeta (il discidium amoris ) e le nuove esigenze spirituali, il suo desiderio di pace, indussero l’autore ad inserire, accanto al tema erotico, il tema civile che compare già a partire dal III libro del suo Corpus elegiarum. Tra i nuovi temi, ricordiamo inoltre la condanna della corruzione del tempo presente, la condanna delle donne dai costumi dissoluti, l’elogio della grandezza di Roma . La tematica civile si accentuerà nel corso della sua produzione artistica, fino a raggiungere la massima espressione nelle “Elegie romane” (prima parte del IV libro) che celebrano, sul modello dei poemetti eziologici di Callimaco ( gli “Aitia”alessandrini), l’antica storia dell’Urbs attraverso miti legati all’origine di luoghi e di antichi riti religiosi . Il corpus elegiarum di Properzio si conclude con la “regina elegiarum”, un’elegia in forma di carme funerario che, diversamente dai componimenti dei primi due libri, sviluppa il tema della sacralità dell’amore coniugale: in essa la protagonista è l’anima della defunta Cornelia , moglie di L. Emilio Paolo Lepido, che conforta il marito ancora in vita rendendogli testimonianza del proprio amore assoluto e puro, raccomandandogli di sopportare dignitosamente i sacrifici e i dolori della vita, gli oneri della famiglia e dei figli.

PROPERZIO, ELEGIAE I, 1 “Cynthia prima” metro: Distici elegiaci
Cinzia per prima con i sui bellissimi occhietti, conquistò me misero, mai toccato prima da alcuna passione. Allora l’Amore fece abbassare a me ( deiecit mihi) gli occhi dalla costante superbia (genitivo di qualità) e mi schiacciò la testa (pressit caput) con i piedi posti sopra (compl. mezzo / abl. assoluto) finché crudele mi insegnò (me docuit: accusativo della persona e della cosa insegnata) ad odiare le fanciulle caste e a vivere senza alcun giudizio.
v. 7) E ormai questa follia non mi abbandona ( non deficit mihi) da una anno intero, mentre invece sono costretto (cogor) ad avere gli Dei avversi. O Tullo, Milanione non evitando alcuna fatica ( nullos fugiendo: accusativo) vinse (contudit) la crudeltà della dura figlia di Iasio ( patronimico, genitivo con desinenza greca; mito di Milanione e Atalanta). Ora infatti (Milanione) errava, fuori di senno (amens), nelle gole dl Partenio ed andava ad affrontare (ibat videre, con valore finale) le fiere irsute; anche lui, percosso da un colpo (vulnere) della clava di Ileo, ferito (saucius), gemette rivolto alle rupi di Arcadia.
(v.15) Dunque egli poté domare (potuit domuisse: infinito perfetto con valore di infinito pres.) la veloce fanciulla: tanto valgono in amore le preghiere e le azioni fatte rettamente ( bene: avverbio). Quanto a me l’Amore impigrito non escogita alcun espediente ( nullas artes), né ricorda di percorrere (nec meminit ire) come prima, le note vie. Ma voi , alle quali (quibus: dativo di possesso) appartiene l’arte ingannatrice di tirar giù la luna e il compito di compiere riti sacri nei luoghi magici, orsù ( en agendum) cambiate (convertite ) la mente alla mia padrona e fate che ella impallidisca più della mia bocca (ablat. di paragone)!
Allora io potrei credervi (crediderim, cong. perfetto) che voi possiate condurre le stelle e i fiumi (posse ducere et sidera et amnes) con gli incantesimi della donna di Citaia (cioè Medea, famosa per i suoi incantesimi). Ma voi, o amici (aut vos, amici) che tardi (sero) richiamate colui che è caduto, cercate i rimedi (quaerite auxilia) di (per) un cuore non sano. Coraggiosamente noi sopporteremo (patiemur) il ferro e i fuochi crudeli, purché(modo) ci sia la libertà di dire (loqui) tutte quelle cose (quae) che voglia l’ira. Portatemi (ferte, imp.presente) per le estreme genti e per le onde, per dove (qua) nessuna donna conosca (noverit) il mio cammino: restate voi, ai quali il Dio annuì con orecchio favorevole (facili aure) e siate concordi sempre in un amore certo.
(v.33) Quanto a me, la mia Venere prepara (exercet) notti amare e l’Amore inoperoso (Amor vacuus) in nessun tempo viene meno (defit). Io ammonisco, evitate questo male: ciascuno (quemquem) indugi (moretur, cong. presente di moror) nelle proprie passioni, e né cambi il luogo ( si allontani) del suo solito amore. Poiché se qualcuno avrà rivolto (adverterit: fut.anteriore) tardi le sue orecchie ai miei ammonimenti, ahi con quanto dolore ricorderà (referet) le mie parole!

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