martedì 13 ottobre 2015

TIPOLOGIA A : analisi testuale. G. Da Lentini "Amor è un[o] desio", dagli elaborati di Serena Capodiferro, Mario Massimo Cappuccia III E (A.S.2012-13)

PRESENTAZIONE DEL TESTO- COMPRENSIONE

In Italia si ha l’affermarsi della lirica cortese con l’ascesa al trono, prima del Regno di Sicilia e poi dell’Impero, di Federico II di Svevia. Alla sua corte, localizzata principalmente in Sicilia, nascerà un indirizzo poetico che prende il nome di Scuola siciliana. Essa comprendeva un gruppo di circa venticinque poeti attivi tra il 1230 e 1250 (nel 1266 con la sconfitta di Benevento si avrà il tramonto della dinastia degli Svevi e l’affermarsi di quella degli Angioini). Se si esclude la presenza della poesia a carattere morale e didascalico, fondata sul sentimento religioso in Umbria, è con la Scuola siciliana che si hanno le prime forme letterarie italiane. Tra queste, naturalmente, è anche la lirica “Amore è un[o] desio” di Giacomo da Lentini, che fu proprio il capostipite della scuola. Egli era noto in Toscana, e anche Dante lo citerà nella sua Commedia come il “Notaro” (Purgatorio, XXIV). L’attività notarile di Giacomo da Lentini è documentata tra il 1233 e il 1240: con essa coincide la sua produzione poetica. Nella lirica “Amor è un[o] desio che ven da core” il poeta si sofferma sulla fenomenologia dell’amore, e ne illustra i modi del suo nascere e manifestarsi. All’interno del sonetto sono presenti alcuni temi tipici e immagini ricorrenti della Scuola Siciliana che fanno riferimento quasi esclusivamente all’amore, concepito come un desiderio travolgente, un impulso vitale che nasce dallo sguardo e si insinua nel cuore dell’uomo, divenendo il principale nutrimento dell’animo. Questo genere di sentimento è vissuto spesso nella mente del poeta come un’esperienza di natura intellettualistica. Uno dei tòpoi presenti, (seppur non in maniera manifesta), è quello della “pintura”: gli occhi trasmettono al cuore l’immagine della donna nella sua manifestazione esteriore; il cuore mette in atto la sua “cogitatio imaginativa” (come teorizza già Andrea Cappellano nel suo trattato “De Amore” sec. XII), cioè la sua facoltà di elaborare immagini ricevute, e costruisce una figura della donna amata. Il piacere del cuore consiste proprio nel contemplare in ogni momento tale rappresentazione che unisce al dato sensoriale la rielaborazione mentale. La figura dell’amata, quindi, si discosta dalla persona reale della dama, che non è più descritta nelle sue caratteristiche esteriori, ma è vagheggiata attraverso le sensazioni e le emozioni che ella stessa suscita nella mente e nell’animo del poeta. Il verso finale suggella la concezione erotica di Giacomo da Lentini “ e questo amore regna tra la gente” G. da Lentini, contrapponendosi a quanto sostenuto dal trovatore provenzale Jaufrè Rudel, teorico dell’amor de lonh, afferma che l’amore non può essere vissuto in lontananza, e sottolinea il ruolo fondamentale ricoperto dalla presenza dell’oggetto amoroso.
B –ANALISI DEL SIGNIFICATO E DEL SIGNIFICANTE
Il componimento, tratto da una tenzone a cui partecipano Iacopo Mastacci e Pier della Vigna, si presenta nella forma del sonetto, di cui con ogni probabilità Giacomo da Lentini fu l’inventore. I quattordici endecasillabi si raccolgono in un ottetto e in una sestina. L’ottetto si divide in due quartine legate da rime alternate (schema ABAB), mentre le due terzine della sestina presentano la rima ripetuta (schema CDECDE). La seconda quartina e la prima terzina sono legate dalla ripresa del termine “occhi”, presente sia al v.8 che al v.9. Questa tecnica, già ampiamente utilizzata dai rimatori provenzali, prende il nome di “clobas capfinidas” ed è ricorrente al fine di conferire maggiore musicalità e armonia. Il lessico è semplice, ricco di termine che appartengono all’area semantica dell’amore (amore/core/nnamoramento/desio); La lirica presenta poche figure retoriche. Dal punto di vista metrico, riscontriamo l’uso frequente del troncamento (Amor,gran,cor), dell’apocope ( al v.1 da') e dell’aferesi (al v.6 ’namoramento), figure stilistiche che sottolineano l’interesse dell’autore per l’accuratezza formale. Sintatticamente il componimento presenta l’enumerazione per polisindeto (ai vv 3-4; 12 e 14) che si manifesta attraverso la ripresa anaforica della congiunzione “e”. Notiamo, ancora, l’ uso della personificazione con cui l’amore, vero protagonista del componimento è descritto come un qualcosa che nutre (v.4), stringe (v.7) e regna (v.14). Nella lirica ricorre il topos della “pintura”, già presente in “Meravigliosamente” dello stesso G. da lentini e nela canzone “Madonna dir vo voglio “ di Guido delle Colonne.
C – CONTESTUALIZZAZIONE- APPROFONDIMENTO Il testo di G. da Lentini si colloca nell’ambito dello sviluppo della lirica d’amore nella corte di Federico II di Svevia (1220-1250), il principale catalizzatore di tale attività, che inserì lo sviluppo della Scuola siciliana nel proprio mecenatismo e in un proprio organico progetto politico. A questa scuola poetica presero parte circa trenta rimatori che poetavano per desiderio di sperimentazione linguistica, confrontandosi in ardite competizioni poetiche. Essi erano di solito funzionari regi, dilettanti colti inclini a considerare la poesia come elegante e aristocratico esercizio intellettuale.Componevano prevalentemente sonetti, canzoni e canzonette, rifacendosi all’esperienza lirica provenzale diffusasi a partire dall’XII secolo nella Francia Meridionale e giunta in Italia ad opera di trovatori francesi migrati nelle corti dell’Italia centro settentrionale (è opportuno ricordare che anche la corte di Federico II tra il 1235-40 ebbe sede in alcuni luoghi dell’Italia settentrionale). Naturalmente le differenze politiche, ideologiche e istituzionali che caratterizzavano la corte di Federico II determinarono all’interno della lirica siciliana lo sviluppo di alcuni caratteri peculiari rispetto al modello provenzale. Alla frammentazione feudale della Francia meridionale e alla complessa articolazione gerarchica imperniata sul rapporto di omaggio vassallatico, corrisponde invece in Sicilia un organismo fortemente accentrato che fa capo all’imperatore. Vengono a cadere i temi politico – sociali tipici del sirventese, componimento espressione di una realtà politico sociale fortemente conflittuale, e forse scompare l’accompagnamento musicale del testo poetico. Sopravvive la tematica d’amore inteso come servizio e dedizione alla donna lontana e spesso inaccessibile, il servitium amoris (servizio d'amore), tipico della società feudale. La letteratura provenzale e la Scuola siciliana esprimono entrambe gli ideali di magnanimità, liberalità, riproponendo gli schemi vassallatici del mondo feudale, tuttavia la figura del poeta-innamorato non coincide più con quella del vassallo, tenuto a porgere rispettoso e referente omaggio al suo signore e alla sua consorte. Lo stesso amore non è più concepito in rapporto esclusivo con la dama, ma come sentimento in quanto tale. L’amore è rappresentato come un sentimento astratto e rarefatto e l’attenzione si focalizza su di esso in quanto forza naturale e travolgente che induce all’affinamento spirituale e all’analisi introspettiva del poeta. L’epicentro della lirica provenzale è la donna, depositaria di ogni virtù, generatrice di ogni piacere sensuale e morale, fine ultimo del canto poetico. La poesia siciliana vede invece la donna come spunto per avviare un complesso percorso di introspezione interiore; l’epicentro di questa lirica è infatti ciò che l’amore per la donna suscita nell’animo del poeta.

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